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17 giugno 2020

da Agamennone – Ghiannis Ritsos



dipinto di Maria Grazia Montano
da Agamennone – Ghiannis Ritsos

Una sera passeggiavo solo sulla spiaggia;
una calma dorata; il mare rosa; qualche remo prese fuoco. Su uno scoglio
avevano steso una grane olona rossa per le vele. Dal campo militare
mi arrivava una canzone solitaria, triste,
pallida e calda, come l’abito di cui si è appena spogliato un bel corpo –
una canzone calda, la tenevo tra le mani passeggiando
nel fresco della sera, presso le navi. Tutt’intorno
un odore come di pannocchie abbrustolite e alghe.
Un po’ d’acqua doveva essere caduta gorgogliando sopra un ciocco acceso. Fuori delle
tende
avevano acceso grandi fuochi per il rancio serale.

La morte sembrava così facile. Mi venne in mente il taciturno Filèmone: una notte
che tutti ubriachi nella tenda chiacchieravano senza fine
di imprese, donne, cavalli, Antíloco lo provocò schernendo
la sua calma e la sua moderazione. E Filèmone: “Mi preparo”, disse; nient’altro;
e restò così chino, senza bere, coi gomiti sul tavolo
e il viso tra le mani. Dietro le dita
gli balenava un sorriso strano. “Mi preparo”. All’alba
Antíloco uscì dalla tenda, si voltò verso oriente e recitò,
con la grazia di un attore e l’empietà di un giovane, la sua preghiera al sole.

Non so come, ricordo le sue ultime parole. “O sole – diceva –
tu che apri col dito un foro d’oro dentro il muro nero
e ne escono due uccelli, uno rosso, l’altro azzurro –
il rosso mi si posa sul ginocchio, l’azzurro sulla spalla –“. E in quell’istante
due grandi uccelli volarono davvero su di lui; –
erano due corvi. Né lui né Filèmone fecero ritorno.
Su un lèkythos bianco incidemmo due begli uccelli – uno rosso e uno azzurro.

da Quarta dimensione, Crocetti Editore, Milano 2013

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