Francesco Salviati, pallade atena tra la fortuna e la virtù
da Per il
bagno di Pallade – Callimaco
(…)
Molte
lacrime pure l'aspettavano
anche se per
Atena era l'amica
più cara al
cuore. Un giorno all'Ippocrène
che bella
scorre, sopra l'Elicona
si
bagnavano, avendo sciolto i pepli
dai
fermagli; sul monte era la pace
del
mezzogiorno, entrambe si bagnavano,
volgeva il
mezzogiorno e una gran pace
regnava su
quel monte. Con i cani
Tiresia,
solo, verso il luogo sacro
era diretto
e aveva sulle guance
da poco,
scura, l'ombra della barba.
In maniera
indicibile assetato
giunse
all'acqua corrente della fonte.
Sventurato!
Le cose non concesse
vide senza
volere. Gli rivolse,
benché
adirata, Atena la parola:
Qual demone
alla via pericolosa,
figlio di
Evèro, ti guidò, che gli occhi
non porterai
più indietro? Così disse
e notte
colse gli occhi del ragazzo.
Muto rimase,
ferme le ginocchia,
legate dal
disastro e non riusciva
a mandar
suono. Ma gridò la ninfa:
Cosa hai
fatto, signora, al figlio mio?
È questa
l'amicizia delle dèe!
Hai tolto
gli occhi al mio ragazzo! Figlio,
toccato
dalla sorte, il seno e i fianchi
di Atena hai
visti e non vedrai più il sole!
O me
infelice, o monte, o Elicona;
dove non
voglio mettere più piede,
molto in
cambio di poco hai guadagnato:
qualche
cerbiatto hai perso e qualche daino
e hai gli
occhi del ragazzo. Tra le
braccia
tenendo
stretto il figlio suo, la madre
pativa, con
un pianto disperato,
la sventura
del flebile usignolo.
Atena ebbe
pietà della compagna
e così le
parlò: Donna divina,
ritira
interamente ciò che hai detto,
in preda
all'ira: non per mio volere
tuo figlio è
cieco. Certo per Atena
non è cosa
piacevole strappare
gli occhi ai
fanciulli. Ma il decreto è questo
delle leggi
di Crono: chiunque scorga
uno degli
immortali, quando il dio
non lo
sceglie in persona, a grande prezzo
paghi il
vederlo. Non si può mutare,
donna
divina, ciò che è stato fatto,
poiché l'ha
predisposto in questo modo
il filo
delle Moire, nell'istante
in cui lo
generasti. Ora ricevi,
figlio di
Evèro, quanto ti è dovuto.
Ma la figlia
di Cadmo quante offerte
un giorno
brucerà, quante Aristeo!
E
imploreranno di vedere cieco
l'unico
figlio, il giovane Atteone.
E della
grande Artemide compagno
di corsa
egli sarà, ma né la corsa
né i tiri
d'arco insieme sopra i monti
lo
salveranno quando, non volendo,
vedrà il
grazioso bagno della dea.
Le stesse
cagne allora sbraneranno
il padrone
d'un tempo e andrà la madre
a
raccogliere le ossa di suo figlio
per tutti i
boschi e dirà ben felice
e fortunata
te che accogli il figlio
cieco dai
monti. Non far più lamenti
per lui,
compagna. Avrà da parte mia
numerosi
altri doni, grazie a te.
Lo renderò
profeta di gran fama,
tra gli
uomini futuri, più di ogni altro
sarà dotato
in modo prodigioso.
Conoscerà
gli uccelli, quale voli
con esito
propizio, quali invano,
quali con
ali infauste. Egli ai Beoti
darà molti
responsi, molti a Cadmo
ed ai grandi
Labdàcidi in futuro.
Un gran
bastone gli darò che i passi
gli guidi
nella giusta direzione
e una vita
che duri per molti anni.
E quando
morirà, solo, tra i morti
andrà
girando, ricco di saggezza,
onore per il
grande Agesilao.
Disse e
assentì col capo: ed è compiuto
ciò che
Pallade approva con un cenno,
poiché ad Atena,
sola tra le figlie,
tutti i
segni del padre dette Zeus.
Non una
madre partorì la dea,
ma la testa
di Zeus, o bagnatrici,
e la testa
di Zeus non dà un assenso
che non sia
vero...
Proprio ora
giunge Atena: voi, fanciulle,
a cui sta a
cuore Argo, ricevete
con l'elogio
la dea, con le preghiere
e con
profonde grida. Salve, dea,
prenditi
cura dell'Inachia Argo.
Salve a te
che conduci via lontano
e di nuovo
riporti i tuoi cavalli,
tutto il
suolo dei Danai custodisci!
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