dipinto di Paul Gustave Fischer
da Se una notte d’inverno un viaggiatore - Italo Calvino
Tu lettore credevi che lì sotto la pensilina il mio sguardo si fosse appuntato sulle lancette traforate come alabarde d'un rotondo orologio di vecchia stazione, nel vano sforzo di farle
girare all' indietro, dì percorrere a ritroso il cimitero delle ore passate stese esanimi nel loro pantheon circolare. Ma chi ti dice che i numeri dell'orologio non s'affaccino da sportelli rettangolari e io veda ogni minuto cadermi addosso di scatto come la lama d'una ghigliottina? Il risultato comunque non cambierebbe molto: anche avanzando in un mondo levigato e scorrevole la mia mano contratta sul leggero timone della valigia a rotelle esprimerebbe pur sempre un rifiuto interiore, come se quel disinvolto bagaglio costituisse per me un peso ingrato ed estenuante.
Qualcosa mi dev'essere andata per storto: un disguido, un ritardo, una coincidenza perduta; forse arrivando avrei dovuto trovare un contatto, probabilmente in relazione a questa valigia che sembra preoccuparmi tanto, non è chiaro se per timore di perderla o perché non vedo l'ora di disfarmene. Quello che pare sicuro è che non è un bagaglio qualsiasi, da poterlo consegnare al deposito bagagli o far finta di dimenticarlo nella sala d'aspetto. E inutile che guardi l'orologio; se qualcuno era venuto ad aspettarmi ormai se n'è andato da un pezzo; è inutile che mi arrovelli nella smania di far girare all' indietro gli orologi e i calendari sperando di ritornare al momento precedente a quello In cui è successo qualcosa che non doveva succedere. Se in questa stazione dovevo incontrare qualcuno, che magari non aveva niente a che fare con questa stazione ma solo doveva scendere da un treno e ripartire su un altro treno, così come avrei dovuto fare io, e uno dei due doveva consegnare qualcosa all'altro, per esempio io dovevo affidare all'altro questa valigia a rotelle che invece è rimasta a me e mi brucia le mani, allora l'unica cosa da fare è cercare di ristabilire il contatto perduto.
Tu lettore credevi che lì sotto la pensilina il mio sguardo si fosse appuntato sulle lancette traforate come alabarde d'un rotondo orologio di vecchia stazione, nel vano sforzo di farle
girare all' indietro, dì percorrere a ritroso il cimitero delle ore passate stese esanimi nel loro pantheon circolare. Ma chi ti dice che i numeri dell'orologio non s'affaccino da sportelli rettangolari e io veda ogni minuto cadermi addosso di scatto come la lama d'una ghigliottina? Il risultato comunque non cambierebbe molto: anche avanzando in un mondo levigato e scorrevole la mia mano contratta sul leggero timone della valigia a rotelle esprimerebbe pur sempre un rifiuto interiore, come se quel disinvolto bagaglio costituisse per me un peso ingrato ed estenuante.
Qualcosa mi dev'essere andata per storto: un disguido, un ritardo, una coincidenza perduta; forse arrivando avrei dovuto trovare un contatto, probabilmente in relazione a questa valigia che sembra preoccuparmi tanto, non è chiaro se per timore di perderla o perché non vedo l'ora di disfarmene. Quello che pare sicuro è che non è un bagaglio qualsiasi, da poterlo consegnare al deposito bagagli o far finta di dimenticarlo nella sala d'aspetto. E inutile che guardi l'orologio; se qualcuno era venuto ad aspettarmi ormai se n'è andato da un pezzo; è inutile che mi arrovelli nella smania di far girare all' indietro gli orologi e i calendari sperando di ritornare al momento precedente a quello In cui è successo qualcosa che non doveva succedere. Se in questa stazione dovevo incontrare qualcuno, che magari non aveva niente a che fare con questa stazione ma solo doveva scendere da un treno e ripartire su un altro treno, così come avrei dovuto fare io, e uno dei due doveva consegnare qualcosa all'altro, per esempio io dovevo affidare all'altro questa valigia a rotelle che invece è rimasta a me e mi brucia le mani, allora l'unica cosa da fare è cercare di ristabilire il contatto perduto.
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