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17 giugno 2017

Febbre a quarantuno – Sylvia Plath

Albrecht Dürer - Melancholia I

Febbre a quarantuno – Sylvia Plath

Pura? Cosa vuol dire?
Le lingue dell’inferno
sono ottuse, ottuse come la tripla

lingua dell’ottuso, grasso Cerbero
che anela sulla porta. Incapace di
sanare leccandolo l’infiammato

tendine, il peccato, il peccato.
Sfrigola l’esca da fuoco.
L’indelebile puzza

di candela soffocata!
Si srotolano, o amore, i bassi fumi
da me come le sciarpe di Isadora, ho terrore

che una mi accalappi, mi ancori alla ruota.
Questi gialli tetri fumi
si creano il proprio elemento. Né si alzeranno,

ma intorno al globo si trascineranno
asfissiando i vecchi e i mansueti,
il gracile

bebè di serra nella sua mangiatoia,
l’orchidea mostruosa che appende
nell’aria il suo pensile giardino,

leopardo diabolico!
La radiazione l’ha ridotto bianco
e in un’ora l’ha ammazzato:

i corpi degli adulteri la sua peste rovina
li smangia come la cenere di Hiroshima.
Il peccato. Il peccato.

Amore mio, ho passato
tutta la notte annaspando,
fra lenzuola grevi come il bacio d’un perverso.

Tre giorni. Tre notti.
Limonata, brodo, acqua,
acqua, fammi vomitare.

Per te o chiunque sono troppo pura.
Il tuo corpo
mi offende come il mondo offende Dio. Io sono una lanterna----

La mia testa una luna
Giapponese di carta, la mia pelle oro foglia
è carissima, molto delicata.

Non ti sbalordisce il mio calore.? E la mia luce?
sono un’immensa camelia
che s’infuoca e va e viene, vampa a vampa.

Penso che sto sollevandomi,
forse mi librerò----
I grani di ardente metallo volano e io, amore, io

Sono una pura
vergine d’acetilene
con una scorta di rose,

di baci, di cherubini,
di tutto che esprimono queste rosee cose.
Non tu, né quello

non lui, né quello
(ogni mio io si perde, sgualdrinesco orpello)----
al Paradiso.

Traduzione di Giovanni Giudici

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