foto di Andre Govia
da Elena
– Ghiannis Ritsos
(…)
Vedo anche
te, l’espressione del viso attonita, imbarazzata, incrinata
dalle lente
ondulazioni dell’acqua nera – ora si allarga il tuo viso, ora si allunga
con
striature gialle. I tuoi capelli si muovono verso l’alto
come una
medusa rovesciata. Ma poi mi dico: “È soltanto una pietra,
una piccola
pietra preziosa”. Allora tutto il nero si contrae,
si secca
riducendosi a un minuscolo nodo – lo sento
qui, appena
sotto la gola. Ed eccomi di nuovo
nella mia
stanza, sul mio letto, accanto alle mie boccette familiari
che mi
guardano a una a una con approvazione; – sono il mio unico soccorso
nell’insonnia,
nella paura, nel ricordo, nell’oblio, nell’affanno.
E tu, come
stai? Sei sempre nell’esercito? Abbi cura di te. Non darti troppa pena
per eroismi,
gradi e glorie. Che te ne fai? Ce l’hai ancora
quello scudo
su cui avevi inciso il mio volto? Com’eri buffo
con l’elmo
alto dal lungo cimiero – così giovane,
così
riservato, come se avessi nascosto il tuo bel viso
dietro le
zampe posteriori di un cavallo, la cui coda pendeva fino in fondo
sulla tua
schiena nuda. Non adirarti di nuovo. Rimani ancora un po’.
È ormai
trascorso il tempo delle rivalità; si sono inaridite le passioni;
forse ora
possiamo guardare insieme allo stesso punto della vanità
ove si
realizzano, immagino, gli unici incontri giusti – ancorché indifferenti,
ma sempre
mitiganti – la nostra nuova comunanza, desolata, calma, vuota,
senza
spostamenti e opposizioni – rimuovere solo la cenere nel camino,
foggiando,
di quando in quando, urne cinerarie slanciate e belle,
o, seduti
per terra, battere il suolo con mani silenziose.
(…)
da Elena -
Traduzione di Nicola Crocetti - Quarta dimensione
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