opera di Georgy Kurasov
da Un amore – Dino Buzzati
Combina di andare a pranzo fuori ma come la rivede immediatamente capisce che pensare a una sostituzione è assurdo, anzi lo riprende la disperazione più di prima. Eccola seduta di fronte a lui in un ristorante di moda, in mezzo a un turbine di gente, che lo osserva divertita.
«Dunque vediamo» gli ha dato subito del tu. «Si può sapere perché mi hai cercato?»
«Non so» fa lui, ormai smontato «probabilmente perché sei un tipo che mi piace.»
«O non è invece per sapere?»
«Sapere cosa?»
«Per sapere della tua Laide. Ma non ti basta ancora aver fatto per più di un anno la figura del coglione di fronte a tutta Milano?»
«Dici?»
«Perché? Hai ancora qualche dubbio?» e ride. «Coglione, sì, coglione, mi verrebbe la voglia di ripetertelo per delle ore, coglione coglione… Be’ non fare quella faccia… lo sai che sei un tipo straordinario… il cervellone!… quando ti ho visto in clinica e nella camera c’era anche il suo amico, con quella faccia da pecora come si chiama?»
«Marcello?»
«Sì Marcello, e tu eri là che la guardavi imbambolato e lei ti chiamava zio, non so, io mi sono detta possibile che non si accorga, possibile che sia tanto imbecille?»
«Be’, ti giuro che…»
«Che ci credevi? Lo so bene che tu ci credevi. Proprio per questo sei un grossissimo coglione… e sei tanto coglione che ancora adesso non ti sei persuaso ancora e mi hai cercato sperando che io ti dica che no, non è vero niente, che la Laide ti voleva bene, che ti era fedele… Guarda, tu sei un brav’uomo lo so, ma a una ingenuità come la tua giuro che nessuno crederebbe.»
Lui tace, sopraffatto da quella tortura.
Combina di andare a pranzo fuori ma come la rivede immediatamente capisce che pensare a una sostituzione è assurdo, anzi lo riprende la disperazione più di prima. Eccola seduta di fronte a lui in un ristorante di moda, in mezzo a un turbine di gente, che lo osserva divertita.
«Dunque vediamo» gli ha dato subito del tu. «Si può sapere perché mi hai cercato?»
«Non so» fa lui, ormai smontato «probabilmente perché sei un tipo che mi piace.»
«O non è invece per sapere?»
«Sapere cosa?»
«Per sapere della tua Laide. Ma non ti basta ancora aver fatto per più di un anno la figura del coglione di fronte a tutta Milano?»
«Dici?»
«Perché? Hai ancora qualche dubbio?» e ride. «Coglione, sì, coglione, mi verrebbe la voglia di ripetertelo per delle ore, coglione coglione… Be’ non fare quella faccia… lo sai che sei un tipo straordinario… il cervellone!… quando ti ho visto in clinica e nella camera c’era anche il suo amico, con quella faccia da pecora come si chiama?»
«Marcello?»
«Sì Marcello, e tu eri là che la guardavi imbambolato e lei ti chiamava zio, non so, io mi sono detta possibile che non si accorga, possibile che sia tanto imbecille?»
«Be’, ti giuro che…»
«Che ci credevi? Lo so bene che tu ci credevi. Proprio per questo sei un grossissimo coglione… e sei tanto coglione che ancora adesso non ti sei persuaso ancora e mi hai cercato sperando che io ti dica che no, non è vero niente, che la Laide ti voleva bene, che ti era fedele… Guarda, tu sei un brav’uomo lo so, ma a una ingenuità come la tua giuro che nessuno crederebbe.»
Lui tace, sopraffatto da quella tortura.
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