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2 novembre 2017

da Inno ad Artemide – Callimaco

Peter Paul Rubens - Diana e Callisto
da Inno ad Artemide – Callimaco

(…)
Ma quando una bambina con la mamma
si mostra poco docile, la madre
va a chiamare i Ciclòpi per la figlia,
Arge e Sterope. E allora viene avanti
dal fondo della casa Ermes spalmato
col nero della cenere. All'istante
si nasconde impaurita la bambina
nel seno della mamma, con le mani
davanti agli occhi. Tu, bambina, invece
anche la prima volta, benché avessi
solo tre anni, quando con te in braccio
giunse Letò (per presentarle i doni
Efesto l'invitava), poiché Bronte
sopra le sue ginocchia vigorose
a sedere ti mise, gli afferrasti
sul vasto petto un gran ciuffo di peli
e tirasti con forza. E ancora adesso,
proprio al centro del petto, gli rimane
senza peli una zona, come quando
s'insedia sulla testa l'alopecia
e devasta la chioma di qualcuno.
Allora, senza l'ombra di paura,
in questo modo ad essi si rivolse:
Ciclòpi, fabbricate anche per me,
suvvia, qualche arco dei Cidonii e i dardi
ed un concavo astuccio per le frecce.
Io pure sono figlia di Letò
come lo è Apollo. Se con l'arco a caccia
catturerò una belva solitaria
o un animale di grandezza immane,
i Ciclòpi l'avranno come pasto.
Dicesti, essi eseguirono, ti armasti
rapidamente, dea. Subito dopo
andavi alla ricerca della muta.
Ti recasti in Arcadia, nella grotta
dove dimora Pan. Carne di lince,
proveniente dal Ménalo, tagliava,
perché le cagne di recente parto
potessero nutrirsi. A te il barbuto
dette due cani bianchi per metà,
tre rossicci, uno a macchie, che al covile
i leoni perfino, ancora vivi,
all'indietro riversi, sanno trarre,
con le zanne piantate dentro il collo.
Sette cagne ti dette Cinosuridi,
più veloci del vento, rapidissime
i cerbiatti a rincorrere e la lepre
che non chiude mai gli occhi e a segnalare
dove ha il giaciglio il cervo e i covi l'istrice
e a guidare sulle orme del capriolo.
Di là partita (e i cani ti seguivano),
trovasti delle cerve che saltavano
sui valichi montani del Parrasio.
Qualcosa di grandioso: pascolavano
più maestose di tori, sempre a riva
del fiume Anauro dalla ghiaia nera
e riluceva l'oro delle corna.
(…)

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