Claude Monet - Vetheuil in estate
Ode alle nubi- Pblo Neruda
Nubi del cielo Sud,
nubi alate,
nubi
di impeccabile vapore, vestiti del cielo,
petali, pesci puri
dell’estate,
supino nel pascolo, nelle sabbie
di tutto il cielo siete
le ragazze celesti,
la seta del sole, la primavera bianca,
la gioventù del cielo.
Sparse, correndo
appena
sostenute
dall’aria,
piumini
della luce, nidi
dell’acqua!
Adesso un solo
segnale
di combustione, d’ira
accende
le praterie
celestiali
e i mandorli
in fiore,
la equinoziale
lavanderia
è divorata
da leopardi
verdi,
mietuta da scimitarre,
attaccata da
bocche
incendiarie.
Nubi disperate
e puntuali
nella morte
del sole
di ogni giorno,
ballo
rituale
di tutto
l’orizzonte,
a fatica
attraversano lo spazio
lenti uccelli del mare, voli
sopra la prospettiva,
si lacerano le nubi,
si dissolve
la luce del ventaglio delirante,
vita e fuoco non esistono, erano soltanto
cerimonie del cielo.
Ma a te, nuvolone
di tempesta, riservo
quello spazio
di monte o mare, di ombra,
di panico e tenebre sopra il mondo,
sia sopra le cime
della schiuma
nella notte iraconda
dell’oceano
e sopra la silenziosa
chioma
dei boschi notturni,
nube, tinta di acciaio
spargi,
cotoni di lutto in cui si soffocano
le pallide stelle.
Dal tuo ombrello cade
con densità di piombo
l’oscurità e subito
acqua elettrica e fumo
tremano come bandiere
oscure, scosse
dalla paura.
Annaffi
e unisci
la tua oscurità al sonno
delle scure radici,
e così dalla tormenta
esce alla luce
nuovamente
lo splendore terrestre.
Nube
di primavera, nave
odorosa, puro
giglio
del cielo,
mantello di vedova sfortunata,
negra madre del tuono,
voglio un vestito di nube,
una camicia
dei vostri materiali,
e portatemi sul filo
della luce o sul
cavallo dell’ombra
a percorrere il cielo, tutto il cielo.
Così toccherò boschi, scogliere,
attraverserò cascate e città,
vedrò l’intimità dell’universo,
finché con la pioggia
ritornerò alla terra
a conversare in pace con le radici.
Nubi del cielo Sud,
nubi alate,
nubi
di impeccabile vapore, vestiti del cielo,
petali, pesci puri
dell’estate,
supino nel pascolo, nelle sabbie
di tutto il cielo siete
le ragazze celesti,
la seta del sole, la primavera bianca,
la gioventù del cielo.
Sparse, correndo
appena
sostenute
dall’aria,
piumini
della luce, nidi
dell’acqua!
Adesso un solo
segnale
di combustione, d’ira
accende
le praterie
celestiali
e i mandorli
in fiore,
la equinoziale
lavanderia
è divorata
da leopardi
verdi,
mietuta da scimitarre,
attaccata da
bocche
incendiarie.
Nubi disperate
e puntuali
nella morte
del sole
di ogni giorno,
ballo
rituale
di tutto
l’orizzonte,
a fatica
attraversano lo spazio
lenti uccelli del mare, voli
sopra la prospettiva,
si lacerano le nubi,
si dissolve
la luce del ventaglio delirante,
vita e fuoco non esistono, erano soltanto
cerimonie del cielo.
Ma a te, nuvolone
di tempesta, riservo
quello spazio
di monte o mare, di ombra,
di panico e tenebre sopra il mondo,
sia sopra le cime
della schiuma
nella notte iraconda
dell’oceano
e sopra la silenziosa
chioma
dei boschi notturni,
nube, tinta di acciaio
spargi,
cotoni di lutto in cui si soffocano
le pallide stelle.
Dal tuo ombrello cade
con densità di piombo
l’oscurità e subito
acqua elettrica e fumo
tremano come bandiere
oscure, scosse
dalla paura.
Annaffi
e unisci
la tua oscurità al sonno
delle scure radici,
e così dalla tormenta
esce alla luce
nuovamente
lo splendore terrestre.
Nube
di primavera, nave
odorosa, puro
giglio
del cielo,
mantello di vedova sfortunata,
negra madre del tuono,
voglio un vestito di nube,
una camicia
dei vostri materiali,
e portatemi sul filo
della luce o sul
cavallo dell’ombra
a percorrere il cielo, tutto il cielo.
Così toccherò boschi, scogliere,
attraverserò cascate e città,
vedrò l’intimità dell’universo,
finché con la pioggia
ritornerò alla terra
a conversare in pace con le radici.
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