dipinto di Jeanne Lorioz
da Quer pasticciaccio brutto de-via Merulana – Carlo Emilio Gadda
Don Ciccio, non ostante la sonnolenza, aveva memoria pronta, anzi infallibile: una memoria pragmatica, di-ceva. Anche la domestica era una faccia nuova, per quanto somigliasse, vagamente, al a nipote di prima. La chiamavano Tina.
Don Ciccio, non ostante la sonnolenza, aveva memoria pronta, anzi infallibile: una memoria pragmatica, di-ceva. Anche la domestica era una faccia nuova, per quanto somigliasse, vagamente, al a nipote di prima. La chiamavano Tina.
Durante il servizio un batuffolo di spinaci strizzati le esorbitò dal piatto ovale sul candore della tovaglia immacolata: «Assunta! » fece la signora. Assuntina la
guardò. In quell’attimo sia la serva sia la padrona parvero a don Ciccio
estremamente bel e; la serva, più aspra, aveva un’espressione severa,
sicura, due occhi fermi, luminosissimi, quasi due gemme, un naso diritto con il piano del a fronte : una « vergine » romana del ‘epoca di Clelia; la padrona un tratto così cordiale, un tono così alto, così nobilmente appassionato, così malinconico! una pel e incantevole.
Guardando l’ospite, quegli occhi fondi, con una luce di antica gentilezza, parevano scorgere, dietro la povera persona del «dottore», tutta la povera dignità di una vita! E lei era ricca: ricchissima, dicevano: suo marito stava bene, viaggiava tredici mesi all’anno, sempre in un gran da fare con quelli là di Vicenza.
Guardando l’ospite, quegli occhi fondi, con una luce di antica gentilezza, parevano scorgere, dietro la povera persona del «dottore», tutta la povera dignità di una vita! E lei era ricca: ricchissima, dicevano: suo marito stava bene, viaggiava tredici mesi all’anno, sempre in un gran da fare con quelli là di Vicenza.
Nessun commento:
Posta un commento