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12 aprile 2018

da Addio alle armi - Ernest Hemingway

da Addio alle armi - Ernest Hemingway

Sul finire di quell'estate abitavamo in un villaggio dove di là dal fiume e dalla pianura si vedevano i monti. Nel letto del fiume ciottoli e ghiaia erano asciutti e bianchi nel sole e l'acqua correva limpida e azzurra nei canali. Passavano truppe accanto alla casa e proseguivano lungo la strada, la loro polvere copriva le foglie degli alberi. Anche i tronchi erano ricoperti di polvere, e le foglie caddero presto quell'anno; vedevamo truppe marciare lungo la strada sollevando nuvole di polvere e cadere le foglie agitate dal vento mentre passavano i soldati, e poi la strada nuda e bianca dove non c'erano foglie.
La pianura era ancora ricca di messi, aveva molti frutteti e in fondo salivano le montagne brune e aride. Si combatteva, lassù. Di notte scorgevamo le vampe dei cannoni. Parevano lampi di caldo nel buio, ma erano fresche le notti: non si aveva il senso dell'avvicinarsi di un temporale.
A volte, di notte, sentivamo marciare sotto la finestra, e passare cannoni trascinati da trattori. C'era sempre traffico di notte, muli lungo le strade con casse di munizioni in equilibrio dai due lati del basto, e grigi camion che portavano soldati ed altri camion carichi di materiale, coperti da tendoni, più lentamente incamminati nel traffico. E grossi cannoni passavano di giorno, rimorchiati dai trattori, le lunghe canne intrecciate di rami verdi mentre tralci di vite coprivano i trattori. Verso nord una foresta di castagni appariva in fondo a una valle, e poi saliva un'altra montagna, di qua del fiume. Si combattè‚ a lungo anche per essa ma senza successo; in  autunno, quando incominciarono le piogge, le foglie caddero dai castagni e i rami rimasero spogli, neri i tronchi dei castagni dentro la pioggia. Si spogliarono le viti e tutto il paese fu brullo, umido e morto nell'autunno. Banchi di nebbia stavano sul fiume e nuvole sulle montagne, e i camion schizzavano fango sulle strade. Passavano fangose e bagnate le truppe dentro i mantelli, umidi i fucili di pioggia, e di sotto i mantelli spuntavano sul davanti le giberne di cuoio, grigie giberne piene di pacchetti di caricatori con le loro cartucce lunghe e sottili, da 6,5 millimetri; sporgevano rigonfie e gli uomini marciavano come se fossero gravidi di sei mesi. Piccole automobili grigie passavano in fretta, un ufficiale, di solito, seduto accanto al guidatore ed altri dietro. Schizzavano ancora peggio dei camion e se uno degli ufficiali nel fondo era piccolissimo, seduto tra due generali, tanto piccolo da non poterne neppure vedere il viso ma solo la punta del berretto, e se la macchina correva ancora più in fretta,  probabilmente era il re. Abitava a Udine e quasi ogni giorno voleva vedere come andavano le cose, che andavano in verità molto male.
All'inizio dell'inverno non smise più di piovere. Venne il colera. Ma riuscirono a domarlo e non più che settemila uomini infine ne morirono, in tutto l'esercito.
(…)

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