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7 ottobre 2019

Vergine nell’inverno - Hasan Atiya Al Nassar

Francesco Hayez - Malinconia, 1840/1841, olio su tela 138,6 x 104 cm, Pinacoteca Brera, Milano.
Vergine nell’inverno - Hasan Atiya Al Nassar

Come possono abbandonare i poeti questo campo?
Nuvole zampillano dalle pietre come sorgente
come acqua silenziosa limpida
come neve
come terreno arido incendiato dopo l’ultima
battaglia, che entra in una tenda, o forse
nella trincea ferma come il ghiaccio.
In ogni angolo di una casa di acqua
di sabbia, di fuscelli più alti della mia
statura e più bassi della finestra.
Io sono l’Iraq, l’orientale smarrito
nella notte di questo campo.
Io non conosco il giorno della città
perché l’Iraq piove pioggia furiosa e tu, amore
mio, sei amante dell’eco invernale,
desideri che i rami si accostino ai rami
l’acqua verso l’acqua e la pietra verso l’argento,
smarrita quando sei vicina a una tenda
con la vergine anima scivoli verso il ghiaccio
orientale fra due fiumi, mentre la notte è pioggia,
vestiario dell’inverno.
Allora verranno i poeti;
ma come possono abbandonare
questo campo?
Dal deserto al deserto
dal mare al mare
vedendo le donne l’ultimo poeta afflitto
camminando è appoggiato sull’ultimo filo scuro
sul primo filo dell’orizzonte dell’alba.
Non conosce altra direzione
non vede un cavallo su un prato, né un sasso.
Come può fuggire un inverno?
Cervara nuda nel freddo e neve
chi la guarda si vergogna della sua nudità.
Abiti invernali nudi.
Cervara scrivi il mio nome nudo
davanti ogni entrata di casa, davanti ogni sasso
che sta fermo, davanti ogni ghiaccio
nudo come le donne.
Ma come possono i poeti abbandonare questo campo?
L’anima dell’inverno uccide lo spirito dell’inverno
lo spirito dell’estate uccide l’anima dell’estate
ma una primavera sta muovendo verso le pietre
bianche, sta muovendo verso l’involucro di un fiore.
Passa l’inverno, passano primavere ed estati.
Un cammino di stormo di nomadi
che indossano le camicie bianche;
volano gli indumenti.
Ha gridato una ragazzina: “io sono pura
vergine bianca come la pietra
perché ho rubato l’alba di Cervara
mentre curava la sua ferita con l’acqua”.
Perché l’Eufrate e Nassiria sono rimasti deserti
sono rimasti soli come lo stupro
come vedove dell’inverno
che assaggiano la mattina
con il pianto
e la chiudono recitando il Corano.
Ma Cervara recita il Cantico dei Cantici
senza lacrime,
perché vola, galleggia nella sera vergine d’aria,
vola, amante di tutti i poeti.
I poeti non hanno terra, né patria e casa
i poeti possiedono lucchetti con chiavi perdute
camminano sull’ultimo filo del buio,
tornano sul primo filo dell’aurora;
come possono abbandonare questo campo
di Eden?

da Il labirinto

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