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12 aprile 2016

Restaurazione - Ghiannis Ritsos



Restaurazione - Ghiannis Ritsos

Non amava affatto gli uccelli, i fiori, gli alberi
diventati simboli delle idee, utilizzati allo stesso modo
da schieramenti opposti. Lui tentava
di riportarli al loro fondamento naturale. Le colombe, per
esempio,
non emblema di un’infinità di convegni, ma begli uccelli
erotici, dal passo lento, che continuano a baciarsi
becco a becco nel mio cortile e mi riempiono le
mattonelle
di escrementi e piume (mi piacciono così); o, al massimo,
piccoli postini che portano al di sopra delle pallottole
le lettere dei bambini poveri a Dio, in cui gli chiedono
scarpe e quaderni e un po’ di caramelle. I gigli
non emblemi di purezza, ma piante profumate
e sensuali, dai petali slanciati
che mostrano eretti gli stami con i pollini d’oro. E l’ulivo
non premio di vittoria o di pace, ma genitore fruttifero
che dà il buon olio per le nostre pietanze e la lucerna,
per gli arrossamenti del neonato e il ginocchio ferito
del bambino irrequieto e disobbediente, e ancora
per il povero lume della Madonna. E io – disse –
nient’affatto mito, eroe o dio, ma semplice operaio
al pari di te, di te e dell’altro – proletario dell’arte
innamorato sempre degli alberi, degli uccelli, degli animali
e degli uomini,
innamorato soprattutto della bellezza dei pensieri puliti
e della bellezza dei corpi giovani – un operaio
che scrive, scrive incessantemente su tutti e tutto
e ha un nome breve e facile a pronunciarsi: Ghiannis Ritsos

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