Giacomo Ceruti detto il Pitocchetto - Natura morta con uccelli morti
Giovanni Boccaccio –
Decameron. Quinta giornata, novella 9
Federigo degli Alberighi ama e
non è amato e in cortesia spendendo si consuma e rimangli un sol falcone, il
quale, non avendo altro dà a mangiare alla sua donna venutagli a casa; la
quale, ciò sappiendo, mutata d'animo, il prende per marito e fallo ricco.
Era già di parlar ristata
Filomena, quando la reina, avendo veduto che più niuno a dover dire, se non
Dioneo per lo suo privilegio, v'era rimaso, con lieto viso disse:
A me omai appartiene di
ragionare; e io, carissime donne, d'una novella simile in parte alla precedente
il farò volentieri, non acciò solamente che conosciate quanto la vostra
vaghezza possa né cuor gentili, ma perché apprendiate d'esser voi medesime,
dove si conviene, donatrici de'vostri guiderdoni, senza lasciarne sempre esser
la Fortuna guidatrice. La quale non discretamente, ma, come s'avviene,
moderatamente il più delle volte dona.
Dovete adunque sapere che Coppo
di Borghese Domenichi, il quale fu nella nostra città, e forse ancora è, uomo
di grande e di reverenda autorità né dì nostri, e per costumi e per vertù molto
più che per nobiltà di sangue chiarissimo e degno d'eterna fama, essendo già
d'anni peno, spesso volte delle cose passate co'suoi vicini e con altri si
dilettava di ragionare: la qual cosa egli meglio e con più ordine e con maggior
memoria e ornato parlare che altro uomo seppe fare. Era usato di dire, tra
l'altre sue belle cose, che in Firenze fu già un giovane chiamato Federigo di
messer Filippo Alberighi, in opera d'arme e in cortesia pregiato sopra ogni
altro donzel di Toscana. Il quale, sì come il più de'gentili uomini avviene,
d'una gentil donna chiamata monna Giovanna s'innamorò, né suoi tempi tenuta
delle più belle donne e delle più leggiadre che in Firenze fossero; e acciò che
egli l'amor di lei acquistar potesse, giostrava, armeggiava, faceva feste e
donava, e il suo senza alcun ritegno spendeva; ma ella, non meno onesta che
bella, niente di queste cose per lei fatte né di colui si curava che le faceva.
Spendendo adunque Federigo oltre
a ogni suo potere molto e niente acquistando, sì come di leggiere adiviene, le
ricchezze mancarono e esso rimase povero, senza altra cosa che un suo poderetto
piccolo essergli rimasa, delle rendite del quale strettissimamente vivea, e
oltre a questo un suo falcone de'miglior del mondo. Per che, amando più che mai
né parendo gli più potere essere cittadino come disiderava, a Campi, là dove il
suo poderetto era, se n'andò a stare. Quivi, quando poteva uccellando e senza
alcuna persona richiedere, pazientemente la sua povertà comportava.
Ora avvenne un dì che, essendo
così Federigo divenuto allo stremo, che il marito di monna Giovanna infermò, e
veggendosi alla morte venire fece testamento, e essendo ricchissimo, in quello
lasciò suo erede un suo figliuolo già grandicello e appresso questo, avendo
molto amata monna Giovanna, lei, se avvenisse che il figliuolo senza erede
legittimo morisse, suo erede substituì, e morissi. Rimasa adunque vedova monna
Giovanna, come usanza è delle nostre donne, l'anno di state con questo suo
figliuolo se n'andava in contado a una sua possessione assai vicina a quella di
Federigo. Per che avvenne che questo garzoncello s'incominciò a dimesticare con
Federigo e a dilettarsi d'uccelli e di cani; e avendo veduto molte volte il
falcon di Federigo volare e stranamente piacendogli, forte disiderava d'averlo
ma pure non s'attentava di domandarlo, veggendolo a lui esser cotanto caro. E
così stando la cosa, avvenne che il garzoncello infermò: di che la madre
dolorosa molto, come colei che più non n'avea e lui amava quanto più si poteva,
tutto il dì standogli dintorno non restava di confortarlo e spesse volte il
domandava se alcuna cosa era la quale egli disiderasse, pregandolo gliele
dicesse, che per certo, se possibile fosse a avere, procaccerebbe come
l'avesse.
Il giovanetto, udite molte volte
queste proferte, disse: - Madre mia, se voi fa che io abbia il falcone di
Federigo, io mi credo prestamente guerire. –
La donna, udendo questo, alquanto
sopra sé stette e cominciò a pensar quello che far dovesse. Ella sapeva che
Federigo lungamente l'aveva amata, né mai da lei una sola guatatura aveva
avuta, per che ella diceva: - Come manderò io o andrò a domandargli questo
falcone che è, per quel che io oda, il migliore che mai volasse e oltre a ciò
il mantien nel mondo? E come sarò io sì sconoscente, che a un gentile uomo al
quale niuno altro diletto è più rimaso, io questo gli voglia torre? –
E in così fatto pensiero
impacciata, come che ella fosse certissima d'averlo se '1 domandasse, senza
sapere che dover dire, non rispondeva al figliuolo ma si stava. Ultimamente
tanto la vinse l'amor del figliuolo, che ella seco dispose, per contentarlo che
che esser ne dovesse, di non mandare ma d'andare ella medesima per esso e di
recargliele e risposegli: - Figliuol mio, confortati e pensa di guerire di
forza, ché io ti prometto che la prima cosa che io farò domattina, io andrò per
esso e sì il ti recherò. –
Di che il fanciullo lieto il dì
medesimo mostrò alcun miglioramento. La donna la mattina seguente, presa
un'altra donna in compagnia, per modo di diporto se n'andò alla piccola casetta
di Federigo e fecelo adimandare. Egli, per ciò che non era tempo, né era stato
a quei dì, d'uccellare, era in un suo orto e faceva certi suoi lavorietti
acconciare; il quale, udendo che monna Giovanna il domandava alla porta,
maravigliandosi forte, lieto là corse.
La quale vedendol venire, con una
donnesca piacevolezza levataglisi incontrò, avendola già Federigo
reverentemente salutata, disse: - Bene stea Federigo! - e seguitò: - Io sono
venuta a ristorarti de' danni li quali tu hai già avuti per me amandomi più che
stato non ti sarebbe bisogno: e il ristoro è cotale che io intendo con questa
mia compagna insieme destinar teco dimesticamente stamane.
Alla qual Federigo umilmente
rispose: - Madonna, niun danno mi ricorda mai avere ricevuto per voi ma tanto
di bene che, se io mai alcuna cosa valsi, per lo vostro valore e per l'amore
che portato v'ho adivenne. E per certo questa vostra liberale venuta m'è troppo
più cara che non sarebbe se da capo mi fosse dato da spendere quanto per
adietro ho già speso, come che a povero oste siate venuta. –
E così detto, vergognosamente
dentro alla sua casa la ricevette e di quella nel suo giardino la condusse, e
quivi non avendo a cui farle tenere compagnia a altrui, disse: - Madonna, poi
che altri non c'è, questa buona donna moglie di questo lavoratore vi terrà
compagnia tanto che io vada a far metter la tavola.
Egli, con tutto che la sua
povertà fosse strema, non s'era ancor tanto avveduto quanto bisogno gli facea
che egli avesse fuor d'ordine spese le sue ricchezze, ma questa mattina niuna
cosa trovandosi di che potere onorar la donna, per amor della quale egli già
infiniti uomini onorati avea, il fé ravedere. E oltre modo angoscioso, seco
stesso maledicendo la sua fortuna, come uomo che fuor di sé fosse or qua e or
là trascorrendo, né denari né pegno trovandosi, essendo l'ora tarda e il
disiderio grande di pure onorar d'alcuna cosa la gentil donna e non volendo,
non che altrui, ma il lavorator suo stesso richiedere gli corse agli occhi il
suo buon falcone, il quale nella sua saletta vide sopra la stanga per che, non
avendo a che altro ricorrere, presolo e trovatolo grasso, pensò lui esser degna
vivanda di cotal donna. E però, senza più pensare, tiratogli il collo, a una
sua fanticella il fé prestamente, pelato e acconcio, mettere in uno schedone e
arrostir diligentemente; e messa la tavola con tovaglie bianchissime, delle
quali alcuna ancora avea, con lieto viso ritornò alla donna nel suo giardino e
il desinare, che per lui far si potea, disse essere apparecchiato.
Laonde la donna con la sua
compagna levatasi andarono a tavola e, senza saper che si mangiassero, insieme
con Federigo, il quale con somma fede le serviva, mangiarono il buon falcone. E
levate da tavola e alquanto con piacevoli ragionamenti con lui dimorate,
parendo alla donna tempo di dire quello per che andata era, così benignamente
verso Federigo cominciò a parlare: - Federigo, ricordandoti tu della tua
preterita vita e della mia onestà, la quale per avventura tu hai reputata
durezza e crudeltà, io non dubito punto che tu non ti debbi maravigliare della
mia presunzione sentendo quello per che principalmente qui venuta sono; ma se
figliuoli avessi o avessi avuti, per li quali potessi conoscere di quanta forza
sia l'amor che lor si porta, mi parrebbe esser certa che in parte m'avresti per
iscusata. Ma come che tu non n'abbia, io che n'ho uno, non posso però le leggi
comuni d'altre madri fuggire; le cui forze seguir convenendomi, mi conviene,
oltre al piacer mio e oltre a ogni convenevolezza e dovere, chiederti un dono
il quale io so che sommamente t'è caro: e è ragione, per ciò che niuno altro
diletto, niuno altro diporto, niuna consolazione lasciata t'ha la sua strema
fortuna, e questo dono è il falcon tuo, del quale il fanciul mio è sì forte
invaghito, che, se io non gliene porto, io temo che egli non aggravi tanto
nella infermità la quale ha, che poi ne segua cosa per la quale io il perda. E
per ciò ti priego, non per l'amore che tu mi porti, al quale tu di niente sé
tenuto, ma per la tua nobiltà, la quale in usar cortesia s'è maggiore che in
alcuno altro mostrata, che ti debba piacere di donarlomi, acciò che io per
questo dono possa dire d'avere ritenuto in vita il mio figliuolo e per quello
averloti sempre obligato.
Federigo, udendo ciò che la donna
adomandava e sentendo che servir non ne la potea per ciò che mangiar gliele
avea dato, cominciò in presenza di lei a piagnere anzi che alcuna parola
risponder potesse. Il quale pianto la donna prima credette che da dolore di
dover da sé di partire il buon falcone divenisse più che d'altro, e quasi fu
per dire che nol volesse; ma pur sostenutasi, aspettò dopo il pianto la
risposta di Federigo, il qual così disse: - Madonna poscia che a Dio piacque
che io in voi ponessi il mio amore, in assai cose m'ho reputata la fortuna
contraria e sonmi di lei doluto; ma tutte sono state leggieri a rispetto di
quello che ella mi fa al presente, di che io mai pace con lei aver non debbo,
pensando che voi qui alla mia povera casa venuta siete, dove, mentre che ricca
fu, venir non degnaste, e da me un picciol don vogliate, e ella abbia sì fatto,
che io donar nol vi possa: e perché questo esser non possa vi dirò brievemente.
Come io udii che voi, la vostra mercé, meco desinar volavate, avendo riguardo
alla vostra eccellenzia e al vostro valore, reputai degna e convenevole cosa
che con più cara vivanda secondo la mia possibilità io vi dovessi onorare, che
con quelle che generalmente per l'altre persone s'usano: per che, ricordandomi
del falcon che mi domandate e della sua bontà, degno cibo da voi il reputai, e
questa mattina arrostito l'avete avuto in sul tagliere , il quale io per
ottimamente allogato avea; ma vedendo ora che in altra maniera il disideravate,
m'è sì gran duolo che servire non ve ne posso, che mai pace non me ne credo
dare.
E questo detto, le penne e i
piedi e 'l becco le fe' in testimonianza di ciò gittare davanti. La qual cosa
la donna vedendo e udendo, prima il biasimò d'aver per dar mangiare a una
femina ucciso un tal falcone, e poi la grandezza dell'animo suo, la quale la
povertà non avea potuto né potea rintuzzare, molto seco medesima commendò. Poi,
rimasa fuori dalla speranza d'avere il falcone e per quello della salute del
figliuolo entrata in forse, tutta malinconosa si dipartì e tornossi al
figliuolo. Il quale, o per malinconia che il falcone aver non potea o per la
'nfermità che pure a ciò il dovesse aver condotto, non trapassar molti giorni
che egli con grandissimo dolor della madre di questa vita passò.
La quale, poi che piena di
lagrime e d'amaritudine fu stata alquanto, essendo rimasa ricchissima e ancora
giovane, più volte fu dà fratelli costretta a rimaritarsi. La quale, come che
voluto non avesse, pur veggendosi infestare, ricordatasi del valore di Federigo
e della sua magnificenzia ultima, cioè d'avere ucciso un così fatto falcone per
onorarla, disse a' fratelli: - Io volentieri, quando vi piacesse, mi starei; ma
se a voi pur piace che io marito prenda, per certo io non ne prenderò mai
alcuno altro, se io non ho Federigo degli Alberighi.
Alla quale i fratelli, faccendosi
beffe di lei, dissero: - Sciocca, che è ciò che tu dì? come vuoi tu lui che non
ha cosa al mondo? –
A' quali ella rispose: - Fratelli
miei, io so bene che così è come voi dite, ma io voglio avanti uomo che abbia
bisogno di ricchezza che ricchezza che abbia bisogno d'uomo. –
Li fratelli, udendo l'animo di
lei e conoscendo Federigo da molto, quantunque povero fosse, sì come ella volle,
lei con tutte le sue ricchezze gli donarono. Il quale così fatta donna e cui
egli cotanto amata avea per moglie vedendosi, e oltre a ciò ricchissima, in
letizia con lei, miglior massaio fatto, terminò gli anni suoi.
Nessun commento:
Posta un commento