14 aprile 2018

da “La bella estate” – Cesare Pavese

Artwork by Timothy M. Parker
da “La bella estate” – Cesare Pavese

(…)
17
Ginia fissava la fiamma sorridendo. Le corse un brivido giù per la schiena. Sentì i passi leggeri di Amelia e la vide spuntare accanto a Guido, vicino alla finestra, aggiustandosi la cintura. Le sorrise senza guardarla.
Ma sentì un altro passo vicino al sofà. Fece per abbassare le braccia.
- Stai naturale, - disse Guido.
- Come sei smorta, - disse Amelia. - Non pensarci.
Ginia in quell'attimo capì ogni cosa e fu tanto atterrita che non seppe voltarsi. Per tutto quel tempo dietro la tenda c'era stato Rodrigues, che adesso era in mezzo alla stanza e la guardava. Le parve persino di sentire il suo fiato. Si fissò nella fiamma come una stupida e tremò dal midollo. Ma non seppe voltarsi.
Passò un lungo silenzio. L'unico che muoveva la mano, era Guido. - Ho freddo, - balbettò Ginia senza voce.
- Voltati, prendi la giacchetta e copriti, - disse finalmente Guido.
- Poveretta, - disse Amelia.
Allora Gina si voltò di scatto, vide Rodrigues a bocca aperta, e afferrò la sua roba coprendosi. Rodrigues, appoggiato con un ginocchio al sofà e chino in avanti, fece un «oh» come un pesce e le fece una smorfia. - Non c'è male, - le disse, con la voce di sempre.
Mentre tutti ridevano e cercavano di consolarla, Ginia corse a piedi nudi alla tenda e si vestì disperata. Nessuno la seguì là dietro. Ginia strappò la cintura delle mutandine per fare più presto.
Poi rimase in piedi nel buio, piena di ribrezzo per le lenzuola del letto sfatto. Fuori, tutti tacevano.
- Ginia, - disse la voce di Amelia, vicino alla tenda, - si può?
Ginia afferrò la tenda e non rispose.
- Lasciala stare, - disse la voce di Guido, - è una scema.
Allora Ginia cominciò a piangere, in silenzio, attaccata alla tenda. Piangeva di cuore come quella notte che Guido dormiva. Le pareva di non aver mai fatto altro con Guido che piangere. E ogni tanto si fermava e diceva: «Ma perché non se ne vanno?» Le sue scarpe e le sue calze erano rimaste vicino al sofà.
Piangeva da un pezzo, e si sentiva tutta intontita quando la tenda si aprì bruscamente e Rodrigues le tese le scarpe. Ginia le prese senza dir nulla e intravide appena la sua faccia e lo studio. Capì in quel momento di aver fatta una stupidaggine e di esser stata così spaventata che adesso anche gli altri non ridevano più. Si accorse che Rodrigues era fermo davanti alla tenda.
Allora le prese una paura folle che venisse Guido e la svergognasse senza pietà. Pensava «Guido è un contadino e mi tratterà male. Che cosa ho fatto a non ridere». S'infilò calze e scarpe.
Quando uscì fuori non guardò Rodrigues. Non guardò nessuno. Intravide la testa di Guido dietro il cavalletto e la neve sui tetti. Amelia si alzò dal sofà sorridendo. Ginia strappò il soprabito dal sofà e nell'altra mano il cappello, aprì la porta e scappò via.
Quando fu sola nella neve le parve d'essere ancor nuda. Tutte le strade erano vuote, e non sapeva dove andare. Tanto poco la volevano lassù, che non si erano neanche stupiti di vederla a quell'ora. Si divertiva a pensare che l'estate che aveva sperato, non sarebbe venuta mai più perché adesso era sola e non avrebbe mai più parlato a nessuno ma lavorato tutto il giorno, e così la signora Bice sarebbe stata contenta. Un bel mattino si accorse che chi ci aveva meno colpa era Rodrigues perché lui che dormiva sempre fino a mezzogiorno l'avevano svegliato gli altri, e si capisce che aveva guardato. «Se avessi fatto come Amelia, li avrei stupiti tutti. Invece, io piangevo». Solo a pensarci, le tornavano le lacrime.
Ma Ginia non riusciva a disperarsi davvero. Capiva di esser stata lei stupida. Tutta la mattina pensò di ammazzarsi, o almeno di essersi presa la polmonite. Così sarebbe stata colpa loro e avrebbero avuto rimorso. Ma ammazzarsi così non valeva la pena. Era lei che aveva voluto far la donna e non c'era riuscita. Sarebbe stato come ammazzarsi per essere entrata in un negozio di lusso. Quando si è stupide si torna a casa. «Sono una povera disgraziata», diceva Ginia, rasentando i muri.
Quel pomeriggio le fece piacere quando la signora Bice, solo a vederla, gridò: - Ma che vita fate, voi ragazze. Hai una faccia che sembri incinta -. Le disse che al mattino aveva avuto la febbre, e fu contenta che almeno si vedesse che soffriva. Ma tornando a casa, si aggiustò per le scale con un po' di cipria, perché di Severino si vergognava.
Quella sera aspettò Rosa, aspettò Amelia, aspettò perfino Rodrigues, decisa a chiudere la porta in faccia a chiunque fosse. Non venne nessuno. Severino, per farle rabbia, le gettò in tavola un paio di calze strappate chiedendole se voleva mandarlo scalzo. - Starà fresco quel merlo che ti sposa, le disse. - Ci fosse mamma, vedresti. - Ginia ridendo e con gli occhi rossi, gli rispose che, piuttosto di sposarsi, si ammazzava. Quella sera non lavò i piatti. Si mise invece davanti alla porta in ascolto. Poi passeggiò per la cucina, e non andava alla finestra, per non vedere i tetti bianchi di neve. Trovò delle sigarette in una tasca di Severino e si mise a fumarne una S'accorse che ci riusciva e allora si buttò sul sofà respirando come avesse la febbre, e decise da domani di fumare.
Il sollievo che Ginia in quei giorni provò, di non dover più correre per fare ogni cosa, le faceva rabbia, perché ormai aveva imparato a sbrigarsi alla svelta e le restava tanto tempo da pensare. Fumare non bastava, perché avrebbe tanto voluto che qualcuno la vedesse, e adesso neanche Rosa non veniva più a cercarla. Era terribile la sera, quando se ne andava Severino, e Ginia aspettava aspettava qualcuno, senza decidersi a uscire. Provò un brivido una volta, come una carezza, spogliandosi per andare a letto, e allora si mise davanti allo specchio, si guardò senza paura e alzò le braccia sul capo, girandosi adagio, col cuore in gola. «Ecco, se adesso entrasse Guido, che cosa direbbe?» si chiedeva, e sapeva benissimo che Guido a lei non ci pensava nemmeno. «Neanche l'addio ci siamo dati», balbettò, e corse a letto per non piangere nuda.
In certi momenti, per le strade, Ginia si fermava perché di colpo sentiva persino il profumo delle sere d'estate, e i colori e i rumori e l'ombra dei platani. Ci pensava in mezzo al fango e alla neve, e si fermava sugli angoli col desiderio in gola. «Verrà sicuro, le stagioni ci sono sempre, - ma le pareva inverosimile proprio adesso ch'era sola. - Sono una vecchia, ecco cos'è. Tutto il bello è finito».
E una sera che tornava a casa in fretta, incontrò Amelia sul portone Fu un incontro brusco e non si salutarono, ma Ginia si fermò. Amelia con la veletta e tutto, passeggiava aspettando. - Che cosa fai? - Aspetto Rosa, - disse Amelia tutta rauca, e si guardarono. Allora Ginia fece una faccia, e scappò su per le scale.
- Che cos'hai questa sera ? - le diceva Severino mangiando. - Ti hanno dato un cane?
Quando fu sola, Ginia cominciò a disperarsi davvero. Non piangeva nemmeno. Girava per la stanza come una matta Poi si buttò sul sofà.
Invece proprio quella sera venne Amelia. Ginia, quando le aprì, non ci credeva. Ma Amelia entrò come al solito, chiese se c'era Severino, e andò a sedersi sul sofà.
Ginia non si ricordò di fumare. Parlarono di quel che facevano, adagio, tanto per dire qualcosa. Amelia s'era tolto il cappello e stava con le gambe accavallate, e Ginia appoggiata al tavolo, vicino alla lampada abbassata, non le vedeva la faccia. Parlarono del gran freddo e Amelia disse:
- Quanto ne ho preso, stamattina.
- Sei sempre in cura? - chiese Ginia.
- Perché? sono cambiata?
- Non so, - disse Ginia.
Amelia chiese da fumare: sul tavolo c'era il pacchetto.
- Fumo anch'io, - disse Ginia.
Mentre accendevano, Amelia disse: - Ti è passata?
Allora Ginia arrossì tutta e non rispose. Amelia si guardò la sigaretta e disse: - Credevo.
- Vieni di là? - balbettò Ginia.
- Non ha importanza, - disse Amelia buttando le gambe e alzandosi. - Vuoi che andiamo al cinema?
Mentre finivano la sigaretta, Amelia disse ridendo: - Hai fatto colpo su Rodrigues. Voleva sapere se mi piaci. Guido adesso è geloso di lui -. E mentre Ginia cercava di sorridere, continuò: - Sono contenta perché questa primavera sarò guarita. Quel tuo medico dice che mi ha preso in tempo. Senti, Ginia, al cinema non c'è niente di bello.
- Andiamo dove vuoi, - disse Ginia, - conducimi tu.

 

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