dipinto di Paul Gustave Fischer
Non posso saperlo - Radnóti MiklósPer gli altri questo posto che significa,
non posso saperlo,
per me è la patria, questo piccolo paese,
il luogo della mia infanzia lontana e felice.
Come un ramo debole dal tronco dell'albero,
da esso sono cresciuto e spero che qua sarò anche sepolto.
Sono a casa. E se un cespuglio si china davanti a me,
conosco il suo nome, il suo fiore,
so chi cammina per la strada, e dove và,
e so cosa potrebbe significare il dolore
di un tramonto rosso sulle mura delle case.
Per chi vola su un aereo, è solo una mappa,
e non sa Vörösmarty Mihály dove abitava;
per lui che significa? Fabbrica e caserma,
ma per me: cavalletta, bue, campanile e mite casale;
nel binocolo egli vede campi e fabbriche,
ma io anche il lavoratore zelante,
bosco, frutteto, uva e tombe,
tra le tombe una vecchietta, che pian piano piange,
e quello che da sopra è una fabbrica o ferravia
che distruggere si deve, per me è la stazione,
e davanti il ferroviere, con bandiera rossa in mano,
da tanti bambini circondato, egli invia il segnale,
e nel cortile della fabbrica ci gioca un cane.
E poi il parco: di vecchi amori conserva la traccia,
la mia bocca ricorda i baci al gusto di miele o fragola.
Sul marciapiede un giorno andando a scuola
per non essere interrogato salivo su una pietra.
Eccola qua, ma di sopra neppur essa si vede
non esiste apparecchio che la possa rilevare.
E' vero, siamo peccatori, noi come gli altri popoli,
e riconosciamo la nostra colpa, quando, come, dove,
ma ci sono anche innocenti, lavoratori o poeti,
e lattanti, in chi crescerà la ragione,
la conserveranno, nascosti in buie cantine,
finché non arrivi la pace nel nostro paese,
risponderanno freschi loro alla nostra soppressa voce.
Coprici con le tue grosse ali, nuvola della notte.
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