Ode a un camion colorato carico di botti – Pablo Neruda
In impreciso
vapore, aroma o acqua,
sommerse
i capelli del giorno:
errante dolore,
campana
o cuore di fumo,
tutto
fu avvolto
in questo disabitato hangar,
tutto
confuse i suoi colori.
Amico, non si spaventi.
Era solamente
l’autunno
vicino a Melipilla,
nelle strade,
e le foglie
ultime,
come un brivido
di violini,
si lanciavano
dagli alti alberi.
Non succede niente. Aspetta.
Le case, i tetti,
i muri
di calce e fango, il cielo,
erano
una sola minaccia:
erano un libro
grande
con personaggi
sommamente tristi.
Aspettiamo. Aspetta.
Allora
come un toro
attraversò l’autunno
un camion colorato
carico di botti.
Uscì da tanta nebbia
e tanto vago cielo,
rosso, pieno
come una
granata,
allegro come il fuoco,
gettando il suo volto
di incendio, la sua testa
di leone fuggitivo.
Istantaneo, iracondo,
preciso e turbolento,
trepidante e ardente
passò
come una stella colorata.
Io a fatica
potei
vedere
questa anguria
di acciaio, fuoco e oro,
il coro
musicale
delle botti:
tutta questa
simmetria
colorata
fu
solamente
un
grido,
un
brivido
nell’autunno
ma
tutto cambiò:
gli alberi, l’immobile
solitudine, il cielo
e i suoi metalli moribondi
ritornarono a esistere.
Così fu come il fuoco
di un veicolo
che correva ansimante
col suo carico
fu
per me
come se dal freddo della morte
una meteora
sorgesse e mi colpisse
mostrandomi
nel suo splendore collerico
la vita.
Solamente
un camion
carico
di botti,
sfrenato, attraversando
le strade,
vicino a Melipilla, in una
mattina,
accumulò
nel mio petto
straripante
allegria
e energia:
mi tornò l’amore e il movimento.
E sconfisse
come una fiammata
lo scoraggiamento del mondo
1956
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