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22 luglio 2019

da Sensi di viaggio – Marco Aime


da Sensi di viaggio – Marco Aime

Una strada in Marocco
Il sole è basso. Spruzza luce rossa sul parabrezza. Acceca, confondendo lo sguardo, esplodendo la linea dell’orizzonte in una macchia rossa. Forse gialla.  La polvere sul vetro diventa nebbia. Le rocce viola del Dadés sono alle spalle. Ouarzazate è forse là in fondo, in quella fornace. Ti fanno male gli occhi, ma non smetti di guardare laggiù, quel riverbero che chiude un’altra giornata. La strada, grigia, si sforza di luccicare tra la sabbia rossa. Non è una giornata che sta per finire. È un’emozione che inizia con la sera.
Ouarzazate, dicembre 1987

Luce che non fa ombra. È così quando la terra è avvolta dall’harmattan. Il vento molle solleva silenziosa sabbia fine. Un alito appena accennato, impercettibile. La polvere appanna il mondo. Tutto perde nitidezza,  i bordi diventano smorti, i confini meno netti, le figure opache. Una leggere confusione che lascia spazio all’immaginazione, alla speranza, a una nuova visione.
Soffiasse sempre, ovunque, quel vento di polvere ad attutire, ad ammorbidire le frontiere fra le cose, tra gli uomini, delle menti e degli occhi.

Le luci dell’Hoggar

Con il primo arrossire del giorno, le rocce eccitano la fantasia con le loro forme bizzarre. Uscire dalla tenda è un sacrificio, il freddo gela mani e orecchie. sul telo esterno c’è un sottile strato di brina. Al riparo dietro un masso rossastro, i tre cammellieri sembrano vibrare nei riflessi del fuoco. Il più anziano dei tre sorride sotto la coperta che tiene sulla testa.  Fa cenno con la mano di avvicinarmi.
È il quinto giorno che camminiamo attraverso gli oued, scavati tra le rocce. Accade una o due volte l’anno che nell’Hoggar la pioggia riempia questi canali sassosi per poi scomparire in pochi giorni, divorata dal sole. Le hanno chiamate Dolomiti del deserto quelle torri di roccia che dominano all’orizzonte di Tamanrasset. Via via che ci si allontana dalla città, la caratteristica forma dell’Ilamane, la montagna sacra ai tuareg, diventa più chiara e nitida contro il cielo azzurro.
Narra un’antica leggenda che l’Ilamane si fosse innamorato dell’Ahmer, una montagna-femmina, della quale si era però invaghito anche un’altra montagna-uomo. Quest’ultima sfidò a duello l’Ilamane e lo ferì profondamente con la spada (le spaccature sono ben visibili sul profilo del monte),  poi un grande cataclisma scaraventò lontano l’innamorato sconfitto, fino a farlo precipitare nel luogo in cui ora si trova.
I cammellieri mi invitano a sedere tra di loro sorridendo. L’anziano si accovaccia vicino al mucchietto di braci e con la mano callosa le raduna al centro. prende da dietro la schiena una radice nodosa, quasi quanto le sue dita e soffia sui tizzoni,  fino a far riprendere le fiamme. Si muove con dolcezza. L’acqua bolle in fretta bella piccola teiera smaltata blu. L’atmosfera rarefatta si scioglie come una nenia di tempi andati, mentre l’uomo travasa il  tè da una teiera all’altra passandolo più volte in un bicchierino di vetro colorato.

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