Pagine

2 luglio 2019

Della accondiscendenza della natura – Bertolt Brecht

Nadezhda Udaltsova - Composizione, 1913
Della accondiscendenza della natura – Bertolt Brecht

Ah, come viene ancora la brocca schiumosa di latte
fino alla bocca del vecchio che sbava sdentato,
ah, come striscia alle gambe dell’omicida in fuga
ancora il cane ad implorare affetto!
Ah, sopra l’uomo che il bimbo stuprò dietro l’ultime case
le belle rame ombrose curvano ancora gli olmi
e le vostre confida impronte sanguinose
al nostro oblìo, o assassini, cieca ed amica la polvere.
Così annulla il vento le urla delle navi sommerse,
che si annunziò alle terre, lungo le foglie, in un alito;
e cortese alla giovane serva, perché lo straniero luetico
scorga le gambe gaie, leva il lembo alla povera veste.
E copre il libidinoso profondo «tu» di una donna
da un angolo il pianto atterrito d’un infante a mezzo la notte.
E nella mano, che il figlio percosse, viene a deporsi il frutto,
lusinghiero portato del melo sempre più ricco ogni anno.
Ah, come splende la chiara pupilla del bimbo
se leva la lama suo padre sul cranio del bue vinto a terra!
Quanto alle donne palpita, che figli vi crebbero, il grembo
se nel borgo le trombe del campo squillano marce di guerra!
Ah, le madri nostre si vendono, i figli si buttano via
finché l’occhio a qualche isola tende la ciurma del marcio battello!
E chi muore non vuol che combattere, pur di vivere nell’agonia
ancora l’alba e ancora il terzo canto del gallo.
(1926)

trad. Ruth Leiser e Franco Fortini

Nessun commento:

Posta un commento