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19 luglio 2019

Elisabetta Conci

Elisabetta Conci 
Elisabetta Conci 
  nasce a Trento nel 1895 in una famiglia fortemente religiosa: sarà proprio la fede a influenzare la sua vita, la sua professione e le sue scelte politiche.
Nel 1915 si iscrive alla facoltà di filosofia dell’Università di Vienna e, al termine della guerra, si trasferisce alla facoltà di Lettere dell’Università di Roma, dove si laurea nel 1920. Durante gli anni universitari partecipa attivamente alla Federazione universitaria cattolica italiana (FUCI), fino a diventare la Presidente del distaccamento romano. Nel 1920 interviene al Congresso nazionale di Trento della FUCI, presieduto da Alcide De Gasperi: inizia qui il suo interesse per la politica, che per tutta la sua vita porterà avanti unitamente all’attività di insegnante.
Dal 1923 al 1945 insegna tedesco in due Istituti superiori di Trento. Il contatto con i ragazzi la spinge a interessarsi alla vita familiare dei suoi studenti e questo la porta a organizzare un doposcuola privato e gratuito: l’iniziativa, pressoché pionieristica per l’epoca, è un successo e la struttura ospiterà fino a 35 alunni.
A questa attività parascolastica affianca la collaborazione con l’Azione Cattolica, dove organizza gruppi di ragazze volontarie per dare assistenza a chi ne ha bisogno.
Nel 1933 è iscritta d’ufficio al Fascio femminile di Trento. Tuttavia dai suoi scritti raccolti nelle “Cronache 1938-1940” emergono tutte le critiche che la donna muove al Governo, in particolare nei confronti dell’emanazione delle leggi razziali e dell’entrata in guerra dell’Italia:
«2 settembre 1938. Tutti gli ebrei immigrati in Italia – anche quelli cui è stata concessa la cittadinanza italiana!! – devono lasciare il nostro paese entro sei mesi. È inumano, ingiusto, davvero degno della nostra tanto vantata civiltà!».
«25 ottobre. Discorso del Duce a Padova: il popolo italiano è pronto a qualsiasi evento, e tutti gridano come forsennati ‘Sì’ e anche ‘guerra, guerra!’ (incoscienti!)».
«26 marzo 1939. […] bisogna armarsi: a qualunque costo… anche se dovessimo fare tabula rasa di tutto quello che si chiama vita civile. Basta!».

Dagli scritti “Cronache 1938-1940”
fonte ilviggiodellacostituzione

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