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20 novembre 2017

Vendetta – Enzo Montano

Artemisia Gentileschi – Giuditta che decapita Oloferne, 1620, olio su tela. Galleria degli Uffizi, Firenze
Vendetta – Enzo Montano
(Artemisia Gentileschi – Giuditta che decapita Oloferne)

Avvicinatasi alla colonna del letto che era dalla parte del capo di Oloferne, ne staccò la scimitarra di lui; poi, accostatasi al letto, afferrò la testa di lui per la chioma e disse: «Dammi forza, Signore Dio d'Israele, in questo momento». E con tutta la forza di cui era capace lo colpì due volte al collo e gli staccò la testa.
dal Libro di Giuditta

La Bibbia e il Vecchio Testamento solo un pretesto
e il generale Oloferne una trasfigurazione:
è di Agostino sguardo impotente di chi muore.

Lei, Giuditta/Artemisia, elegante come in un giorno di festa,
un prezioso ornamento pare anche l’elsa della spada.
Impassibile e austera, così è la giustizia,
a dispetto del sangue che zampilla
che inzuppa il materasso divenuto un’Ara sacrificale.

Non un omicidio è rappresentato nel dipinto,
ma due donne impegnate in un atto che deve essere compiuto.
Solo in due possono sopraffare la colpevole forza bruta
e solo loro, donne,  devono infierire sulla colpevole vittima.

Gli sguardi sono anch’essi lame insanguinate
di disprezzo, rivolte alla fronte del morente crtificandone il trapasso.
Nella teatralità del palcoscenico barocco è compiuta
la vendetta uno stupro: sul tavolo giace il mostro
la tagliente lama è nelle mani delle vittime quotidiane.
 

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