Andrew Wyeth- Sunflowers
da "La sonata al chiaro di luna" - Ghiannis Ritsos(...)
Lasciami venire con te. A volte, quando fa sera, ho la sensazione
che fuori
dalle finestre passi l’ambulante con la sua vecchia orsa pesante
dal pelo
pieno di spine e lappole
sollevando
la polvere sulla strada del quartiere,
una nube
solitaria di polvere che incensa il crepuscolo,
e i bambini
sono tornati alle loro case per la cena e non li lasciamo più uscire
benché
dietro i muri loro indovinino i passi della vecchia orsa –
e l’orsa
stanca incede nella saggezza della sua solitudine, senza un dove e un perché –
s’è
appesantita, non riesce più a ballare sulle zampe posteriori,
non riesce a
portare la cuffia merlettata per far divertire i bambini, gli sfaccendati, gli
esigenti, vuole solo stendersi in terra
lasciando
che le calpestino il ventre, giocando così il suo ultimo gioco
mostrando la
sua tremenda forza di rinuncia,
la sua
disobbedienza agli interessi altrui, agli anelli nelle labbra, alla necessità
dei denti, la sua disobbedienza al dolore e alla vita
con
l’alleanza certa della morte – foss’anche di una morte lenta –
la sua
estrema disobbedienza alla morte con la continuità e la cognizione della vita
che con la
conoscenza e l’azione sale al di sopra della sua schiavitù. Ma chi può giocare
fino alla
fine questo gioco?
E l’orsa si
rialza e cammina
obbediente
al suo laccio, agli anelli, ai denti,
sorridendo
con le labbra lacere alle monete dei bambini belli e privi di sospetto
(belli
proprio perché privi di sospetto)
dicendo
grazie. Perché gli orsi invecchiati
hanno solo
imparato a dire: grazie, grazie.
Lasciami
venire con te. Questa casa mi soffoca. Anzi la cucina
è come il
fondo del mare. I bricchi appesi brillano
come grossi
occhi tondi di incredibili pesci,
i piatti si
muovono lenti come meduse,
alghe e
conchiglie mi s’impigliano tra i capelli – non riesco più a staccarle,
non riesco a
risalire in superficie –
il vassoio
mi cade di mano senza rumore, – mi accascio
vedo salire,
salire le bolle del mio respiro
tento di
svagarmi guardandole
e mi chiedo
cosa direbbe chi dall’alto vedesse queste bolle,
forse che
qualcuno annega o che un sommozzatore sta esplorando gli abissi? E davvero,
non di rado
scopro lì, nel fondo dove annego,
coralli e
perle e tesori di navi naufragate,
incontri
imprevedibili, di ieri, di oggi e del futuro,
quasi una
conferma di eternità,
un certo
sollievo, un certo sorriso d’immortalità, come si dice,
una
felicità, un’ebbrezza, perfino un entusiasmo,
coralli,
perle e zaffiri;
solo che non
so donarli – no, li dono;
solo che non
so se loro possono prenderli – comunque io li dono.
(...)
traduzione di Nicola Crocetti
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