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23 luglio 2020

I fili del telegrafo, 5 – Marina Cvetaeva



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I fili del telegrafo – Marina Cvetaeva

5
Non negromante! Nel bianco libro
delle steppe ho appuntato lo sguardo!
In ogni luogo – raggio e luce –
saprò raggiungerti, e riportarti indietro!

Dalla mia boria come da un albero di cedro
il mondo spio; vanno vascelli
e s’accendono incendi… Le viscere marine
rivolterò – saprò sottrarti al fondo!

Soffrimi! Io sono dappertutto:
aurora e minerale, sospiro, pane,
io sono e sarò e saprò avere
le labbra come Dio l’anima si prende:

attraverso il respiro – nella tua rauca ora,
tra gli steccati del giudizio
dell’arcangelo! Labbra contro spine –
ti bacerò di sangue, ti estorcerò – alla morte!

Arrenditi! Lo sai, non è una favola!
La freccia che ha tracciato il cerchio…
Arrenditi! Nessuno si è salvato ancora
da ciò che colpisce senza mani:

con il respiro… (Il seno prende il volo, gli occhi
non vedono, cristalli sulle labbra…)
con il raggiro – come Samuele – io maga
saprò raggiungerti! E tornerò da sola.

Perché con te c’è un’altra e non si litiga
nel giorno del Giudizio…
M’attorco, perduro…
Sono e sarò e l’anima saprò
avere come la bocca prende quella

che quieta labbra boccheggianti…

traduzione di Serena Vitale
da Marina Cvetaeva, Dopo la Russia, a cura di Serena Vitale
Corriere delle Sera - Un secolo di poesia, a cura di Nicola Crocetti

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