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15 maggio 2017

Quattro quartetti LITTLE GIDDING II – T. S. Eliot

opera di Andrey Remnev
Quattro quartetti – T. S. Eliot

LITTLE GIDDING
II
Cenere sulla manica di un vecchio
È quanto rimane delle rose bruciate.
Polvere sospesa nell’aria
Segna il luogo dove finì una storia.
Polvere nel fiato fu una casa:
Muro, boiserie e topo di campagna.
Morte disperazione e speranza:
Questa la morte dell’aria.

C’è inondazione e siccità
Sopra gli occhi e fra le labbra,
Acqua morta e sabbia morta
Che si contendono la vittoria.
Suolo arido eviscerato
Inghiotte la vanità della fatica,
Ride senza allegria.
Questa la morte della terra.

Acqua e fuoco sono gli eredi
Di città, pascolo ed erba.
Acqua e fuoco irridono
Il sacrificio a noi inviso.
Acqua e fuoco corromperanno
Le fondazioni guaste che scordammo,
Di santuario e corro.
Questa la morte di acqua e fuoco.

Nell’ora incerta prima del mattino
Verso il termine della notte interminabile
Alla fine ricorrente di quanto non ha fine
Dopo che l’oscura colomba dalla lingua dardeggiante
Era scesa sotto l’orizzonte del suo ritorno
Mentre le foglie morte risuonavano come latta
Sopra l’asfalto dove non c’era altro suono
Fra tre quartieri dove s’alzava il fumo
Incontrai uno che andava, lento eppure impaziente
Quasi soffiato verso di me come le foglie metalliche
Senza resistere al vento dell’aria urbana.
E mentre fissavo sulla faccia china
Lo scrutinio intendo con cui sfidiamo
Il primo sconosciuto incontrato all’imbrunire,
Colsi l’aspetto improvviso di un maestro morto
Che avevo conosciuto, dimenticato e in parte ricordato:
Insieme a uno solo e molti; nelle fattezze brune e cotte
Gli occhi di un familiare spirito composito
Insieme intimo e non identificabile.
Pertanto assunsi un ruolo duplice, ed esclamai
E udii un’altra voce esclamare: “Come! Tu qui?”
Per quanto non lo fossimo. Io ero lo stesso,
Riconoscendomi come me ma anche un altro:
Lui una faccia che ancora prendeva forma; ma le parole bastarono
A suscitare l’agnizione che precedevano.
Sicché, cedendo al vento che spingeva entrambi,
Troppo strani l’uno all’altro per fraintenderci,
Concordi in questo tempo di intersezione
Di incontro in nessun luogo, senza prima né dopo,
Proseguimmo insieme in una pattuglia morta.
Dissi: “Lo stupore che provo è tranquillo,
Ma la tranquillità provoca stupore. Pertanto parla:
Forse non capisco, non ricordo”.
E lui: “Non ho desideri di ripercorrere
Le mie riflessioni e teorie che hai dimenticato.
Sono servite al loro scopo: lasciale stare.
Idem per le tue, e prego che esse siano perdonate
Da altri, come prego te di perdonare
Il male e il bene. I frutti dell’anno scorso sono esauriti
E la bestia sazia tira un calcio al secchio vuoto.
Poiché le parole dell’anno scorso appartengono alla lingua dello scorso anno,
E le parole dell’anno prossimo aspettano una nuova voce.
Ma, ora che il passaggio non offre ostacolo
Allo spirito inappagato e peregrino
Fra due mondi che sono divenuti simili l’uno all’altro,
Trovo parole che non avrei mai pensato di dire
In strade che non avrei mai pensato di rivisitare
Quando lascia il corpo su una spiaggia distante.
Poiché nostra occupazione fu la parola, e la parola ci spinse
A purificare la lingua della tribù
E incitare la mente alla revisione e previsione,
Ti rivelerò i doni riservati alla vecchiaia
Per incoronare le fatiche di una vita.
Primo, la fredda irritazione del senso che si spegne
Senza incanto, senza offrire promesse
Bensì l’amaro insipido di frutti d’ombra
Mentre corpo e mente cominciano a distinguersi.
Secondo, l’impotenza conscia della rabbia
Per l’umana follia, e la lacerazione
Di ridere di quanto ha smesso di divertire.
Infine, lo strazio doloroso di rivivere
Tutto ciò che facesti, e fosti; la vergogna
Di motivi rivelati tardi, e la consapevolezza
Di cose mal fatte e fatte con danno altrui
Che una volta ti parvero esercizi di virtù.
Allora il plauso degli sciocchi ferisce, l’onore stinge.
Di torto in torto lo spirito esasperato
Procede, se non lo ristora il fuoco che l’affina
In cui devi muoverti con misura, come una danza.”
Spuntava il giorno. Nella strada sfigurata
Mi lasciò con una sorta di saluto
E svanì col fischio della sirena.

traduzione di Massimo Bacigalupo
da T. S. Eliot,il sermone del fuoco a cura di Massimo Bacigalupo
Corriere delle Sera - Un secolo di poesia, a cura di Nicola Crocetti

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