Teseo sul Minotauro - Antonio Canova
Il toro
Tutti sanno che Teseo, di ritorno da Creta, finse di
dimenticare sull’albero le nere vele segno di lutto, e così suo padre
credendolo morto si precipitò in mare e gli lasciò il regno. Ciò è molto greco,
altrettanto greco come la ripugnanza per ogni mistico culto dei mostri.
(Parlano Lelego e Teseo).
LELEGO Quel colle è
la patri, signore.
TESEO Non c’è terra
oltremare, avvistata nella luce del crepuscolo, che non sembri la vecchia
collina.
LELEGO Vedendo il
sole tramontare dietro l’Ida, un tempo brindammo anche noi.
TESEO bello è
tornare e bello andare, Lelego. Beviamo ancora. Beviamo al passato. Bella è
ogni cosa abbandonata e ritrovata.
LELEGO finché fummo
nell’isola, tu non parlavi della patria. Non ripensavi a molte cose
abbandonate. Vivevi anche tu alla giornata. E ti ho visto lasciar quella terra
come avevi lasciato le case, senza volgerti indietro. Questa sera, ripensi al
passato?
TESEO Noi siamo
vivi, Lelego e davanti a questo vino, sul mare di casa. A molte cose si ripensa
in una simile sera, se anche domani il vino e il mare non basteranno a darci
pace.
LELEGO Che cosa
temi? Si direbbe che non credi al tuo ritorno. Perché non dai ordine di calare
le vele tenebrose e vestire di bianco la nave? L’hai promesso a tuo padre.
TESEO Abbiamo tempo,
Lelego. Tempo domani. Mi piace sentirmi schioccare sul capo gli stessi teli di
quando correvamo al pericolo e nessuno di voialtri sapeva se saremmo tornati.
LELEGO Tu lo sapevi,
Teseo?
TESEO Press’a poco…
La mia scure non falla.
LELEGO Perché parli
esitando?
TESEO Non parlo
esitando. Penso alla gente che ignoravo e al grande monte e a quello che noi
fummo nell’isola. Penso agli ultimi giorni nella reggia, quella casa tutta di
piazze, e i soldati mi chiamavano il re-toro, ricordi? Qel che si uccide si
diventa, nell’isola. Cominciavo a capirli. Poi ci dissero che nei boschi
dell’Ida c’eran le grotte degli dèi, dove nascevano e morivano gli dèi. Capisci,
Lelego? In quell’isola si uccidono gli dèi, come le bestie. E chi li uccide si
fa dio. Noi allora tentammo di salire sull’Ida…
LELEGO Si ha
coraggio, lontano da casa.
TESEO E ci dissero
cose incredibili. Le loro donne, quelle grandi donne bionde che passavano il
mattino stese al sole sui terrazzi della reggia, salgono a notte sui prati
dell’Ida e abbraccian gli alberi e le bestie. Ci restavano, a volte.
LELEGO Solamente le
donne han coraggio nell’isola. Tu lo sai, Teseo.
TESEO C’è una cosa,
che so. Preferisco le donne che stanno al telaio.
LELEGO Ma nell’isola
non hanno telai. Compran tutto sul mare. Che vuoi che facciano le donne?
TESEO Non pensare
agli dèi maturandosi al sole. Non cercare il divino nei tronchi e nel mare. Non
rincorrere i tori. Prima ho creduto che la colpa ce l’avessero i padri, quei
mercanti ingegnosi che si vestono come le donne e gli piace vedere i ragazzi
volteggiare sui tori. Ma non è questo, non è tutto. È un altro sangue. Ci fu un
tempo che l’Ida non conobbe che dee. Che una dea. Era il sole, era i tronchi,
era il mare. E davanti alla dea gli dèi e gli uomini si sono schiacciati.
Quando una donna sfugge l’uomo, e ritrova dentro al sole e alla bestia, non è
colpa dell’uomo. È il sangue guasto, è il caos.
LELEGO Lo puoi dire
tu solo. Parli della straniera?
TESEO Anche di lei.
LELEGO Tu sei
signore e quel che fai ci sembra giusto. Ma a noi pareva assoggettata e docile.
TESEO Troppo docile,
Lelego. Docile come l’erba o come il mare. Tu guardi e capisci che cede e
nemmeno ti sente. Come i prati dell’Ida, dove ci s’inoltra con la mano sulla
scure ma viene il momento che il silenzio ti soffoca e devi fermarti. Era un
ansito come di belva acquattata. Anche il sole pareva all’agguato, anche
l’aria. Con la gran Dea non si combatte. Non si combatte con la terra, col suo
silenzio.
LELEGO So queste
cose, come te. Ma la straniera ti ha fatto uscire dalla fossa. La straniera ha
lasciato le case. Ciò non si fa tra sangue vivo e sangue guasto. La straniera
seguendoti aveva lasciato i suoi dèi.
TESEO Ma non l’hanno
lasciata gli dèi.
LELEGO Dicevi pure
che li scannano sull’Ida.
TESEO E l’uccisore è
nuovo dio. O Lelego, si può scannare dèi e tori, ma quel divino che hai nel
sangue non si uccide. Anche Ariadne era sangue dell’isola. Io la conobbi come
il toro.
LELEGO Fosti crudele
Teseo. Che avrà detto, infelice, svegliandosi?
TESEO Oh lo so,
forse avrà urlato. Ma non conta. Invocato la patria, le sue case e i suoi dèi.
La terra e il sole non le mancano. Noi stranieri per lei non siamo nulla.
LELEGO Era bella,
signore, era fatta di terra e di sole.
TESEO Noi invece non
siamo che uomini. Sono certo che un dio, qualche dio dolce e ambiguo e dolente,
di quei dèi che hanno già gustato la morte e la gran Dea porta nel grembo, le
sarà inviato a consolarla. Sarà un tronco, un cavallo, un montone? sarà un lago
o una nuvola? Tutto può darsi, sul suo mare.
LELEGO Io non so,
qualche volta tu parli come fossi un ragazzo che gioca. Sei il signore e ti
ascoltiamo. Altre volte sei vecchio e crudele. Si direbbe che l’isola ti ha
lasciato qualcosa di sé.
TESEO Anche questo
può darsi. Quel che si uccide si diventa, Lelego, tu non ci pensi ma veniamo da
lontano.
LELEGO Nemmeno il
vino della patria ti riscalda?
TESEO Non siamo
ancora giunti in patria.
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