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5 marzo 2020

Giornalisti per caso – Enzo Montano


Giornalisti per caso – Enzo Montano

Lo dico subito a scanso di equivoci. Se Fossi direttore di un giornale con un minimo di amore per la professione non pubblicherei mai articoli scritti da chi è palese antitesi del giornalismo. Pubblicare pezzi insulsi di cui non si comprende un senso che vada oltre il becero livore sembra divenuta attività indispensabile negli ultimi decenni. Sarà forse per questo che quasi nessuno compra più i giornali? La pervicace predisposizione al pettegolezzo alimenta il disamore per la lettura? Per questo le città mostrano chioschi di edicole malinconicamente chiusi?
È l’epoca del web, dicono, fatalmente la rete toglie lettori alla carta stampata. Vero! Ma come contrastare il fenomeno se non differenziandosi in autorevolezza, sobrietà e rigore professionale oltre che deontologico? È evidente che se si continuerà a rincorrere il web e a sostituire i giornalisti con gli strilloni, nel giro di pochi anni il giornale quotidiano cartaceo diventerà un reperto archeologico.
Personalmente ho comprato sempre almeno un quotidiano ogni mattina per quasi cinquanta anni. E ogni mattina sfogliare il giornale era una festa, una ricerca, un arricchimento. Ultimamente compro una copia del Manifesto saltuariamente o un giornale locale, più per abitudine che per altro. Lo snodo che ha modificato (in peggio) i quotidiani, a mio parere, è avvenuto con la nascita delle testate della destra becera il cui interesse ben lungi dall’essere l’informazione è stata (è) una continua campagna elettorale, l’apologia del capo, la denigrazione degli avversari (politici e non). Tutto chiaro! Ciononostante quei giornali sono stati inseguiti da tutti gli altri lungo le autostrade del pettegolezzo. Ricordo, per esempio, la campagna ossessiva de “la Repubblica” contro il sindaco Marino. Una campagna rancorosa senza alcuna ragione se non quella di ammiccare al potente di turno. Da allora non l’ho più comprata perché, da lettore, mi sono sentito trattato come un idiota incapace di leggere la realtà.
Questo preambolo solo perché giorni fa mi è capitato per caso di leggere una delle tante “perle” che ormai soventemente ingioiellano le testate Italiane su “il Fatto Quotidiano” del 3 marzo 2020. Si tratta di un pezzo dedicato al ministro Roberto Speranza a firma di tale Tommaso Rodano.
Siamo in epoca di contagio da virus Covid-19 e tutti si sentono in dovere di trinciare giudizi, pontificare, denigrare, calunniare l’operato altrui senza, per altro, indicare una soluzione, una proposta, un suggerimento. Si scrive per riempire lo spazio su una pagina, si cazzeggia insomma. In questo clima anche il giornalista (sic!) de “il Fatto Quotidiano” non ha voluto far mancare il suo autorevole giudizio sull’operato del ministro della salute. Il pezzo, vero manifesto dell’ignobile, portava il titolo: Il ministro per caso finito suo malgrado al centro della scena. E giù una serie di note offensive al di fuori di ogni logica.
Non è mia intenzione vestire i panni dell’avvocato difensore del ministro, ritengo sappia difendesi bene da solo. Il mio è lo sconcerto di una persona/lettore/elettore/cittadino provocato dalla gratuità delle fandonie messe insieme in poche righe dall’estensore dell’articolo di cui riporto solo alcuni passi.
“Nella gestazione del governo Conte bis c’era bisogno di una casella per Liberi e Uguali, il gruppetto di sinistra sopravvissuto al disastro del 4 marzo 2018, comunque prezioso per formare una maggioranza al Senato”, “Il ragionamento dev’essere stato più o meno questo: diamogli la Sanità, cosa volete che succeda?”, “È diventato ministro della Salute senza una ragione specifica, e senza alcuna esperienza reale sul campo. Un uomo di sinistra a presidio del più delicato dei servizi pubblici, sottoposto a una pressione impensabile.”, “Si è affidato alla struttura tecnica… Un uomo fiondato, da un giorno all’altro, senza preparazione, al centro di una clamorosa emergenza nazionale.”.
Tralascio le considerazioni sulla formazione del ministro (in politica fin da giovanissimo, ha ricoperto ruoli di rilievo sia politici e sia istituzionali), sulla famiglia come se ciò potesse avere un minimo rilievo (papà socialista lombardiano – e dunque anticraxiano) elemento questo di fondamentale importanza nel curriculum politico. Il giornalista omette di dirci se un trisavolo sia stato garibaldino, se la madre è amante della cucina lucana, se la moglie ha i capelli biondi o lunghi, o corti. Il valente scribacchino continua nel ricordarci che “il 5 settembre 2019 Speranza è al Quirinale per giurare da ministro. Sembra una mano di carte di quelle inspiegabili, fortunatissime, vincenti. Invece era un Coronavirus. Da allora il giovane vecchio Speranza è in apnea. Non è un carismatico o un genio della comunicazione, né – soprattutto – un esperto di sanità.”
Dopo le contumelie ecco il sarcasmo: “è un diligente studioso della politica e una persona seria. Deve svuotare il mare a mani nude, in bocca al lupo.”
A parte l’augurio sincero al ministro Speranza, al Governo e al Sistema Sanitario nazionale affinché riescano a sconfiggere il contagio di questi giorni, sento il dovere di riportare alcune semplici considerazioni di una persona/lettore/elettore/cittadino che ha avuto la ventura di imbattersi in quella specie di articolo.
I partiti minori sebbene parte di una coalizione di maggioranza non hanno diritto a una loro rappresentanza nel governo? Perché mai quello che per gli altri partiti sembrerebbe un diritto a prescindere, per le piccole formazioni sarebbe un artificio del caso?
Gli uomini e le donne di sinistra hanno qualche impedimento particolare nel dna che impedisce loro di essere presidio del più delicato dei servizi pubblici? Se di un partito di destra, di centro o populista va bene, se di sinistra no? Secondo quali criteri, di grazia?
Se Roberto Speranza “È diventato ministro della Salute senza una ragione specifica, e senza alcuna esperienza reale sul campo.” Si suppone che tutti gli altri abbiano maturato competenze specifiche, esperienza, preparazione adeguata non solo sul campo di calcio. Deduco che la ministra che l’ha preceduta, quella dell’obbligo flessibile a proposito delle vaccinazioni, avesse tutte quelle qualità. A me non è parso.
È, forse la laurea il compendio di tutte le qualità, una laurea specifica e non quella in scienze politiche di Roberto Speranza? Per comporre un buon governo,quindi, sarebbe sufficiente nominare un medico alla sanità, un insegnante alla scuola, un operaio al lavoro, un commercialista all’economia, un negoziante al commercio, un ingegnere alle infrastrutture, un avvocato alla giustizia, ecc. Veramente è cosi semplice? Ovviamente No. Non è così adesso non lo è mai stato in passato poiché il ruolo politico è diverso da quello tecnico, per fortuna. Non è un caso che le istituzioni siano dotate di strutture tecniche. Al politico è richiesta una visione politica sulla cui base costruisce il consenso.
Sempre in materia di esperienze reali sul campo e ragioni specifiche in materia di nomine a capo di un ministero, il giornalista – la testata è notoriamente vicina al Movimento 5 Stelle – ha mai fatto una simile disamina su Luigi Di Maio, per esempio? Secondo il metro sottinteso l’esponete pentastellato avrebbe dovuto assommare doti strabilianti e fuori dal comune se è stato catapultato senza alcun curriculum – diversamente da Speranza che un curriculum ce l’ha, e in assenza di qualsiasi forma sobrietà istituzionale – in un governo con ben tre incarichi (Ministro del Lavoro, Ministro dello sviluppo economico, vicepresidente del consiglio), quante carte vincenti gli sono capitate in una sola mano? Agli  incarichi istituzionali va aggiunta la carica di capo politico del Movimento. Un genio! Un portento! Una capacità tecnica e politica senza eguali. I risultati? Fallimento totale su tutta la linea. Ma il giornalista lì non mette becco. Attualmente Di Maio ricopre la carica di ministro degli Esteri. Avrà particolare esperienza e competenza, ci si chiede, per ricoprire un così prestigioso incarico. Macché! A parte l’uso stravagante dei tempi verbali – non sta bene infierire – il valente Ministro degli Esteri è noto per alcuni scivoloni tutt’altro che trascurabili: il cambio di nazionalità del Dittatore Pinochet da cileno a venezuelano, la storpiatura del nome presidente della Repubblica cinese – il massimo per un ministro degli esteri - e, ancora, il pluricompetente ridanciano ministro penta stellato, in altra occasione ha fatto diventare la Russia un Paese del mediterraneo.
L’elenco di coloro che si sono ritrovati catapultati ai vertici delle istituzione solo grazie a una fortunata mano di carte distribuite dal destino sarebbe lungo, non solo il caso di Di Maio. Eppure il giornalista si è voluto soffermare su Roberto Speranza il quale ha avuto perfino l’ardire di affidarsi, nel contrasto al contagio del Coronavirus, alla struttura tecnica del ministero. Secondo il giornalista per caso, forse, il ministro della salute avrebbe dovuto affidarsi a Mandrake, Lothar e la Pantera Rosa.
Conclusione: preferisco leggere una notizia gratis sul web e non le baggianate a pagamento di giornalisti per caso sui giornali.

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