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15 giugno 2019

da L’oro di Napoli – Giuseppe Marotta

Vincent Van Gogh - Natura morta con bottiglia e limoni
da L’oro di Napoli – Giuseppe Marotta

Eppure, dico oggi, vorrei mangiare pane con sale e olio. Questo è un pensiero che mi raggiunge ogni tanto, senza che speciali motivi lo chiamino; immagino di voler mangiare pane con sale e olio ma non mi si deve domandare perché, non saprei rispondere, il pane con sale e olio è fra l’altro ereditario come il colore dei capelli o la tisi. Da noi, laggiù, il pane con sale e olio è il penultimo dei cibi, viene subito dopo il brodo di trippa e precede soltanto i lupini o il puro niente. Questo pane con sale e olio si determina, in una casa meridionale, quando tutto è perduto: finito il denaro, finito il credito, finite le avemarie, c’è sempre qualche goccia di olio nella bottiglia, c’è sempre qualche pezzo di pane raffermo nei cassetti in cucina, ci sono sempre un pizzico di sale nel barattolo e l’affettuosa acqua del Serino nella fontana. Noi, laggiù, non neghiamo che il pane con sale e olio sia comunque una minestra; mai, fin da quando fece la sua prima apparizione su una mensa, mai il pane con sale e olio si è inserito fra un antipasto e una pietanza: ma per essere una minestra è una minestra, tanto vero che lo si può desiderare freddo d’estate e caldo d’inverno; in casa mia optavamo generalmente per la neutra acqua del fiasco che non si pronunzia.
 

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