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9 agosto 2017

Achille. Da Omero, Iliade - Alessandro Baricco

Peter Paul Rubens - Achille discute con Ulisse

da Omero, Iliade - Alessandro Baricco
Achille
Arrivarono in cinque. Ulisse, davanti a tutti. Poi Aiace, grande guerriero, e Fenice, amato da Zeus. E due araldi: Odèo ed Eurıbate. Io ero nella mia tenda e stavo suonando. C'era quella cetra, preziosa, che avevo scelto in mezzo al bottino, bellissima, col ponte d'argento, e io stavo suonando perché questo consolava il mio cuore: suonare e cantare avventure di eroi. Accanto a me, Patroclo ascoltava, in silenzio. Poi arrivarono loro. Li avevano scelti bene: tra tutti gli Achei erano quelli che mi erano più cari. "Amici", dissi, e li feci sedere, intorno a me, su scranni coperti
da tappeti color porpora. Dissi a Patroclo di andare a prendere altro vino, e lui andò e portò vino, e carne e pane. Così banchettammo, nella mia tenda, insieme. E solo alla fine, Ulisse, che era seduto proprio di fronte a me, alzò una coppa piena di vino e disse "Salute a te, Achille, divino principe. Sontuoso è il tuo banchetto, ma purtroppo non siamo venuti qui per il tuo cibo e il tuo vino. Un immenso disastro sta davanti a noi, e noi abbiamo paura. Se tu non riprendi le armi, sarà difficile riuscire a salvare le navi. I Troiani superbi e i loro alleati si sono accampati proprio sotto il muro che avevamo costruito per difenderci. Accendono fuochi a migliaia e dicono
che non si fermeranno finché non piomberanno sulle nostre navi nere. Ettore infuria, terribile, non teme né uomini né dei, è posseduto da una rabbia brutale. Dice che aspetta solo l'aurora per gettarsi in avanti a bruciare le nostre navi col fuoco, e a massacrare, nel fumo, gli Achei. Lo farà, Achille. Io so, nel profondo del mio cuore, che lo farà, e noi moriremo tutti qui, a Troia, lontano dalle nostre case. Ma se tu vuoi, c'è ancora tempo per salvare gli Achei, prima che il male sia senza rimedio, per tutti e anche per te. Amico mio, ti ricordi il giorno in cui tuo padre Peleo ti vide partire al fianco di Agamennone? `Gli dei ti daranno la forza', ti diceva, `Ma tu frena nel petto il cuore orgoglioso. Essere miti, questo è essere forti. Tieniti lontano dalle risse e dai litigi, e gli Achei, i giovani e i vecchi, ti onoreranno.' così diceva, ma tu l'hai dimenticato.
"Ascoltami adesso. Lascia che ti dica, uno ad uno, i doni che Agamennone ha promesso di darti se abbandonerai la tua ira, doni preziosi, se solo rinuncerai alla tua ira, doni ricchissimi, se solo dimenticherai la tua ira. Sette tripodi mai messi al fuoco, dieci talenti d'oro, venti bacili scintillanti, dodici vigorosi cavalli, velocissimi e vincitori di mille gare. Ti darà, Agamennone, sette donne di Lesbo, esperte in lavori perfetti, le stesse sette donne che lui scelse per sé il giorno che tu distruggesti, per lui, Lesbo, la città ben costruita. Erano le più belle: le darà a te. E insieme a loro ti darà Briseide, che un giorno ti tolse: e giurerà solennemente di non aver diviso il letto con lei, e di non averla amata come uomini e donne si amano. Tutto questo lo avrai, e subito, e qui. E se poi ci concederà il destino di distruggere la grande città di Priamo, potrai farti avanti, quando si dividerà il bottino, e caricare sulla tua nave oro e bronzo quanto ne vorrai, e venti donne troiane, le più belle che troverai, fatta eccezione per Elena d'Argo. E se infine ritorneremo ad Argo, nella fertile terra d'Acaia, Agamennone vuole che tu diventi sposo di una delle sue tre figlie che, nella splendida reggia, ora lo stanno aspettando: scegli tu quella che vuoi e portala nella dimora di Peleo, senza offrire nessun dono nuziale: Agamennone, piuttosto, le farà doni graditi e tanti quanti nessun padre ha mai fatto alla figlia: le darà sette delle sue città più ricche, Cardamile, Enope, Ire, la divina Fere, Antea dai verdi prati, la bella Epea e Pèdaso ricca di vigne: tutte città vicine al mare, tutte abitate da uomini ricchi di buoi e di agnelli che ti onoreranno al pari di un dio, e a te, loro re, pagheranno enormi tributi. Tutto questo, ti darà, se tu rinunci alla tua ira. E se non puoi farlo, perché troppo ti è odioso Agamennone, e insopportabili i suoi doni, allora abbi almeno pietà di noi, che oggi stiamo soffrendo, e domani potremo onorarti come un dio. E il momento giusto per sfidare Ettore e ucciderlo, lui è posseduto da una furia tremenda, è convinto di essere il più forte, oggi non fuggirebbe davanti a te. Non sarebbe una gloria immensa, Achille?"
Figlio di Laerte, divino Ulisse dalla mente accorta, è meglio che io parli chiaro e dica quello che penso, e quello che accadrà: così evitiamo di starcene a chiacchierare inutilmente. Non c'è sulla terra un solo Acheo che potrà convincermi a lasciare la mia ira. Non potrà farlo Agamennone, né potrete farlo voi. Che vantaggio c'è mai per chi combatte, sempre, senza tregua, contro qualsiasi nemico? Il destino è uguale, per il prode e per il vigliacco, uguale è l'onore, per il valoroso e per il vile, e muore ugualmente chi non fa nulla e chi si dı molto da fare: niente mi resta dopo aver tanto sofferto, rischiando in ogni momento la vita nel cuore della battaglia. Come un uccello porta ai suoi piccoli il cibo che si è procurato con grande fatica, così io molte notti insonni ho trascorso, e molti giorni ho consumato a combattere il nemico sul campo insanguinato. Dodici città ho raggiunto con le mie navi e ho distrutto. E altre undici le ho raggiunte attraversando la fertile terra troiana, e le ho distrutte. Ho portato tesori immensi, e tutto donavo ad Agamennone figlio di Atreo; e lui, che se ne stava al sicuro, vicino alle navi, nella sua tenda, tutto accettava: molto teneva per sé, qualcosa distribuiva agli altri. Ai re e agli eroi sempre ha concesso un premio d'onore, e tutti adesso l'hanno ancora con sé, ma non io: a me l'ha tolto, Agamennone, mi ha tolto la donna che amavo e che adesso dorme con lui. Se la tenga, e si diverta. Ma perché mai dovremmo combattere per lui? perché ha messo insieme un esercito e l'ha condotto fin qui? Non è forse per Elena dai bei capelli? E allora? Solo i figli di Atreo amano le loro donne? No, ogni uomo nobile e saggio ama la sua e ne ha cura come io con tutto il cuore amavo la mia, e non importava se era una schiava di guerra. Lui me l'ha tolta, mi ha rubato il mio premio d'onore, adesso io so che razza di uomo è, non mi ingannerà un'altra volta. Non cercare di convincermi, Ulisse, pensa piuttosto a come salvare le navi dal fuoco. Avete giı fatto tante cose, senza di me, avete costruito il muro, e lungo il muro avete scavato il
fossato, largo, profondo, pieno di insidie. Ma non lo fermerete in quel modo, Ettore. Quando io combattevo con voi, non si azzardava ad allontanarsi dalle sue mura, rimaneva a combattere alle porte Scee, e proprio quando lo prendeva il coraggio si spingeva fino alla quercia... E lì che mi ha sfidato, quel giorno, ti ricordi Ulisse?, io e lui, uno contro l'altro. Ne uscì vivo per miracolo. Ma adesso... adesso io non ho più voglia di battermi con lui: domani, se vorrai, se ti importerà qualcosa, guarda verso il mare: vedrai le mie navi, all'alba, solcare l'Ellesponto, gli uomini curvi sui remi. E se il dio glorioso che scuote la terra ci concederà un viaggio felice, dopo tre giorni giungerò nella fertile terra di Ftia. Tutto quello che posseggo l'ho lasciato laggiù per venire a combattere qui, sotto le mura di Troia: tornerò là, e porterò con me oro e bronzo purpureo e ferro splendente e belle donne, e tutto ciò che mi sono guadagnato qui: tutto tranne Briseide, perché chi me la diede, me l'ha tolta.
Andate da Agamennone, e riferitegli cosa vi ho detto, e fatelo ad alta voce, davanti a tutti, così che gli altri Achei capiscano che uomo è, e stiano attenti a non farsi ingannare anch'essi. Io vi dico che, per quanto spudorato, non avrà mai più il coraggio di guardarmi negli occhi. E io non verrò in suo aiuto, né combattendo, né consigliandolo, ne ho abbastanza,vada al diavolo, io non ci posso fare nulla se è impazzito. Non mi importa niente di lui, e odio i suoi doni: anche se mi desse dieci, venti volte quello che possiede, anche se mi offrisse tanti doni quanti sono i granelli
di sabbia, anche allora non riuscirebbe a piegare il mio cuore: prima deve pagare, fino in fondo, l'offesa orrenda con cui mi ha ferito. E non sposerò una sua figlia, non la sposerei nemmeno se fosse bella come Afrodite o ricca di ingegno come Atena, la dia in sposa a qualcun altro, magari a qualcuno più potente di me, qualcuno alla sua altezza... Se gli dei mi salvano, se ritornerò a casa, sarà mio padre a scegliere una sposa per me. E a casa che voglio andare, è lì che voglio tornare, a godere in pace di ciò che è mio, con una donna al fianco, una sposa. Per quanto immense, tutte le ricchezze che Troia nasconde dietro le sue mura non valgono quel che vale la vita. Si possono rubare buoi, e grasse pecore, ci si può riempire di cavalli e tripodi preziosi, comprandoli con l'oro: ma la vita non puoi rapirla, non puoi comprarla. Ti esce dalla gola, e non torna più indietro. Mia madre, un giorno, mi ha detto quale sarı il mio destino: se rimarrò qui, a battermi sotto le mura di Troia, non farò più ritorno, ma eterna sarà la mia gloria; e se invece tornerò a casa, nella mia terra, per me non ci sarà gloria, ma avrò lunga vita prima che la morte, camminando lentamente, mi raggiunga. Lo dico anche a voi: tornate a casa. Noi non vedremo mai la fine di Troia. Ritornate alle vostre tende e portate ai principi achei il mio messaggio. Dite loro che pensino a qualcos'altro, per salvare le navi e l'esercito, io non li posso aiutare. Dite loro che io rimango fermo nell'ira.
Così parlai. E tutti rimasero in silenzio, turbati, e sorpresi per il mio rifiuto.
L'ho detto, c'era tra loro anche Fenice, il vecchio Fenice. Era stato mio padre a ordinargli di venire con me, sotto le mura di Troia. Io ero un ragazzino, non sapevo nulla di guerra e di assemblee... Mio padre prese Fenice, e gli disse di starmi vicino, e di insegnarmi ogni cosa. E lui ubbidì. Era come un secondo padre, per me. E adesso me lo trovavo dall'altra parte, con Ulisse e Aiace, ed era una cosa assurda. così, prima che se ne tornasse con gli altri da Agamennone, io gli dissi: "Rimani con me, Fenice, dormi nella mia tenda, questa notte". Gli dissi che, l'indomani, avrebbe potuto partire con me. Gli dissi che non lo obbligavo, ma che se avesse voluto, avrebbe potuto partire con me, e fare ritorno alla nostra terra.
"Achille glorioso", mi rispose, "Se davvero pensi al ritorno, come potrei io, figlio mio, restare solo, senza di te? Per anni ti ho amato con tutto il cuore. Io ho fatto di te quello che sei. Ti ricordi?, non ci volevi andare con nessun altro alle feste, e neppure mangiavi, a casa, se non ti prendevo io sulle ginocchia e ti davo da mangiare, tagliandoti la carne, e versandoti il vino. Eri un bambino. Capriccioso. Quante volte mi hai sporcato la tunica, sputandomi il vino addosso. Ma qualsiasi pena o fatica l'ho vissuta felice, se era per te, perché tu sei il figlio che io non potrò mai avere. E oggi, se c'è qualcuno che può salvarmi dalla sventura, sei tu. Piega il tuo cuore superbo, Achille. Non essere così spietato. Perfino gli dei si piegano, talvolta, e pure sono mille volte più forti e grandi di te. E si lasciano placare dalle preghiere degli uomini, che per rimediare ai propri errori offrono suppliche, libagioni e doni. Le preghiere sono figlie di Zeus, sono zoppe, guerce e rugose, ma si affannano a seguire le ormeb dei nostri errori per cercare di porvi rimedio. Sono figlie di Zeus, rispettale: se le respingi, torneranno dal padre e gli chiederanno di perseguitarti. Agamennone ti prega di lasciare la tua ira: rendi onore a questa preghiera. Non lasciarti possedere dal tuo demone. Vieni a difendere le navi: a che servirà salvarle, quando saranno in fiamme?"
Fenice. Buon, vecchio Fenice. Non amare Agamennone se non vuoi farti odiare da me, che ti amo. Non piagnucolare per difenderlo. Ama quelli che io amo e sii re con me, e dividi con me il mio onore. Lascia che gli altri tornino dagli Achei a portare il mio messaggio. Tu rimani qui a dormire, e domani decideremo se tornare a casa sulle nostre navi.
Fu lì che Aiace si voltò verso Ulisse, dicendogli "Andiamocene da qui, non otterremo nulla, in questo modo. Il cuore di Achille è orgoglioso e selvaggio, ed è incapace di ascoltare l'amicizia che gli abbiamo offerto. Gli Achei aspettano una risposta da noi: torniamo a portargliela, anche se è una risposta folle e crudele".
Ecco, questa è una buona idea, Aiace. Tornate da Agamennone e ditegli da parte mia che tornerò in battaglia quando Ettore arriverà alle mie navi, non alle vostre. Qui, davanti alla mia tenda, io lo fermerò, e non prima.
Se ne andarono. E io potevo immaginarli, i principi achei, adunati quella notte attorno a un fuoco, ascoltare la mia risposta, allibiti. Potevo vederli, tornare uno ad uno, nella propria tenda, in silenzio, ad aspettare l'Aurora dalla luce rosata, e a mendicare il dono del sonno.

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