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19 luglio 2019

Angela Maria Guidi

Angela Maria Guidi

Angela Maria Guidi 
Roma 1896 - 1991, è in genere ricordata per essere stata la prima donna italiana a prendere la parola in una assemblea politica istituzionale nel nostro Paese e a ricoprire un incarico ministeriale, ma la sua vita fu tutta politicamente molto ricca, anche prima e dopo queste due tappe così significative.
Nata a Roma nel 1896 in una famiglia della borghesia cattolica romana, terza di quattro femmine, fece i suoi studi presso l’istituto delle suore dorotee al Gianicolo dove ebbe occasione di conoscere la fondatrice e presidente dell’Udaci (Unione tra le Donne Cattoliche d’Italia), la principessa Maria Cristina Giustiniani Bandini. Fu un incontro molto importante per lei – “Credo di essere diventata femminista con l’uso della ragione ma chi mi ha spinto su questa strada è stata donna Cristina Giustiniani Bandini”- che la portò, appena uscita dal collegio nel 1915, ad iscriversi all’Udaci e a partecipare alle iniziative da essa organizzate per la mobilitazione del fronte interno durante la guerra.
Quando poi, nel 1918, Armida Barelli fondò la Gioventù Femminile cattolica italiana, fu tra le prime iscritte e divenne ben presto dirigente del gruppo romano. Nello stesso periodo si impegnò nella valorizzazione del lavoro femminile sia nelle Cooperative sia nelle piccole industrie e fu tra le pioniere della organizzazione sindacale femminile. Le sue capacità organizzative spinsero Luigi Sturzo a chiederne la collaborazione all’interno dell’Opera per l’assistenza civile e religiosa degli orfani di guerra, da lui fondata: furono proprio l’incontro e il lavoro con don Sturzo a imprimere l’orientamento definitivo alla sua già marcata vocazione politica. La sua fu la prima tessera femminile del Ppi -tra le tante ragioni di questa scelta anche l’entusiasmo per aver letto nel programma del partito l’obiettivo del voto alle donne – di cui divenne segretaria del gruppo femminile romano, ruolo che mantenne fino allo scioglimento del partito durante il fascismo nel 1926.
Gli anni Venti e Trenta furono per lei particolarmente intensi: l’aver temporaneamente rinunciato a iscriversi all’università le permise di dedicare ancora più tempo al suo impegno politico e sociale. Convinta assertrice della funzione fondamentale della cooperazione, nel 1921 fondò il Comitato centrale per la cooperazione e il lavoro femminile legato all’Azione cattolica – di cui rimase segretaria generale fino al suo scioglimento, nel 1926 – occupandosi in particolare delle scuole di lavoro femminile per le orfane di guerra, della Federazione delle lavoratrici dell’ago e della cooperazione femminile di lavoro nell’allevamento dei bachi da seta e in piccole industrie agricole a Caserta e nel Veneto e fondando cooperative di produzione e di lavoro nel Friuli-Venezia Giulia; in rappresentanza della cooperazione femminile italiana partecipò anche a numerosi congressi sia in Italia che all’estero. Nel 1924 vinse – unica donna che vi partecipò – un concorso presso l’Ispettorato del lavoro e nel 1925 ottenne l’incarico di Ispettore del lavoro; in tale veste compì numerosi e importanti studi sul lavoro delle donne impiegate nell’industria e nell’agricoltura, in particolare sulle lavoratrici nelle risaie, sulle occupate nella lavorazione del tabacco, sulle addette alle aziende tessili e alle aziende esportatrici di prodotti ortofrutticoli. Successivamente venne nominata vicepresidente della Commissione per il riordinamento legislativo dell’emigrazione al ministero degli Esteri e nel 1929 fu tra le fondatrici dell’Associazione nazionale delle professioniste ed artiste, che lasciò – mantenendo fede al suo antifascismo – nel 1931, quando questa venne assorbita dalle organizzazioni fasciste, con conseguente obbligo di tessera. Nello stesso periodo svolse anche – collaborando con il “Corriere d’Italia”, “Il Popolo”, “L’Avvenire d’Italia,” con il settimanale “L’Ago”, organo della Federazione tra le lavoratrici dell’ago, la rivista “Il Solco” e con vari altri periodici e assumendo dal 1924 al 1925 la direzione del settimanale “Il Lavoro femminile”, che cessò le pubblicazioni dopo i decreti speciali del 3 gennaio 1925 – un’intensa attività giornalistica, di studio e di inchiesta, che ne fecero una delle maggiori esperte di questioni inerenti il lavoro femminile.
Dal 1930 fu Consigliera nazionale e delegata per le questioni sociali nell’Opera Internazionale della protezione della giovane, con sede a Friburgo e, sempre in quell’anno le fu commissionata dal ministero delle Corporazioni un’inchiesta sul lavoro femminile in Italia; ma la sua relazione non venne mai pubblicata in quanto i risultati non corrispondevano alla linea politica del regime. Anche per questo nel 1931 preferì trasferirsi a Ginevra, dove rimase un anno presso il Bit (Bureau international du travail) come osservatrice e vi tenne anche un corso. Nel 1938 fu eletta vice presidente del Congresso Internazionale femminile in Svizzera.
Durante il fascismo partecipò alle riunioni clandestine dei popolari, dove conobbe Mario Cingolani, vedovo e padre di tre figli, autorevole esponente dell’Azione cattolica, ex parlamentare del Ppi e figura di spicco della futura Democrazia cristiana come membro dell’Assemblea Costituente nel 1946 e presidente del comitato direttivo del gruppo dei senatori della Democrazia cristiana nella prima legislatura. Lo sposò nel 1935 e da lui ebbe, nel 1938, l’unico figlio, Mario. Durante i mesi di gravidanza riprese gli studi universitari presso l’Istituto orientale di Napoli dove si laureò in Lingue e letterature slave.
Nel periodo della Resistenza, insieme con il marito, ospitò nella loro casa di via Settembrini il Comitato di liberazione nazionale, organizzò aiuti per i fuggiaschi e i perseguitati e rappresentò un importante punto di riferimento per gli antifascisti cattolici romani; a quest’opera si affiancava quella per la costruzione della Democrazia Cristiana. Nel 1944 – unica donna nel Consiglio Nazionale del partito – fu investita anche del ruolo di delegata nazionale del Movimento femminile e tra il 1944 ed il 1946 si dedicò completamente alla sua organizzazione impegnandosi in una attività di sensibilizzazione e formazione delle donne alla politica, con corsi di formazione e seminari per prepararle al nuovo ruolo di cittadine. A liberazione avvenuta, fu nominata anche membro della commissione di politica estera del partito, del Comitato per la divulgazione del piano Marshall, della commissione prevenzione infortuni agricoli dell’Istituto nazionale assicurazioni infortuni sul lavoro (Inail), della commissione del lavoro femminile dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil) a Ginevra e della commissione femminile del Centro dell’artigianato italiano.
Nel 1945 entrò a far parte con altre dodici donne della Consulta Nazionale – un organo non elettivo che operò con funzioni consultive dal 25 settembre 1945 al 1 giugno 1946- dove tenne il primo intervento in assoluto svolto da una donna in un’assemblea democratica nazionale nel nostro Paese, in cui rivendicava l’impegno femminile nella ricostruzione del Paese.
“Colleghi Consultori, nel vostro applauso ravviso un saluto per la donna che per la prima volta parla in quest’aula. Non un applauso dunque per la mia persona ma per me quale rappresentante delle donne italiane che ora, per la prima volta, partecipano alla vita politica del paese. Ardisco pensare, pur parlando col cuore di democratica cristiana, di poter esprimere il sentimento, i propositi e le speranze di tanta parte di donne italiane; credo proprio di interpretare il pensiero di tutte noi Consultrici invitandovi a considerarci non come rappresentanti del solito sesso debole e gentile, oggetto di formali galanterie e di cavalleria di altri tempi, ma pregandovi di valutarci come espressione rappresentativa di quella metà del popolo italiano che ha pur qualcosa da dire, che ha lavorato con voi, con voi ha sofferto, ha resistito, ha combattuto, con voi ha vinto con armi talvolta diverse ma talvolta simili alle vostre e che ora con voi lotta per una democrazia che sia libertà politica, giustizia sociale, elevazione morale”
Nel 1946 fu una delle ventuno donne elette alla Costituente e partecipò ai lavori della Commissione lavoro e previdenza; nel 1948 fu eletta deputata e dal luglio 1951 al luglio 1953 ricoprì la carica di sottosegretario all’Artigianato nel ministero dell’Industria e Commercio, prima donna al governo in Italia: in questo ruolo si dedicò particolarmente al piccolo artigianato e alla cooperazione artigiana e si impegnò per ottenere alla categoria un migliore inquadramento nella legislazione e sostegni creditizi e promozionali. Nel frattempo, nel 1950 aveva fondato, insieme ad Angelina Merlin, Maria De Unterrichter Jervolino e altre, il Comitato Italiano di difesa morale e sociale della donna (Cidd), che operava a sostegno della legge Merlin e offriva assistenza a coloro che intendevano uscire dalla prostituzione.
Caduto nel 1953 il governo De Gasperi, alle elezioni per il rinnovo delle Camere non venne rieletta e da allora si dedicò unicamente all’attività amministrativa come sindaco di Palestrina – carica che mantenne fino al 1965, dedicandosi all’opera di ricostruzione post-bellica della cittadina e alla valorizzazione del suo patrimonio archeologico- e a quella di presidente del Centro studi palestriniani, carica che mantenne fino al 1991, anno della sua morte.




fonte enciclopediadelledonne.it

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