Artwork by Timothy M. Parker
da “La bella estate” – Cesare Pavese
(…)
17
Ginia fissava la
fiamma sorridendo. Le corse un brivido giù per la schiena. Sentì i passi
leggeri di Amelia e la vide spuntare accanto a Guido, vicino alla finestra,
aggiustandosi la cintura. Le sorrise senza guardarla.
Ma sentì un altro
passo vicino al sofà. Fece per abbassare le braccia.
- Stai naturale, -
disse Guido.
- Come sei smorta, -
disse Amelia. - Non pensarci.
Ginia in quell'attimo
capì ogni cosa e fu tanto atterrita che non seppe voltarsi. Per tutto quel
tempo dietro la tenda c'era stato Rodrigues, che adesso era in mezzo alla stanza
e la guardava. Le parve persino di sentire il suo fiato. Si fissò nella fiamma
come una stupida e tremò dal midollo. Ma non seppe voltarsi.
Passò un lungo
silenzio. L'unico che muoveva la mano, era Guido. - Ho freddo, - balbettò Ginia
senza voce.
- Voltati, prendi la
giacchetta e copriti, - disse finalmente Guido.
- Poveretta, - disse
Amelia.
Allora Gina si voltò di
scatto, vide Rodrigues a bocca aperta, e afferrò la sua roba coprendosi.
Rodrigues, appoggiato con un ginocchio al sofà e chino in avanti, fece un «oh»
come un pesce e le fece una smorfia. - Non c'è male, - le disse, con la voce di
sempre.
Mentre tutti ridevano
e cercavano di consolarla, Ginia corse a piedi nudi alla tenda e si vestì
disperata. Nessuno la seguì là dietro. Ginia strappò la cintura delle mutandine
per fare più presto.
Poi rimase in piedi
nel buio, piena di ribrezzo per le lenzuola del letto sfatto. Fuori, tutti
tacevano.
- Ginia, - disse la
voce di Amelia, vicino alla tenda, - si può?
Ginia afferrò la
tenda e non rispose.
- Lasciala stare, -
disse la voce di Guido, - è una scema.
Allora Ginia cominciò
a piangere, in silenzio, attaccata alla tenda. Piangeva di cuore come quella
notte che Guido dormiva. Le pareva di non aver mai fatto altro con Guido che
piangere. E ogni tanto si fermava e diceva: «Ma perché non se ne vanno?» Le sue
scarpe e le sue calze erano rimaste vicino al sofà.
Piangeva da un pezzo,
e si sentiva tutta intontita quando la tenda si aprì bruscamente e Rodrigues le
tese le scarpe. Ginia le prese senza dir nulla e intravide appena la sua faccia
e lo studio. Capì in quel momento di aver fatta una stupidaggine e di esser
stata così spaventata che adesso anche gli altri non ridevano più. Si accorse
che Rodrigues era fermo davanti alla tenda.
Allora le prese una
paura folle che venisse Guido e la svergognasse senza pietà. Pensava «Guido è
un contadino e mi tratterà male. Che cosa ho fatto a non ridere». S'infilò calze
e scarpe.
Quando uscì fuori non
guardò Rodrigues. Non guardò nessuno. Intravide la testa di Guido dietro il
cavalletto e la neve sui tetti. Amelia si alzò dal sofà sorridendo. Ginia strappò
il soprabito dal sofà e nell'altra mano il cappello, aprì la porta e scappò
via.
Quando fu sola nella
neve le parve d'essere ancor nuda. Tutte le strade erano vuote, e non sapeva
dove andare. Tanto poco la volevano lassù, che non si erano neanche stupiti di
vederla a quell'ora. Si divertiva a pensare che l'estate che aveva sperato, non
sarebbe venuta mai più perché adesso era sola e non avrebbe mai più parlato a nessuno
ma lavorato tutto il giorno, e così la signora Bice sarebbe stata contenta. Un
bel mattino si accorse che chi ci aveva meno colpa era Rodrigues perché lui che
dormiva sempre fino a mezzogiorno l'avevano svegliato gli altri, e si capisce
che aveva guardato. «Se avessi fatto come Amelia, li avrei stupiti tutti.
Invece, io piangevo». Solo a pensarci, le tornavano le lacrime.
Ma Ginia non riusciva
a disperarsi davvero. Capiva di esser stata lei stupida. Tutta la mattina pensò
di ammazzarsi, o almeno di essersi presa la polmonite. Così sarebbe stata colpa
loro e avrebbero avuto rimorso. Ma ammazzarsi così non valeva la pena. Era lei
che aveva voluto far la donna e non c'era riuscita. Sarebbe stato come
ammazzarsi per essere entrata in un negozio di lusso. Quando si è stupide si
torna a casa. «Sono una povera disgraziata», diceva Ginia, rasentando i muri.
Quel pomeriggio le
fece piacere quando la signora Bice, solo a vederla, gridò: - Ma che vita fate,
voi ragazze. Hai una faccia che sembri incinta -. Le disse che al mattino aveva
avuto la febbre, e fu contenta che almeno si vedesse che soffriva. Ma tornando
a casa, si aggiustò per le scale con un po' di cipria, perché di Severino si
vergognava.
Quella sera aspettò
Rosa, aspettò Amelia, aspettò perfino Rodrigues, decisa a chiudere la porta in
faccia a chiunque fosse. Non venne nessuno. Severino, per farle rabbia, le gettò
in tavola un paio di calze strappate chiedendole se voleva mandarlo scalzo. -
Starà fresco quel merlo che ti sposa, le disse. - Ci fosse mamma, vedresti. -
Ginia ridendo e con gli occhi rossi, gli rispose che, piuttosto di sposarsi, si
ammazzava. Quella sera non lavò i piatti. Si mise invece davanti alla porta in
ascolto. Poi passeggiò per la cucina, e non andava alla finestra, per non
vedere i tetti bianchi di neve. Trovò delle sigarette in una tasca di Severino e
si mise a fumarne una S'accorse che ci riusciva e allora si buttò sul sofà
respirando come avesse la febbre, e decise da domani di fumare.
Il sollievo che Ginia
in quei giorni provò, di non dover più correre per fare ogni cosa, le faceva
rabbia, perché ormai aveva imparato a sbrigarsi alla svelta e le restava tanto tempo
da pensare. Fumare non bastava, perché avrebbe tanto voluto che qualcuno la
vedesse, e adesso neanche Rosa non veniva più a cercarla. Era terribile la
sera, quando se ne andava Severino, e Ginia aspettava aspettava qualcuno, senza
decidersi a uscire. Provò un brivido una volta, come una carezza, spogliandosi
per andare a letto, e allora si mise davanti allo specchio, si guardò senza
paura e alzò le braccia sul capo, girandosi adagio, col cuore in gola. «Ecco, se
adesso entrasse Guido, che cosa direbbe?» si chiedeva, e sapeva benissimo che
Guido a lei non ci pensava nemmeno. «Neanche l'addio ci siamo dati», balbettò,
e corse a letto per non piangere nuda.
In certi momenti, per
le strade, Ginia si fermava perché di colpo sentiva persino il profumo delle
sere d'estate, e i colori e i rumori e l'ombra dei platani. Ci pensava in mezzo
al fango e alla neve, e si fermava sugli angoli col desiderio in gola. «Verrà
sicuro, le stagioni ci sono sempre, - ma le pareva inverosimile proprio adesso
ch'era sola. - Sono una vecchia, ecco cos'è. Tutto il bello è finito».
E una sera che
tornava a casa in fretta, incontrò Amelia sul portone Fu un incontro brusco e
non si salutarono, ma Ginia si fermò. Amelia con la veletta e tutto,
passeggiava aspettando. - Che cosa fai? - Aspetto Rosa, - disse Amelia tutta
rauca, e si guardarono. Allora Ginia fece una faccia, e scappò su per le scale.
- Che cos'hai questa
sera ? - le diceva Severino mangiando. - Ti hanno dato un cane?
Quando fu sola, Ginia
cominciò a disperarsi davvero. Non piangeva nemmeno. Girava per la stanza come
una matta Poi si buttò sul sofà.
Invece proprio quella
sera venne Amelia. Ginia, quando le aprì, non ci credeva. Ma Amelia entrò come
al solito, chiese se c'era Severino, e andò a sedersi sul sofà.
Ginia non si ricordò
di fumare. Parlarono di quel che facevano, adagio, tanto per dire qualcosa.
Amelia s'era tolto il cappello e stava con le gambe accavallate, e Ginia
appoggiata al tavolo, vicino alla lampada abbassata, non le vedeva la faccia.
Parlarono del gran freddo e Amelia disse:
- Quanto ne ho preso,
stamattina.
- Sei sempre in cura?
- chiese Ginia.
- Perché? sono
cambiata?
- Non so, - disse
Ginia.
Amelia chiese da
fumare: sul tavolo c'era il pacchetto.
- Fumo anch'io, -
disse Ginia.
Mentre accendevano,
Amelia disse: - Ti è passata?
Allora Ginia arrossì
tutta e non rispose. Amelia si guardò la sigaretta e disse: - Credevo.
- Vieni di là? -
balbettò Ginia.
- Non ha importanza,
- disse Amelia buttando le gambe e alzandosi. - Vuoi che andiamo al cinema?
Mentre finivano la
sigaretta, Amelia disse ridendo: - Hai fatto colpo su Rodrigues. Voleva sapere
se mi piaci. Guido adesso è geloso di lui -. E mentre Ginia cercava di sorridere,
continuò: - Sono contenta perché questa primavera sarò guarita. Quel tuo medico
dice che mi ha preso in tempo. Senti, Ginia, al cinema non c'è niente di bello.
- Andiamo dove vuoi,
- disse Ginia, - conducimi tu.
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