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31 ottobre 2017

Nevina [Biancaneve e i sette nani] - FAVOLE DI LIBERTÀ di Antonio Gramsci TRADUZIONI DALLE FIABE DEI FRATELLI GRIMM

FAVOLE DI LIBERTÀ di Antonio Gramsci
TRADUZIONI DALLE FIABE DEI FRATELLI GRIMM
Nevina [Biancaneve e i sette nani]
Una volta, si era nel cuore dell'inverno e i fiocchi di neve cadevano dal cielo come piume, una regina sedeva alla finestra incorniciata di ebano nero e cuciva. E mentre cuciva e guardava la neve, si punse con l'ago un dito e tre goccioline di sangue caddero sulla neve. Il rosso sulla candida neve appariva così bello che ella pensò: «Potessi avere un figlio bianco come la neve, rosso come il sangue e nero come il legno del cornicione».
Poco dopo le nacque una figlioletta che era bianca come la neve, rossa come il sangue e nera di capelli come l'ebano e fu perciò chiamata Nevina. Ma appena nata la bambina, la regina morì.
Un anno dopo il re prese un'altra moglie. Era una bella donna ma superba e arrogante e non poteva soffrire di essere superata in bellezza da chiunque. Essa possedeva uno specchio meraviglioso; quando vi si specchiava e si ammirava, diceva:
«Specchietto, specchietto alla parete,
chi è la più bella di tutta la terra?».
Lo specchio rispondeva:
«Signora, voi siete la più bella del mondo».
E la regina era contenta perché sapeva che lo specchio diceva la verità.
Intanto Nevina cresceva e diventava sempre più bella e quando ebbe sette anni era bella come un giorno sereno e più bella della stessa regina.
Quando questa domandò una volta al suo specchio:
«Specchietto, specchietto alla parete,
chi è la più bella di tutto il mondo?».
Lo specchio rispose:
«Signora regina, voi siete la più bella qui,
ma Nevina è mille volte più bella di voi!».
La regina inorridì e divenne gialla e verde per la gelosia.
Da quel momento quando vedeva Nevina, il cuore le si stringeva, tanto odiava la fanciulla. L'invidia e la boria crebbero come la gramigna nel suo cuore, sempre più grandi, tanto che non riusciva a trovar pace né di giorno, né di notte.
Chiamò un cacciatore e gli disse: «Porta via la bambina nella foresta; non la voglio più vedere dinanzi ai miei occhi. La devi ammazzare e portarmi come prova i suoi polmoni e il fegato».
Il cacciatore obbedì e condusse fuori Nevina, ma quando ebbe snudato il pugnale con cui ammazzava i cervi e stava per trafiggerle il cuore innocente, Nevina scoppiò in pianto e disse: «Ahimè, caro cacciatore, lasciami vivere; io correrò nella parte più selvaggia della foresta e non tornerò più a casa».
E poiché ella era così bella, il cacciatore ne ebbe pietà e le disse: «Scappa, dunque, povera bambina», e pensò: «Le bestie selvagge non tarderanno a divorarti». E tuttavia gli pareva che gli avessero levato una pietra dal cuore, perché non sarebbe riuscito ad ucciderla. E poiché un cinghialetto passava di là saltando, lo pugnalò, gli tolse i polmoni e il fegato e li consegnò alla regina come prova. Il cuoco dovette cucinarli in salsa piccante e la malvagia femmina li mangiò pensando di mangiare i polmoni e il fegato di Nevina.
Intanto la povera bambina era sola nella grande foresta ed era così angosciata che guardava tutte le foglie degli alberi e non sapeva cosa fare. Cominciò a correre. Corse sopra le pietre aguzze e tra le spine e le bestie selvagge le saltavano accanto, ma non le facevano nulla. Corse, finché i piedi poterono correre, fin quando venne la sera e vide una casettina ed entrò per riposarsi.
Nella casettina tutto era piccolo, ma così grazioso e pulito da non dirsi. C'era un tavolino coperto da una bianca tovaglia con sette piattini, ogni piattino con un cucchiaino e più in là sette coltellini, sette forchettine e sette bicchierini. Lungo la parete erano disposti sette lettini uno vicino all'altro, ricoperti da lenzuola bianche come la neve.
Nevina, che aveva molta fame e molta sete, mangiò da ogni piattino un pochino di legumi e di pane e bevette da ogni bicchierino una goccia di vino, perché non voleva prendere tutto ad uno solo. Poi, siccome era molto stanca, si distese su un lettino, ma nessuno era adatto per lei: uno era troppo lungo, l'altro troppo corto, solo il settimo andava bene; vi si coricò e si addormentò.
Quando venne la sera, arrivarono i padroni della casettina: erano sette nani che spaccavano e scavavano nei monti per trovare metalli. Essi accesero i loro sette lumicini e quando la casettina fu illuminata guardarono se vi era stato qualcuno poiché tutto non era nell'ordine che avevano lasciato.
Il primo disse: «Chi si è seduto sulla mia seggiolina?».
Il secondo: «Chi ha mangiato nel mio piattino?».
Il terzo: «Chi ha preso un po' del mio panino?».
Il quarto: «Chi ha mangiato un po' dei miei legumi?».
Il quinto: «Chi ha infilato con la mia forchettina?».
Il sesto: «Chi ha tagliato col mio coltellino?».
Il settimo: «Chi ha bevuto dal mio bicchierino?».
Poi il primo guardò intorno e vide che sul suo lettino c'era un nastrino e disse: «Chi si è coricato nel mio lettino?».
Gli altri corsero ognuno al suo letto e gridarono: «Anche nel mio qualcuno si è coricato!».
Il settimo quando guardò il suo letto, vide Nevina, che vi era coricata e dormiva. Chiamò gli altri che accorsero e gridando per la meraviglia, portarono i loro sette lumini e illuminarono la fanciulla.
«Buon Dio, buon Dio - gridavano - che bella bambina», ed erano così contenti che non la svegliarono, ma la lasciarono continuare a dormire nel lettino. Il settimo gnomo dormì nel letto dei suoi colleghi, un'ora nel letto di ciascuno finché la notte passò.
Quando fu mattino, Nevina si svegliò e appena vide i sette gnomi, ebbe paura. Ma essi la trattarono amichevolmente e domandarono: «Come ti chiami?».
«Mi chiamo Nevina», rispose lei.
«Come sei venuta nella nostra casettina?», domandarono ancora gli gnomi.
Essa raccontò loro che la sua matrigna aveva comandato di ucciderla, ma che il cacciatore l'aveva risparmiata, e che allora aveva corso tutto il giorno fino a quando aveva trovato la loro casetta.
Gli gnomi dissero: «Se vuoi accudire alla nostra casa, fare la cucina, rifare i letti, fare il bucato, cucire, fare le calze e se manterrai tutto in ordine e pulito, puoi rimanere con noi e nulla ti mancherà».
«Sì - rispose Nevina, - di cuore, volentieri». E rimase con loro.
Ella tenne la loro casa in ordine; al mattino essi andavano nei monti a cercare metalli, specialmente oro, di sera tornavano a casa e trovavano tutto pronto per mangiare. Lungo il giorno la fanciulla rimaneva sola e i bravi gnomini l'avvertirono: «Sta' in guardia contro la tua matrigna, che presto verrà a sapere che sei qui: non fare entrare mai nessuno».
La regina intanto, da quando credeva di aver mangiato i polmoni e il fegato di Nevina, non pensava ad altro se non che era nuovamente la prima e la più bella di tutte, un giorno andò allo specchio e disse:
«Specchio, specchietto, che sei alla parete,
chi è la più bella di tutto il mondo?».
E lo specchio rispose:
«Signora regina, voi siete la più bella qui,
ma Nevina sui monti,
presso i sette gnomi,
è mille volte più bella di te».
La regina si sbigottì perché sapeva che lo specchio non poteva mentire e capì che il cacciatore l'aveva ingannata e Nevina era ancora viva. E meditò, meditò, come potesse ucciderla; da quando sapeva di non essere la più bella del mondo, l'invidia non le lasciava più pace. Quando ebbe concluso le sue meditazioni, si tinse il viso e si vestì come una vecchia merciaiola ambulante: era del tutto irriconoscibile.
Così conciata andò verso i sette monti, giunse alla casettina degli gnomi, bussò alla porta e gridò: «I begli oggetti, comprate, comprate!».
Nevina guardò dalla finestra e disse: «Buon giorno, cara signora, cosa vendete?».
«Buone cose, bellissime cose - rispose, - nastri di tutti i colori», e ne mostrò uno che era intessuto di sete multicolori.
«Posso lasciare entrare questa onesta donna», pensò Nevina, tolse il catenaccio alla porta e comprò il grazioso nastro.
«Bambina - disse la vecchia, - che bel visino hai! Vieni, ti voglio annodare io il nastro proprio bene!».
Nevina non aveva nessuna malizia, le si pose innanzi e si lasciò accomodare il nuovo nastro; ma la vecchia annodò in fretta e così forte che a Nevina mancò il respiro e cadde a terra come morta. «Adesso sei stata la più bella», disse e si allontanò in fretta.
Non molto dopo, verso sera, i sette gnomi tornarono a casa. Ma come si spaventarono quando videro la loro cara Nevina che giaceva a terra e non si muoveva, irrigidita, come fosse morta!
La sollevarono e quando videro che era allacciata troppo forte, tagliarono la cintura; ella cominciò a respirare un poco, e piano piano ritornò in vita. Quando gli gnomi sentirono ciò che era successo, dissero:
«La vecchia merciaiola non era altro che la malvagia regina; sta' in guardia e non lasciare entrare nessuno quando noi non siamo in casa».
Intanto la donna scellerata, appena tornata a casa andò dinanzi allo specchio e domandò:
«Specchio, specchietto, che sei alla parete,
chi è la più bella di tutto il mondo?».
E lo specchio rispose:
«Signora regina, voi siete la più bella qui,
ma Nevina sui monti,
presso i sette gnomi,
è mille volte più bella di voi».
Tutto il sangue affluì al cuore della regina, tanto fu sbigottita quando seppe che Nevina era tornata in vita.
«Adesso però - disse, - voglio inventare qualche cosa che la perderà definitivamente». E con l'arte delle streghe che ella conosceva, costruì un pettine avvelenato. Quindi si travestì e prese l'aspetto di un'altra vecchia. Andò sui sette monti, in casa dei sette gnomi, bussò alla porta e gridò: «Begli oggetti, comprate, comprate!».
Nevina guardò fuori e disse: «Andate, andate via, io non devo aprire a nessuno».
«Ma vedere ti sarà almeno permesso», disse la vecchia, prese il pettine e lo sollevò in alto. Il pettine piacque tanto alla fanciulla che si lasciò sedurre e aprì la porta.
«Ti voglio io stessa pettinare per benino». La povera fanciulla non pensava a niente di male e lasciò fare alla vecchia, ma appena il pettine fu piantato fra i capelli, il veleno operò e la fanciulla cadde a terra priva di sensi.
«Oh portento di bellezza - disse la malvagia femmina, - adesso è finita per te». E se ne andò via.
Per fortuna era quasi sera e i sette gnomi tornarono presto a casa. Appena videro Nevina stesa a terra come morta, sospettarono della matrigna, cercarono attentamente e trovarono il pettine avvelenato; appena lo ebbero tolto, Nevina tornò in sé e raccontò ciò che era avvenuto. Essi l'avvertirono ancora di stare in guardia e di non aprire la porta a nessuno.
La regina andò dinanzi allo specchio e domandò:
«Specchio, specchietto alla parete,
chi è la più bella di tutto il mondo?».
E lo specchio rispose:
«Signora regina, voi siete la più bella qui,
ma Nevina sui monti,
presso i sette gnomi,
è mille volte più bella di voi».
Quando sentì che lo specchio parlava così, la regina ebbe un brivido, e tremò tutta per la collera. «Nevina deve morire - gridò - anche se dovesse costarmi la vita». Si recò in una stanza solitaria e del tutto segreta, dove non entrava mai nessuno e preparò una mela velenosissima. Di fuori era bella, bianca e rossa, così che a chi la guardava veniva l'acquolina in bocca, ma se se ne mangiava un pezzettino, si moriva.
Quando la mela fu pronta, si tinse la faccia e si travestì da contadina e se ne andò sui sette monti presso i sette gnomi.
Bussò alla porta; Nevina mise fuori il capo dalla finestra e disse: «Non posso lasciar entrare nessuno, i sette gnomi me l'hanno proibito».
«Non importa - rispose la contadina, - voglio liberarmi delle mie mele. Ecco, te ne regalerò una».
«No - disse Nevina, - non posso accettare nulla».
«Hai forse paura che sia avvelenata? - disse la vecchia. - Vedi, io taglio la mela in due: il rosso lo mangerai tu e il bianco lo mangerò io».
La mela era stata preparata in modo che solo la parte rossa era avvelenata. Nevina aveva voglia della bella mela e quando vide che la contadina la mangiava, non poté resistere più a lungo, stese la mano fuori e prese la metà avvelenata. Appena però ne ebbe un pezzettino in bocca, cadde a terra morta.
La regina la osservò con occhio crudele, ridendo rumorosamente e disse: «Bianca come la neve, rossa come il sangue, nera come l'ebano! Questa volta gli gnomi non ti risveglieranno».
Appena a casa interrogò lo specchio:
«Specchio, specchietto alla parete,
chi è la più bella di tutto il mondo?».
E finalmente le rispose così:
«Signora regina, voi siete
la più bella del mondo».
Il suo cuore invidioso ebbe pace, così come un cuore invidioso può aver pace.
Gli gnomini, quando la sera tornarono a casa trovarono Nevina stesa per terra, e dalla sua bocca non usciva nessun respiro; era morta. Essi la sollevarono, le pettinarono i capelli, la lavarono con acqua e vino, ma nulla le giovò; la cara giovinetta era morta e rimase morta. La caricarono su un cataletto, si sedettero tutti e sette vicino là e piansero, piansero tre lunghi giorni.
La volevano seppellire, ma ella appariva fresca, come se fosse ancora viva, e conservava le sue belle guance rosse. Essi dissero: «Non possiamo seppellirla nella nera terra», e fecero costruire una bara trasparente di vetro, così che si poteva vedere da ogni parte; ve la coricarono e sopra vi scrissero in lettere d'oro il suo nome, e che era la figlia di un re. Posero quindi la bara sulla cima del monte e uno di loro rimaneva sempre vicino a custodirla. E anche gli animali venivano e piangevano Nevina, prima un gufo, poi un corvo e infine una colomba.
Or dunque Nevina giacque per lungo tempo nella bara di vetro e non si decompose, ma invece pareva che dormisse, poiché era sempre bianca come la neve, rossa come il sangue e coi capelli neri come l'ebano.
Accadde che un figlio di re attraversò la foresta e si fermò alla casa degli gnomi per passar la notte. Egli vide sul monte la bara di vetro con la bella Nevina dentro e lesse ciò che sopra vi era scritto a lettere d'oro. E disse agli gnomi:
«Datemi la bara e io vi darò il prezzo che vorrete».
Ma gli gnomi risposero: «Noi non la diamo per tutto l'oro del mondo».
Disse il figlio del re: «Allora regalatemela, perché io non potrò più vivere senza vedere Nevina; la onorerò e la custodirò come la mia cosa più cara».
Poiché parlò così gli gnomi ne ebbero compassione e gli dettero la bara. Il figlio del re la fece portar via sulle spalle dai suoi domestici. Ora accadde che questi incespicarono in un cespuglio, e per l'urto il pezzettino di mela avvelenata che Nevina aveva tra i denti, le cadde sul collo. Poco dopo ella aprì gli occhi, sollevò il coperchio della bara di vetro, si rizzò e ritornò in vita.
«Ahimè, dove sono?», gridò.
Il figlio del re tutto lieto disse: «Sei con me», e le raccontò ciò che era successo, aggiungendo: «Io ti amo più di qualsiasi cosa al mondo; vieni con me nel castello di mio padre e sarai mia moglie».
Nevina accettò e andò con lui e le loro nozze furono preparate con la più grande magnificenza e splendore.
Alla festa fu invitata anche la malvagia matrigna di Nevina. Dopo che si fu vestita con abiti bellissimi, andò allo specchio e domandò:
«Specchio, specchietto che sei alla parete,
chi è la più bella del mondo?».
E lo specchio rispose:
«Signora regina, qui siete la più bella,
ma la giovane regina
è mille volte più bella di voi».
La malvagia femmina lanciò un'imprecazione e sentiva un'angoscia, un'angoscia che non voleva lasciarla. In principio non voleva assolutamente andare alle nozze, ma poiché il pensiero non la lasciava in pace, dovette uscire e andare a vedere la giovane regina. Appena entrò, riconobbe Nevina e per il dolore e la paura rimase di stucco e non poté più muoversi.
Ma già erano state poste ad arroventare sul fuoco un paio di scarpette di ferro, che furono prese con le tenaglie e le furono messe innanzi. Ella dovette infilare quelle scarpe roventi ai piedi e ballare, ballare finché cadde a terra morta.

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