dipinto di Annick Bouvatier
da Un amore – Dino BuzzatiIn queste ore Dorigo dimenticava perfino la propria faccia che gli era sempre dispiaciuta, ch’egli aveva sempre giudicata odiosa; e si illudeva di poter essere perfino desiderato.
Nello stesso tempo l’attesa della donna («Sono Tonino, buongiorno sign…» «Ah, è lei? Quanto tempo che…») gli faceva smarrire ogni sicurezza in sé, ch’era così alta nel lavoro. Di fronte alla donna non era più l’artista ormai quasi celebre, citato internazionalmente, il geniale scenografo, la personalità invidiata, l’uomo immediatamente simpatico, lui stesso si meravigliava di riuscire simpatico così subito ma con le donne era tutto diverso, egli diventava uno qualunque, scostante perfino, se ne era accorto un’infinità di volte, le donne restavano intimidite e più lui si sforzava di mostrarsi disinvolto e spiritoso, più era peggio, la donna lo guardava disorientata e quasi impaurita, ci voleva una grande confidenza perché egli ritrovasse se stesso e si mostrasse naturale ma per arrivare a una vera confidenza ce ne occorreva del tempo, gli inizi erano sempre stentati e laboriosi, come invidiava Maronni che dopo tre parole metteva le ragazze a loro agio, alle volte lo odiava perfino dal dispetto, con le donne i suoi prediletti paradossi erano un gioco completamente sbagliato, se ne accorgeva benissimo, invece di far ridere provocavano disorientamento e disagio, loro avevano l’impressione che lui le prendesse in giro o le volesse snobbare. Si
consolava un poco al pensiero che a lungo andare la sua classe riusciva quasi sempre a salvarlo, per lo meno a fargli fare una discreta figura, se non a piacere; la donna infatti intuiva, magari odiandola, la sua superiorità intellettuale, chiusa e orgogliosa, che non riusciva a concedersi apertamente eppure come egli avrebbe desiderato invece abbandonarsi senza riserve gioiosamente come un bambino nell’entusiasmo del gioco.
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