Vincent Van Gogh - Natura morta con bottiglia e limoni
da L’oro di Napoli – Giuseppe
Marotta
Eppure,
dico oggi, vorrei mangiare pane con sale e olio. Questo è un pensiero che mi
raggiunge ogni tanto, senza che speciali motivi lo chiamino; immagino di voler
mangiare pane con sale e olio ma non mi si deve domandare perché, non saprei
rispondere, il pane con sale e olio è fra l’altro ereditario come il colore dei
capelli o la tisi. Da noi, laggiù, il pane con sale e olio è il penultimo dei
cibi, viene subito dopo il brodo di trippa e precede soltanto i lupini o il
puro niente. Questo pane con sale e olio si determina, in una casa meridionale,
quando tutto è perduto: finito il denaro, finito il credito, finite le
avemarie, c’è sempre qualche goccia di olio nella bottiglia, c’è sempre qualche
pezzo di pane raffermo nei cassetti in cucina, ci sono sempre un pizzico di
sale nel barattolo e l’affettuosa acqua del Serino nella fontana. Noi, laggiù,
non neghiamo che il pane con sale e olio sia comunque una minestra; mai, fin da
quando fece la sua prima apparizione su una mensa, mai il pane con sale e olio
si è inserito fra un antipasto e una pietanza: ma per essere una minestra è una
minestra, tanto vero che lo si può desiderare freddo d’estate e caldo
d’inverno; in casa mia optavamo generalmente per la neutra acqua del fiasco che
non si pronunzia.
Nessun commento:
Posta un commento