foto da Pinterest
da Elena – Ghiannis Ritsos
(…)
A poco a
poco le cose hanno perso senso, si sono svuotate; d’altronde
ebbero mai
alcun senso? – Flaccide, vuote;
noi le
riempivamo di paglia e crusca perché assumessero forma
e
consistenza, solidità e fermezza – i tavoli, le sedie,
i letti su
cui giacevamo, le parole; – sempre vuote
come borse
di tela, come i sacchi dei mercanti; –
già
dall’esterno indovini il contenuto:
patate o
cipolle, grano o granturco, mandorle o farina.
A volte il
sacco si impiglia in un chiodo della scala
o nel gancio
di un’ancora giù al porto, si buca,
si versa la
farina – un fiume senza senso. Il sacco si vuota.
La farina la
raccolgono i poveri a manciate, per farne
qualche
focaccia o una farinata. Il sacco si affloscia. Qualcuno
lo solleva
per gli angoli inferiori; lo scuote in aria;
una nube di
polvere bianca l’avvolge; gli si imbiancano i capelli;
gli si
imbiancano soprattutto le sopracciglia. Gli altri lo guardano.
Non
capiscono niente; aspettano che apra la bocca, che parli.
Lui non
parla. Piega in quattro il sacco; se ne va.
Così bianco,
inesplicabile, senza una parola, come travestito,
come un
libidinoso nudo coperto da un lenzuolo,
o come un
morto astuto, risuscitato nel suo sudario.
Nessun
senso, dunque, le cose e gli eventi; – così come le parole, benché
con esse
denominiamo alla meno peggio ciò che ci manca o ciò
che non
abbiamo mai visto – le cose immateriali, come le chiamiamo, le cose eterne; –
parole
innocenti, fuorvianti, consolatrici, equivoche sempre
nella loro
affettata precisione; – che triste storia,
dare un nome
a un’ombra, proferirlo durante la notte a letto
col lenzuolo
alzato fino al collo, e ascoltandolo illuderci, gli stolti,
che
possediamo il corpo, che esso ci possiede, che ci aggrappiamo al mondo.
(…)
da Elena -
Traduzione di Nicola Crocetti - Quarta dimensione
Nessun commento:
Posta un commento