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13 novembre 2017

Il paradiso perduto – Annette von Droste-Hulshoff

Gislebertus - Eva
Il paradiso perduto – Annette von Droste-Hulshoff

Quando il paradiso era ancora dischiuso
Alla prima coppia innocente,
La serpe non conosceva il veleno,
Né il cespuglio  le spine, né il leone o la tigre l’ira,
Lieto suonava il flauto degli usignoli;
Ogni sera Eva si addormentava
Presso un cespo di rose e la luce
Del suo incontaminato rossore
Si rifletteva sulla chiara corolla del fiore;
Allora le rose erano tutte bianche
E senza spine. – Cullata dall’olezzo della ghirlanda,
Che danzava luminosa sul suo capo,
Riposava la prima donna. Sprofondata in pensieri
Che, in embrione, già portavano il sigillo
Della divinità e già si aprivano all’amore,
Muovendo ali semiaperte di serafini.
Essa giaceva con il ramo stretto al petto,
Perché i fiori non venivano ancora colti.
Infine le ciglia si chiudevano dolcemente
E nei sogni si insinuava il paradiso;
Santa era la donna; chi l’avesse vista,
Non avrebbe pensato che era bella, ma
Pura come rugiada e specchio di Dio.

Anche la rosa sorride beata, ma quanto ancora?
Guardati, guardati dal serpente! –

E scese una sera greve e opaca,
Nessun refolo piegava i ventagli della palma,
Sul grigio orizzonte rumoreggiava
Il primo nembo, come un lembo d’Averno,
Sul cespuglio di rose cadde la prima lacrima
E lassù gemette l’usignolo tra i sospiri.
Come le sembrano roventi, duri i cuscini del muschio,
Come intriso di foschia il paradiso,
Come amaramente dolce il lamento dell’uccello!
Le sue guance come bruciano strane!
Stretto teneva il ramo di rose, stretto,
Come il naufrago stringe a sé il giunco
O il desiderio intenso afferra il dolce corpo.
Si è addormentata? – Finalmente la notte
Le ha portato pace, un sonno di piombo;
Lo scorrere della pioggia non l’ha destata,
Il rimbombo del tuono non la fece sobbalzare,
Solo i capelli svolazzavano nel fragore del vento.
E al suo petto tremavano le rose;
Stava dolorosamente mite, come un cadavere,
Per la prima volta, sembianza di morte nel sonno!
E quando al mattino sollevò le ciglia
E i rami dal petto allontanò convulsa,
Tutto lo splendore delle sue guance
Era fluito nella corolla dei fiori,
Ora dischiusi nel desiderio ardente,
Tutti aprenti al bacio la bocca rigogliosa;
Ed Eva cadde in ginocchio piangente,
Smunte le guance, punto il petto di spine.

Traduzione di Gio Batta Bucciol
Da “Poesia”  n. 29o, febbraio 2014. Crocetti Editore

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