Renato Guttuso - Natura morta con drappo rosso
Il rosso di Guttuso - Pier Paolo Pasolini C’è un colore antico come tutti i colori
del mondo. Quanto l'abbiamo amato
quasi incarnato nel legno di miracolose
predelline, in refettori romanici,
nel buio di cantorie nell'Appennino estivo!
Un rosso come di cuoio, di sangue oscurato
nei pori del legno da un meriggio ancora
vivo, nel XIII o XIV secolo — ciliege
colte negli orti di una Napoli di Re contadini
lamponi cresciuti in un ronzio di vespe
che i secoli hanno relegato
in radure irriconoscibili, e così familiari!
Il rosso di tutta la Storia.
Pulviscoli e bruniture, su Tebaidi laziali...
ambienti umbri, bolognesi, o veneziani
per stragi di innocenti o moltiplicazioni di pani.
Il sangue dell'Italia è in quel rosso di ricchi
dove il quotidiano è sempre sublime,
e la Maniera ha i suoi regni...
Ora eccolo nelle nostre mani
non più incarnato alle tele o ai legni
in macchine di bellezza sublime, richieste
dal meriggio della potenza.
Un ingenuo rosso maldestro, appiccicato
alla carta o al compensato
come un baffo o uno sgorbio, legato
alla freschezza casuale e arbitraria
di un atto espressivo che non si vuol esaurire.
Illegittimo, incompiuto, grezzo,
non consacrato mai dalla tecnica che incute
venerazione al devoto, all'umile...
Un'altra sensualità, un altro
mistero...
Ma è fatale che oltre questi anni
il casuale diventi intero,
l'arbitrario assoluto.
I significati diverranno cristalli:
e il rosso riprenderà la sua storia
come un fiume scomparso nel deserto.
Il rosso sarà rosso, il rosso dell'operaio
e il rosso del poeta, un solo rosso
che vorrà dire realtà di una lotta,
speranza, vittoria e pietà.
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