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17 giugno 2015

Ovidio - Eroidi. Elena a Paride

Omar Ortiz - Backstage
Ovidio - Eroidi. Elena a Paride

Se mi fosse possibile, Paride, non aver letto ciò che ho letto, potrei ancora conservare come prima i requisiti di donna onesta. Ma ora, poiché la tua lettera ha violato i miei occhi, mi sembra futile orgoglio non risponderti! Tu, uno straniero, hai osato profanare i sacri diritti dell'ospitalità e insidiare la legittima fedeltà di una donna sposata! È dunque per questo che, portato sul mare battuto dai venti, ti accolse nel suo porto la riva del Tenaro e, sebbene tu provenissi da un popolo straniero, il nostro palazzo non ti sbarrò le porte, perché un'offesa fosse la ricompensa di così grande disponibilità? E tu, che entravi così, eri un ospite, oppure un nemico? E non ho dubbi che questa mia lagnanza, per giusta che sia, a tuo parere venga definita da provinciale. Che io sia pure considerata arretrata, purché non dimentica del pudore e la mia condotta di vita sia senza macchia. Se non ho un'espressione severa sul volto studiato e non siedo arcigna con le sopracciglia aggrottate, tuttavia la mia fama è irreprensibile e, fino ad ora, ho avuto onesti passatempi e nessun adultero può vantarsi di me. Tanto più quindi trovo sorprendente la tua fiducia nell'impresa ed il motivo che ti ha dato la speranza del mio letto. Forse perché l'eroe discendente di Nettuno mi ha presa con la forza e, rapita una volta, ti sembro degna di essere rapita anche una seconda? La colpa sarebbe mia se fossi stata consenziente; ma, una volta rapita, che cosa avrei dovuto fare se non opporre il mio rifiuto? Del resto dalla sua impresa egli non colse il frutto desiderato: ritornai senza aver subito nulla, fatta eccezione per la paura. L'insolente mi strappò soltanto pochi baci, mentre gli opponevo resistenza: nient'altro egli ha ottenuto da me. Ma la tua spudoratezza è tale che non si sarebbe accontentata di questo! Grazie agli dèi, lui non ti somigliava! Mi ha restituita intatta e il suo rispetto ne ha diminuito la colpa; è evidente che il giovane si era pentito della sua azione. Teseo si pentì perché Paride subentrasse a lui ed il mio nome fosse sempre sulla bocca di tutti? Tuttavia non mi adiro - chi infatti può sdegnarsi con chi lo ama? - soltanto se l'amore che ostenti non è simulato. Sospetto infatti anche questo, non perché mi manchi la fiducia o io non sia consapevole della mia bellezza, ma perché di solito la credulità è pericolosa per le giovani donne e si dice che le parole di voi uomini non sono sincere. "Ma le altre peccano", dici, "ed è rara una donna sposata virtuosa". Chi impedisce che il mio nome sia inserito fra le rarità? Anche se mia madre ti è sembrata l'esempio adatto a farti credere che anch'io possa lasciarmi piegare, c'è un errore alla base della colpa di mia madre, ingannata da una falsa apparenza: l'adultero era celato dalle piume. Ma se io dovessi commettere l'adulterio, non posso considerarmi all'oscuro di nulla e non ci sarà nessun inganno che possa attenuare la colpevolezza del mio comportamento. Lei è stata fortunata nel suo errore e la colpa è stata riscattata dal responsabile; ma io, per merito di quale Giove sarei definita fortunata nell'adulterio? Tu vanti la tua stirpe e gli antenati e titoli regali, ma anche questa casa è abbastanza insigne per la sua nobiltà. Per tacere di Giove, antenato di mio suocero e tutta la stirpe di Pelope, figlio di Tantalo, e di Tindaro, mi dà Giove come padre Leda, che, ingannata dal cigno, accolse nel suo grembo, senza sospetto, il falso uccello. E ora va' pure a raccontare con dovizia di particolari le origini della stirpe frigia e di Priamo, con suo padre Laomedonte! Io li rispetto, ma colui che per te è grande gloria come quinto, è il primo a risalire dal mio nome. Sebbene io ritenga che il tuo regno sia potente, tuttavia io non penso che questo nostro sia ad esso inferiore. Se poi questo paese è superato in ricchezza e numero di uomini, d'altra parte la tua è senza dubbio una terra barbara. La tua munifica lettera promette doni tanto grandi che potrebbero far vacillare le stesse dee. Ma se io volessi ormai oltrepassare le barriere del pudore, tu da solo saresti stato il migliore motivo per peccare. O io manterrò per sempre la mia reputazione senza macchia, o io seguirò te, piuttosto che i tuoi doni. Comunque io non li disprezzo: sono sempre assai graditi i doni resi preziosi da chi li offre. Vale molto di più il fatto che tu mi ami, che sono io la causa del tuo travaglio, che la tua speranza abbia attraversato così vasto mare. Anche quello che tu fai, impudente, quando è allestita la mensa, lo osservo, sebbene io cerchi di non farmene accorgere. Quando mi fissi lascivo con sguardi sfrontati e così insistenti che a stento i miei occhi li sopportano e ora sospiri, ora prendi il bicchiere vicino a me e bevi anche tu dalla parte dove ho bevuto io. Ah, quante volte mi sono accorta dei messaggi segreti che mi venivano fatti con le dita, quante volte con il tuo sopracciglio che quasi parlava! E spesso ebbi timore che mio marito li vedesse e arrossii per quei segni non abbastanza nascosti. Spesso con un bisbiglio sommesso o quasi senza fiatare dissi: "Non si vergogna di nulla, costui". E questa mia affermazione corrispondeva a verità. Ho anche letto sul piano rotondo della tavola, sotto il mio nome, il messaggio delle lettere tracciate col vino: io amo. Ma con un cenno di diniego degli occhi feci capire di non crederti. Ahimè, ho imparato ormai che si può comunicare così! Se avessi deciso di peccare, avrei ceduto a queste lusinghe: da queste poteva essere conquistato il mio cuore. Tu hai una bellezza non comune, lo confesso, e una fanciulla può desiderare di gettarsi fra le tue braccia. Ma sia felice senza colpa un'altra donna, piuttosto che il mio pudore crolli per amore di uno straniero! Impara dal mio esempio che si può fare a meno del bello: è una virtù tenersi lontano dalle cose piacevoli che ci attraggono. Quanti giovani credi che desiderino ciò che tu desideri, ma non perdono la testa? O solo tu, Paride, hai gli occhi? Tu non vedi meglio, ma osi con più temerarietà, e tu non hai più sentimento, ma più sfrontatezza! Io vorrei che tu fossi giunto sulla tua veloce nave quando mille pretendenti aspiravano alla mia verginità. Se ti avessi visto saresti stato il primo fra mille. Perfino mio marito perdonerà questa mia ammissione. Tu giungi tardi a piaceri già goduti e posseduti: la tua speranza fu tarda, ciò che vuoi l'ha un altro. Anche se io desiderassi diventare la tua sposa troiana, Menelao non mi possiede così contro la mia volontà. Ti prego, cessa di sconvolgere il mio cuore vulnerabile con le tue parole e non fare del male a me, che tu dici di amare, ma lascia che io mantenga il destino che la sorte mi ha dato e non cogliere le vergognose spoglie del mio onore! Ma Venere te lo ha promesso e nelle valli dell'alto Ida si sono presentate a te le tre dee nude e, mentre l'una ti offriva il regno, l'altra la gloria in guerra, la terza ti disse: "Avrai come moglie la figlia di Tindaro!". Veramente ho difficoltà a credere che dei corpi divini abbiano sottoposto al tuo giudizio la loro bellezza: anche se questo fosse vero, certamente è falsa la seconda parte in cui si dice che io ti vengo concessa a ricompensa del tuo giudizio favorevole. Non ho tanta fiducia nel mio fisico da pensare di esser stata considerata il massimo dei premi per testimonianza di una dea. La mia bellezza si accontenta di essere apprezzata dagli occhi degli uomini; Venere, che mi loda, mi espone all'invidia. Ma io non confuto nulla; accolgo con piacere anche queste lodi. Per quale motivo infatti dovrei negare con le parole ciò che desidero? E tu non ti risentire se ti credo con troppa difficoltà: tardi, di solito, viene accordata fiducia alle cose importanti. Pertanto la mia prima soddisfazione è di essere piaciuta a Venere; la successiva di esserti sembrata il massimo dei premi e che tu non abbia anteposto i premi prestigiosi di Pallade e di Giunone, alle qualità che avevi sentito dire di Elena. Così sono io, per te, il valore, io un nobile regno? Sarei di ferro se non amassi un simile cuore! Credimi, non sono di ferro, ma sono restia ad amare un uomo che difficilmente penso possa diventare mio. Perché sforzarmi di solcare con l'aratro ricurvo la riva assetata e tentare di inseguire una speranza che il luogo stesso nega? Sono inesperta di amori furtivi e - gli dèi mi sono testimoni - non ho mai ingannato con nessuno stratagemma un marito fedele; anche ora, che affido le mie parole ad una lettera clandestina, la mia scrittura si presta ad una mansione insolita. Felici coloro che sono sorretti dall'esperienza! Io, inesperta di queste cose, suppongo che la via del tradimento sia ardua. La paura stessa mi fa soffrire: già ora sono turbata e penso che tutti gli sguardi si appuntino sui nostri volti. E non lo penso a torto: ho avvertito i pettegolezzi della gente, ed Etra mi ha riferito certe voci; ma tu cerca di fingere, se non preferisci arrenderti. Ma perché dovresti arrenderti? Tu sei in grado di fingere! Porta avanti il gioco, ma di nascosto! L'assenza di Menelao ci offre una maggiore libertà, ma non grandissima. Certo egli è partito per un luogo lontano, perché così costretto dalle circostanze: importante e legittimo era il motivo del viaggio improvviso - o tale mi era sembrato. Io, poiché era in dubbio se partire, gli dissi: "Cerca di tornare al più presto!". Rallegrato dal buon augurio, mi baciò e disse: "Abbi cura dei beni, della casa e dell'ospite troiano". A stento mi trattenni dal riso e mentre mi sforzavo di soffocarlo, non fui in grado di dirgli altro che: "Ne avrò". Con i venti favorevoli, è vero, si è diretto verso Creta, ma tu non pensare che per questo tutto ti sia concesso! Mio marito è lontano di qui, ma è tale da sorvegliarmi anche se è assente: non sai forse che i re hanno le braccia lunghe? Anche la mia fama è un peso: infatti quanto più sono lodata con insistenza dalla vostra bocca, tanto più a buon diritto egli teme. E quella stessa gloria che mi fa piacere, almeno ora mi danneggia e sarebbe stato meglio ingannare la fama. E non stupirti che mi abbia lasciata qui con te: egli ha avuto fiducia nella mia moralità e nella mia condotta di vita. Ha paura della mia bellezza, ma ha fiducia nel mio modo di vivere. La mia virtù lo rende sicuro, la mia bellezza lo inquieta. Tu mi esorti a non perdere l'occasione che si è offerta spontaneamente e a servirci della compiacenza di un marito senza malizia. L'invito mi attrae e mi fa paura e la mia volontà non è ancora abbastanza decisa: il mio cuore oscilla nel dubbio. Mio marito è lontano da me e tu dormi senza una compagna e la tua bellezza seduce me, la mia te, vicendevolmente; e le notti sono lunghe e abbiamo già raggiunto l'intimità con le parole e tu, ahimè sventurata, sei attraente e siamo sotto lo stesso tetto. Possa io morire, se tutto non ci induce al peccato; tuttavia non so da quale timore sono trattenuta. Oh, se tu potessi costringermi a fare senza colpa quello che vuoi convincermi a fare nel peccato! Con la forza dovevi spazzar via la mia ritrosia. Talvolta la violenza è vantaggiosa anche per quelli che la subiscono: così certamente sarei stata costretta ad essere felice. Combattiamo piuttosto, finché è nuovo, un amore che nasce! Un fuoco appena acceso si spegne se ci versi sopra un po' d'acqua. L'amore degli stranieri non è affidabile: va in giro qua e là come loro e, quando speri che niente vi sia di più solido, si dilegua. Ne è testimone Ipsipile, testimone è la figlia di Minosse, entrambe ingannate in nozze che non giunsero mai. Si dice che anche tu, traditore, abbia abbandonato dopo averla amata per molti anni, la tua Enone; tu stesso, del resto, non lo neghi e, se non lo sai, ebbi gran cura di prendere ogni informazione su di te. Aggiungi che, anche se tu desiderassi rimanere costante nel tuo amore, non puoi: ormai i Frigi spiegano le tue vele. Mentre parli con me, mentre si prepara la notte sperata, starà già per levarsi il vento che ti porterà in patria. Abbandonerai piaceri ricchi di novità a metà del loro corso: il nostro amore se ne andrà col vento. O ti seguirò, come mi esorti, e verrò a vedere la celebrata Pergamo e sarò la moglie del nipote del grande Laomedonte? Io non sottovaluto la diffusione della fama alata a tal punto da lasciarle riempire la terra del mio disonore. Che cosa dirà di me Sparta, che cosa l'Acaia tutta, che cosa le popolazioni dell'Asia, che cosa la tua Troia? Che cosa penserà Priamo di me, che cosa la moglie di Priamo e i tuoi numerosi fratelli e le loro spose dardanie? E anche tu, come potrai sperare che io ti sarò fedele e non essere tormentato dal tuo stesso esempio? Qualunque straniero farà ingresso nel porto troiano, sarà per te motivo di angosciosa apprensione. Quante volte tu stesso, pieno di rabbia mi dirai: "Adultera!", dimentico che nella mia colpa c'è anche la tua! Diventerai al tempo stesso censore e responsabile del mio errore. Possa prima la terra, lo supplico, ricoprire il mio volto! Ma godrò delle ricchezze di Ilio e di un tenore di vita magnifico e avrò doni più sontuosi di quelli promessi? Mi saranno certamente donati porpora e tessuti pregiati e sarò ricca di cumuli d'oro? Perdonami se lo confesso! i tuoi doni non hanno un valore così grande; non so come, ma è la terra stessa a trattenermi. Chi, se sarò offesa, verrà in mio aiuto sulle sponde frigie? Dove cercare i fratelli, dove l'aiuto di mio padre? Tutto il traditore Giasone promise a Medea, ma non fu forse scacciata dal palazzo di Esone? Non c'era Eeta dal quale, ripudiata, poter tornare, non la madre Idia e la sorella Calciope. Io non temo nulla di simile, ma nemmeno Medea lo temeva: la buona speranza spesso è tradita dal suo ottimismo. Troverai che per tutte le navi che ora sono sballottate in alto mare, alla partenza dal porto il mare era calmo. Mi spaventa anche la fiaccola grondante di sangue che tua madre sognò di aver generato, grondante sangue, il giorno precedente al parto; e temo gli avvertimenti degli indovini: si dice abbiano presagito che Ilio brucerà del fuoco pelasgo. E come Citerea ti predilige, perché ha vinto ed ha ottenuto in base alla tua decisione un duplice trofeo, così io temo le altre due dee che, se è vero quello di cui ti vanti, per il tuo giudizio non vinsero la contesa. E non ho dubbi che, se ti seguirò, si andrà alle armi; il nostro amore, ahimè, passerà attraverso le spade! Se Ippodamia di Atrace costrinse i guerrieri d'Emonia a intraprendere una guerra feroce contro i Centauri, tu pensi che Menelao sarà lento ad accendersi di giusta ira, e lo saranno i miei fratelli gemelli e Tindaro? Quanto al fatto che tu ti vanti ampiamente e parli di azioni valorose, questa tua bellezza è in contrasto con le tue parole. Il tuo fisico è più adatto a Venere che a Marte; facciano la guerra gli eroi! Tu, Paride, fa' sempre l'amore! Esorta Ettore, che tu ammiri, a combattere al posto tuo; un'altra milizia merita il tuo intervento. Io approfitterei di questo, se fossi accorta e un poco più coraggiosa - ne approfitterebbe qualunque fanciulla di buon senso! O forse, abbandonato il ritegno, mi farò accorta e, vinta dal tempo mi consegnerò a te, dopo aver tanto esitato. Quanto alla tua richiesta di parlare segretamente e di persona di queste cose, so che cosa cerchi di avere e che cosa chiami colloquio; ma tu hai troppa fretta e la tua messe è ancora in erba. Questo indugio forse può essere alleato del tuo desiderio. Basta. La lettera, complice dei miei segreti pensieri, abbandoni il suo compito furtivo; le dita sono ormai stanche. Possiamo parlare del resto per mezzo delle mie compagne Climene ed Etra, che mi sono entrambe amiche e consigliere.

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