Pagine

20 luglio 2019

Katia Villirillo

Katia Villirillo
È arrabbiata ma non si arrende Katia Villirillo, la mamma di Giuseppe Parretta, il 18enne ucciso lo scorso sabato 13 gennaio in pieno centro a Crotone dal vicino di casa, il 57enne Salvatore Gerace, con colpi di arma da fuoco nei locali dell'associazione "Libere donne" di cui lei stessa è presidente. Ha parlato per la prima volta alla stampa nelle scorse ore, accogliendo le numerose donne che negli ultimi anni, dal 2009 circa, si sono rivolte a lei per essere confortate e che hanno voluto starle vicino in uno dei momenti più difficili della sua vita. "Ho aiutato tante persone, ma mi hanno ucciso mio figlio", ha detto Katia, come riporta il quotidiano Il Corriere della Sera. "Ho dato tanto a questa città con la mia associazione, ma mi hanno lasciata sola a combattere il malaffare e le ingiustizie. Mio figlio è morto soltanto perché uno spacciatore si era messo in testa che la mia famiglia spiasse i suoi loschi affari", ha continuato.
Il riferimento è al killer di Giuseppe, Salvatore Gerace, che abitava nella zona di via Ducarne ed era uscito dal carcere pochi mesi fa, noto alle forze dell'ordine per precedenti di spaccio di droga, detenzione di armi e rapina. È stato lui ad aprire il grilletto più volte contro il ragazzo in preda ad un raptus di follia, pensando, come ha confessato agli inquirenti, di "essere spiato da quella famiglia e vittima di un complotto": è entrato nella sede dell'associazione dove si trovavano Katia, i suoi tre figli e la fidanzata di Giuseppe e ha cominciato a sparare, prima di tornare nella sua abitazione dove è stato raggiunto dalle forze dell'ordine. "Ho scelto di aprire la sede dell’associazione in questo posto proprio perché c’era l’esigenza di contrastare il malessere sociale – ha sottolineato -. Questo impegno non è stato visto di buon occhio da nessuno, neanche dalle istituzioni. È per questo che mio figlio è morto, ma io non voglio arrendermi, non abbandonerò i miei progetti e il mio impegno".
Non era la prima volta che Gerace minacciava la famiglia di Katia e Giuseppe, anche se loro non gli avevano dato peso. "Avevo chiesto al Comune l’installazione delle telecamere di sorveglianza e non mi hanno dato ascolto – ha concluso la donna -; avevo sollecitato il ripristino del numero verde per l’associazione e hanno fatto finta di non sentire; avevo implorato una protezione e hanno ignorato le mie preoccupazioni". Intanto, il killer resta in carcere su disposizione del magistrato che ha in carico il caso, mentre è stato proclamato il lutto cittadino per il giorno del funerale del 18enne con l’impegno da parte dell'amministrazione comunale a costituirsi parte civile al processo.

da fanpage.it

Nessun commento:

Posta un commento