Porti chiusi, disperati dove? – Enzo Montano
I porti italiani non sono sicuri. Lo ha
stabilito il governo italiano con un decreto del 7 aprile scorso firmato dai
ministri Paola De Micheli (Infrastrutture e Trasporti), Luigi Di Maio (Affari
Esteri e Cooperazione Internazionale), Luciana Lamorgese (Interno), Roberto
Speranza (Salute). Il provvedimento, oltre le premesse (spesso dal carattere
beffardo per chi chiede di essere salvato), si compone di due soli articoli.
Solo due ma sufficienti per dire, nell’articolo 1, che “Per l’intero periodo di
durata dell’emergenza sanitaria nazionale derivante dalla diffusione del virus Covid-19,
i porti italiani non assicurano i
necessari requisiti per la classificazione e definizione di Place of Safety
(luogo sicuro), in virtù di quanto previsto dalla Convenzione di Amburgo, sulla
ricerca ed il salvataggio marittimo, per i casi di soccorso effettuati da parte
di unità navali battenti bandiera straniera al di fuori dell’area SAR italiana”.
L’articolo 2 precisa la validità del provvedimento per tutta la durata dell’emergenza
sanitaria richiamando il DCM del 31 gennaio 2020.
Il governo, quindi, in una fase di emergenza
che espone i più deboli a ogni sorta di pericolo non trova di meglio che
abbandonarli al loro destino, e lo fa indossando una delle tante divise per
travestirsi in un Salvini qualsiasi bloccando in mare i disperati adducendo che
non siamo più un luogo sicuro.
Bene, vuole spiegare, il governo, a me che
sono un semplice cittadino mediamente dotato, quale porto, dato che la pandemia
è di carattere mondiale, può esser considerato sicuro? E ancora, quale
differenza passa tra un disperato tratto in salvo da una nave battente bandiera
italiana e uno, magari il fratello, il figlio, la moglie di uno salvato da una
nave battente una bandiera di un diverso colore?
Vuole spiegare il governo perché mai i nuovi
arrivati metterebbero in crisi i sistemi sanitari regionali? Questa affermazione
è insopportabile poiché contiene un assunto pericoloso: decidere chi salvare e
chi no. Se ne sono resi conto signori ministri?
Salvare vite umane è un dovere imprescindibile,
siano esse minacciate dal virus o dall’annegamento e non è una concessione o
una possibilità che si offre solo quando possiamo dare sfogo alla falsa
vocazione filantropica.
E come la mettiamo con i cosiddetti arrivi
autonomi, quelle persone, cioè, che arrivano su barconi senza bandiera, sena
ONG, senza niente di niente? Li rimandiamo in mare perché da noi c’è la
pandemia e in mare no? Oppure confidiamo che li prenda un altro paese dove
troveranno la stessa pandemia?
Qual è la logica di questo odioso
provvedimento se non il tentativo di mettersi al riparo degli attacchi di un’opposizione
becera, cattiva, dannosa per il Paese?
Mi auguro che il provvedimento, degno della
destra peggiore, sia ritirato al più presto, che prevalga il coraggio delle
idee, che si lascino i razzisti a sbraitare le loro falsità e si predisponga un
piano per l’accoglienza, necessaria ancor di più in un situazione di contagio
mondiale. Non dimentichiamo che parliamo di persone e che quelle persone
provengono dai campi di prigionia libici. Non credo sarebbe difficile
predisporre una struttura per ospitare gli sventurati in regime di quarantena. Sarebbe
sufficiente chiamare chi di queste cose ha esperienza, Gino strada, per
esempio.
15.4.2020
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