29 settembre 2022
Ruota il vento, ruota il vento - Fernando Pessoa
Cos'è nella sera - Fernando Pessoa
Tempo in proroga - e.m.
Io sono Hamed - e.m.
Enzo Montano - Vara - Estate
21 settembre 2022
La sinistra - e.m.
La sinistra - e.m.
«La sinistra italiana è morta. Non
lo ammettiamo perché si apre un vuoto che la vita politica quotidiana non
ammette. Possiamo sempre consolarci con elezioni parziali o con una
manifestazione rumorosa. Ma la sinistra rappresentativa, quercia rotta e margherita
secca e ulivo senza tronco, è fuori scena. Non sono una opposizione e una
alternativa e neppure una alternanza, per usare questo gergo. Hanno raggiunto
un grado di subalternità e soggezione non solo alla politica della destra ma al
suo punto di vista e alla sua mentalità nel quadro internazionale e interno».
Luigi
Pintor – dal suo ultimo editoriale per “il Manifesto”
“Quanto più la classe dominante è
capace di assorbire gli elementi migliori della classe oppressa, tanto più
solido e pericoloso è il suo dominio”
“La maggior parte dei sudditi crede di essere
tale perché il re è il Re, non si rende conto che in realtà è il re che è Re
perché essi sono sudditi.”
“Le idee dominanti di un'epoca sono
sempre state soltanto le idee della classe dominante.”
Karl
Marx
Sono comunista! Urlo di essere orgogliosamente comunista più forte che posso. Sono di sinistra per storia, formazione e convinzione. Sono orgogliosamente comunista e lo rivendico. Ripudio, perciò, il tentativo di accantonare il comunismo nel novero dei termini obsoleti. Ripudio il tentativo di far passare il comunismo come il male e il capitalismo fondato sul profitto come il bene e come l’unico sistema possibile. Ripudio il tentativo reazionario e semplicistico di circoscrivere l’idea del comunismo al cosiddetto “comunismo reale” poiché i regimi dittatoriali di stampo fascista, compresi quelli nascosti dietro la bandiera rossa, sono lontanissimi dall’idea professata da milioni di donne e di uomini. Sono comunista perché dello stalinismo non condivido nemmeno una virgola e perché Stalin è il dittatore che ha sterminato intere generazioni di comunisti. Sono anche convinto, per contro, che la rivoluzione russa non si può ridurre alla narrazione che fa dell’URSS l’impero del male. Sarebbe la stessa cosa, altrettanto semplicistica e fuorviante, se affermassi che la democrazia statunitense si fonda sullo sterminio di intere popolazioni indigene usurpandone i territori e cancellandone la storia oppure quella che ha cancellato le popolazioni di intere città come Hiroshima e Nagasaki o, più recentemente, Falluja; nemmeno sarebbe corretto dire che la democrazia statunitense è solo quella del disastro afgano. Sarebbe poco onesto affermare che la destra è solo quella di Hitler, Mussolini, Francisco Franco, Salazar, Pinochet, Videla, ecc. E sarebbe falso sovrapporre il vasto mondo dell’Islam al terrorismo. La storia e i fenomeni del secolo scorso, e di questo, sono ben più complessi di una frase buttata lì da un commentatore televisivo o scritta da un editorialista in un articolo di fondo. I fenomeni vanno studiati e approfonditi in ogni sfaccettatura altrimenti si fa del qualunquismo confusionario. Il comunismo è un’idea, un’idea meravigliosa della convivenza della società, le idee non muoiono e nemmeno si possono sopprimere. Il comunismo è un sogno e per realizzare i sogni bisogna saper sognare. Sono comunista e voglio urlarlo con orgoglio!
Paese allucinato. Resto allibito di fronte ad affermazioni tipo quelle dell’esimio giornalista Paolo Mieli che vede comunisti e barbari ovunque senza mai scorgere i fascisti e i razzisti: “La realtà è che Letta nel Pd comanda per modo di dire… perché comanda ancora un nucleo che ha le proprie radici culturali nella storia e negli ideali della rivoluzione d’ottobre”. Mi chiedo come si possano affermare tali idiozie. Ma ormai poco mi stupisco giacché stampa e televisione sono divenute la cassa di risonanza di una narrazione di una realtà inesistente, che tende a riscrivere la storia a proprio piacimento e vantaggio, che fa dell’Italia una nazione di allucinati, di anestetizzati da dosi massicce di disinformazione comminate quotidianamente.
Superficialità.
Gli opinionisti, i giornalisti, i conduttori, i politici che parlano in
televisione, o scrivono sui giornali lo fanno come se loro fossero i migliori,
i depositari di ogni verità e con soluzioni pronte per ogni necessità. È,
questo, un atteggiamento ricorrente degli assertori della superiorità dell’Occidente.
Si ha la presunzione di essere il centro del mondo e di essere sempre nella
parte del giusto tralasciando la comprensione della storia e le ragioni del
resto del mondo. Si parla mai degli ideali della rivoluzione di ottobre e di
quello che era la Russia zarista? Si parla mai delle grandi civiltà
dell’Oriente? Ci si sforza di capire la complessità di un grande Paese come la
Cina? Si scava a fondo sulle ragioni per le quali in vaste aree del pianeta si
muore ancora di fame? Ci chiediamo il perché delle guerre continue e del perché
alcune ci interessano e altre no? Ecco, l’essere di sinistra è anche avere uno
sguardo lungo e ampio, è avere la curiosità dello studio, è parlare del mondo
come se fosse una cosa sola, è comprendere e mettere a nudo le innumerevoli
contraddizioni del capitalismo. Parola desueta? No! Il sistema che regola,
oggi, l’esistenza dei popoli del mondo si chiama capitalismo, si chiama
mercato, si chiama profitto, si chiama accumulazione della ricchezza da parte
di un numero sempre più ristretto di persone.
Esimi giornalisti con le bretelle rosse o no, con la erre moscia o no; esperti economisti o no e presuntuosi imprenditori, molti di essi grazie a concessioni statali pagate meno di un piatto di lenticchie, parlano di “mercato” quasi fosse un’entità suprema e neutrale, come se non fosse un sistema regolato dai grandi capitali, estraneo alla quasi totalità della popolazione mondiale. Il “mercato” ci viene raccontato come fosse un grande padre misericordioso che se va bene offre benessere a tutti. Nella realtà il mercato è una partita giocata solo dai ricchi. Naturalmente vince il più forte, e il più forte è chi ha più soldi. Come sempre e i deboli sono sopraffatti e se non hanno un loro partito, come adesso, sono sconfitti facilmente. Ebbene io sono comunista e ripudio il sistema capitalista, ripudio il libero mercato, ripudio il profitto a danno dei deboli, ripudio l’accumulo di ricchezze sconsiderate, ripudio la povertà e anche la carità quale lavacro delle coscienze dei ricchi.
Pd
di sinistra? Con imperturbabile nonchalance molti politici, commentatori, giornalisti, opinionisti,
analisti e lacchè tuttofare e tuttodire parlano di sinistra riferendosi a
quell’agglomerato informe e mutevole chiamato Partito democratico la cui unica
certezza sembra sia diventata quella di prostrarsi al grande economista, al
tecnocrate iperliberista e attuale presidente del consiglio e chi non lo fa è
un traditore. Niente di più sbagliato! Sfido chiunque a dimostrare che la
maggioranza dei dirigenti di quel partito: Letta, Franceschini (quello di tutte
le stagioni), Serracchiani, Delrio, Malpezzi, Ascani, Guerini, Boccia, Carbone
(quello del ciaone), Bonafè, Marcucci, Lotti, il presuntuoso Bonaccini; oppure
candidati al parlamento come Casini, Cottarelli, Furlan, Di Maio (seggio
blindato) ecc. abbiano qualcosa in comune con la Sinistra. Nessuno potrà
dimostrarlo perché, se va bene, si tratta di esponenti di centro. Certamente
sono liberisti, ancor più certa è la loro abissale lontananza dai principi
della socialdemocrazia. D’altra parte il Pd, a suo tempo, tra la possibilità di
nuove elezioni e quella di un governo guidato da un altro grande economista
scelse la seconda; scelse di far parte del governo Monti. Di quel periodo non
si conserva un buon ricordo, non furono varati provvedimenti in favore dei meno
abbienti, dei pensionati o dei lavoratori. Stessa scelta compiuta di recente
con l’ingresso nel governo di un altro tecnico e con la sua difesa a oltranza.
“L'economista è un rappresentante ideologico del capitalista.” afferma Karl
Marx nei suoi “Manoscritti economico. Filosofici del 1844”, come dargli torto.
Sono comunista! La fantomatica agenda
Draghi è lontanissima dalla sinistra e dal mio pensiero politico. E, lo dico
con dolore, il Pd non può essere di sinistra e nel contempo sventolare la
mitologica agenda Draghi.
Assenza della sinistra. È doloroso ammetterlo ma in Italia il pensiero di una sinistra strutturata, il partito capace di rappresentare le istanze dei lavoratori, dei pensionati, dei precari, dei deboli, degli ultimi sono morti nei giorni della Bolognina nel novembre del 1989. L’assenza di un partito della sinistra, dei partiti strutturati, più in generale, ha causato la destrutturazione della democrazia. L’illusione di fare della televisione e dei social media i soli luoghi della politica sottraendola a sezioni, strade, piazze, periferie, luoghi di lavoro ha lasciato campo libero alle destre, al populismo, al qualunquismo, al razzismo, al proto fascismo. E in effetti siamo scivolati, in pochi anni, in una realtà simile a quella che precedette il fascismo. Sicuramente non ritornerà la dittatura del ventennio, ma una sorta di egemonia culturale pericolosa in grado di monopolizzare l’informazione e determinare le scelte del parlamento, stravolgimento della Costituzione compresa, si. Non ci scandalizzi, per favore per il parallelismo tra la situazione attuale e il periodo che precedette l’avvento del fascismo; si vadano a studiare a riguardo le analisi di Antonio Gramsci e gli scritti di eminenti intellettuali viventi. Certo, sono passati cento anni da allora, e dopo un secolo le cose non possono accadere nel medesimo modo come una sorta di fotocopia della storia ma non si può negare una certa preoccupazione da parte di molti. Forse sarà per questo che il segretario del Pd sottolinea (tardivamente e dopo averla favorita con scelte scellerate) il pericolo della vittoria della destra nella imminente tornata elettorale.
Il malinteso chiamato Pd. Per contrastare l’onda montante di razzismo proto fascista e aprire un fronte contro i pericoli di una destra che affonda nel fascismo le proprie radici bisognerebbe tornare a fare la politica come la stessa richiede: tesseramento, militanza, discussione, confronto, incontri con la cittadinanza, selezione di una classe dirigente, condivisione degli obiettivi politici, lavoro di squadra. Tutto il resto sono scorciatoie dannose oltre che inutili, come insegna la storia recente che ha condotto la grande aree politico-culturale della sinistra italiana all’irrilevanza, a non essere rappresentata, all’astensione oppure a un voto dato per inerzia. Quel partito non c’è. Il partito che avrebbe dovuto svolgere quella funzione nel centrosinistra italiano ha dissipato la sua forza, ha disperso patrimoni di idee, di persone di voti. Ha vanificato l’entusiasmo di centinaia di migliaia di giovani. E non sono sufficienti (spesso sono dannose) le comparsate nei talk show di dirigenti improbabili, inadeguati, impreparati, contraddittori. Dirigenti, il più delle volte parlamentari non per meriti ma per nomina da parte di un capo clan. La proposta politica non può essere il continuo inseguimento a Giorgia Meloni, alle sue parole, agli slogan funzionali a mantenere viva l’attenzione del proprio elettorato. Non può essere solo il parlare delle contraddizioni della Lega di Matteo Salvini o di Silvio Berlusconi. Non può essere la continua demonizzazione di Giuseppe Conte colpevole nientepopodimeno di non aver votato al senato (voto per altro ininfluente) la fiducia al migliore. È poi una colpa difendere i capisaldi del proprio programma elettorale dai continui attacchi? La campagna elettorale non può essere il continuo richiamo al “voto utile” per l’ennesima volta. Utile per cosa? Tanti voti “utili” hanno consentito per anni e anni la permanenza al governo della presunta sinistra con il risultato di far crescere a dismisura le destre con la prospettiva di avere un governo della destra razzista e proto fascista dopo il 25 settembre. L’unica scelta sensata per evitare un governo di destra sarebbe stata un’alleanza elettorale con il Movimento 5 stelle. Se il Pd ha scelto altro e non c’è voto utile che tenga. La colpa della sconfitta sarà solo sua.
Vorrei un partito di sinistra. Vorrei il Pd raccogliesse l’eredità della grande tradizione dei partiti di massa, ma sarebbe troppo lunga la lista delle scelte inopportune o completamente sbagliate fatte in nome della sinistra nel passato recente ma tutti è chiaro lo stato della sinistra di oggi (o centrosinistra o campo largo o campo stretto): un pugile suonato, messo nell’angolo, incapace di reagire ai fendenti che arrivano da tutte le parti, tranne che dall’establishment. C’è una perdurante assenza dai territori, dalle periferie, dai luoghi di lavoro, le sezioni quasi sempre chiuse, sono abolite le assemblee e gli incontri pubblici, nessun confronto con la realtà, partito senza una struttura politica capace di contare, candidati nominati dalle oligarchie, senza mai uno sforzo di generosità verso l’esterno. La conseguenza è quella di aver ridotto il parlamento a un “accampamento” di persone senza qualità. Si aggiunga la quasi estraneità al mondo della cultura, quella cultura che per il Partito Comunista Italiano costituiva leva essenziale per la crescita del partito e dell’intera società. Chi è il responsabile della cultura del Pd? Ce n’è uno? Se c’è non se ne avverte la presenza. E non basta dire “ci proviamo” di fronte alle critiche, non basta arroccarsi nei palazzi del potere. No, non basta essere forza di governo se si perde ogni legame con la realtà, se non si creano dei gruppi dirigenti, anche qui sarebbe opportuno rileggere Gramsci quando parla di partito e della sua organizzazione. I gruppi dirigenti dei partiti sono morti perché sostituiti dai rappresentanti nelle istituzioni. Il peggiore errore che si potesse fare lo si è fatto sistematicamente solo per la conservazione della poltrona. Sovrapporre il livello politico con le rappresentanze istituzionali ha desertificato le sezioni fino all’inattività o le ha trasformate in sedi di comitati elettorali del capo clan di turno. Il Pd analogamente all’intero centrosinistra appare come quel pugile suonato, che dovrebbe reagire con forza invece resta immobile: perde quando governa e anche quando è all’opposizione (si fa per dire). È incapace di qualsiasi reazione univoca. Ognuno ha una propria linea. Ognuno spara a vanvera il suo “Ciaone”, Ognuno dissemina la sua dose di arrogante sconfitto e perdente, ognuno si sente in dovere di svuotare le tasche delle verità solo a loro visibili.
Per
concludere. Vorrei una sinistra, orgoglioso di essere
sinistra. Vorrei un partito capace di parlare di sentimenti, uguaglianza,
solidarietà, giustizia, diritti, difesa dell’ambiente. Vorrei una sinistra
capace di parlare al cuore. Vorrei una sinistra che candidasse i migliori,
coloro di difendere e attuare la Costituzione. La sinistra Italiana ha per lungo
tempo, infatti, avuto come guida la Costituzione, germogliata dalla lotta
partigiana, dove i nostri padri costituenti avevano descritto un sogno.
Purtroppo quel sogno è andato in frantumi per l’insipienza e la pochezza dei
leader della sinistra di oggi. Gli altri, le destre, sono nemici dichiarati del
sogno descritto nelle pagine meravigliose della Costituzione perciò difenderla
è compito della sinistra.
Sono comunista! Urlo di esserlo più
forte che posso.
16 settembre 2022
Estate - e.m.
14 settembre 2022
Stampa e propaganda e.m.
“Io non sono mai stato un giornalista professionista che vende la sua penna a chi gliela paga meglio e deve continuamente mentire perché la menzogna entra nella sua qualifica professionale. Sono stato un giornalista liberissimo, sempre di una sola opinione, e non ho mai dovuto nascondere profonde convinzioni per far piacere a dei padroni o manutengoli”Antonio Gramsci, lettera a Tatiana Schucht - ottobre 1931“Lei si preoccupa di quello che pensa la gente? Su questo argomento posso illuminarla, io sono un'autorità su come far pensare la gente. Ci sono i giornali per esempio, sono proprietario di molti giornali da New York a San Francisco.”Charles foster Kane (Orson Welles) - Quarto potere (Citizen Kane) di Orson Wells“È la stampa, bellezza! La stampa! E tu non ci puoi far niente! Niente!"Ed Hutchinson - (Humphrey Bogart) - L’ultima minaccia (Deadline) di Richard BrooksE io a lui: "Chi son li due tapini / che fumman come man bagnate ’l verno, giacendo stretti a’ tuoi destri confini?". // "Qui li trovai - e poi volta non dierno -", / rispuose, "quando piovvi in questo greppo, / e non credo che dieno in sempiterno. // L’una è la falsa ch’accusò Gioseppo; / l’altr’è ’l falso Sinon greco di Troia: / per febbre aguta gittan tanto leppo".Divina Commedia, Inferno canto XXX, vv 91,99
4 settembre 2022
La guerra - (à la guerre comme à la guerre) - e.m.
La guerra - (à la guerre comme à la guerre) - e.m.
“Per fare la pace ci vuole
coraggio, molto di più che per fare la guerra. Ci vuole coraggio per dire sì
all'incontro e no allo scontro; sì al dialogo e no alla violenza; sì al
negoziato e no alle ostilità; sì al rispetto dei patti e no alle provocazioni;
sì alla sincerità e no alla doppiezza. Per tutto questo ci vuole coraggio,
grande forza d’animo.”
Papa
Francesco
“Sono semplicemente contrario a
ridurre la complessità alla distinzione tra i buoni e i cattivi, senza
ragionare su radici e interessi, che sono molto complessi.”
Papa
Francesco
“Ma il pericolo è che vediamo solo
questo, che è mostruoso, e non vediamo l’intero dramma che si sta svolgendo
dietro questa guerra, che è stata forse in qualche modo o provocata o non
impedita. E registro l’interesse di testare e vendere armi. È molto triste, ma
in fondo è proprio questo a essere in gioco”.
Papa
Francesco
À la guerre comme à la guerre.
Siamo in guerra, tutti siamo in guerra per decisione di una piccola oligarchia.
Tutti siamo in guerra per narrazione di una stampa prona al potere. Tutti siamo
in guerra e chi osa fare una piccola obiezione al pensiero unico è un
traditore, un pusillanime, un amico di Putin, un pacifista da divano (come se
loro, i guerrafondai, fossero lì tutti combattere al fronte sotto le bombe).
À la guerre comme à la guerre.
E giù trasmissioni quotidiane da mattina a sera con professori di chissà che e
chissà dove, strateghi sconosciuti, strateghi da scrivania, opinionisti
tuttologi e direttori di giornali capaci di acrobatiche piroette dialettiche a
raccontare di una guerra di cui sanno poco o niente, al pari di un comune
cittadino capace di leggere un giornale qualsiasi. Però che siano tutti
commentatori favorevoli al pensiero
unico leccalecca, guai a divergere da esso, sarebbe propaganda putiniana.
Chissà come va interpretata la messa in onda dello sceneggiato con protagonista
l’attore comico prima che diventasse presidente con la t-shirt d’ordinanza.
À la guerre comme à la guerre.
E l’immagine di un palazzo bombardato diventa indicibile orrore per la
giornalista conduttrice dalla voce rotolante che finge disgusto mentre si
sistema la messa in piega in favore di telecamera: “sono immagini che parlano
da sole” come se vedesse immagini di guerra per la prima volta, come se la
guerra fosse un concorso floreale o una sfilata di moda “modello numero 4, Giuditta”. Chissà che faccia avrebbe fatto
guardando le immagini di Sabra e Chatila o dell’Iran Bombardato per vent’anni o
dell’Iraq dopo un lancio a tappeto di bombe intelligenti contenenti democrazia.
À la guerre comme à la guerre.
E meno male che abbiamo il grande presidente del consiglio, il superpotente
premier, il super eroe capace di mettere d’accordo tutti e guidare il paese in
un momento tanto difficile. Ma che dico, lui l’unica guida possibile in questo
frangente infausto dell’Europa, del mondo, della galassia, dell’universo, ma
anche capace di vincere gli europei, Wimbledon, le olimpiadi, di saltare più in
alto di tutti e di tagliare il traguardo di qualsiasi arrivo, di guidare la
Juventus e di fare anche il centravanti, di dirigere la Ferrari e di pilotare
anche l’auto di formula uno e vincere finalmente il mondiale piloti e
costruttori. Guai ad esprimere un solo dubbio sulle competenze dell’immenso.
Guai a contestare le sue capacità politiche, economiche, diplomatiche,
strategiche, atletiche, stratosferiche, etiche, anestetiche, dietetiche,
magnetiche.
À la guerre comme à la guerre.
E via sanzioni a tutto spiano al nemico criminale. Inaudito sterminatore di
democrazie e stati sovrani al pari degli invasori di Iraq, Libia, Afganistan,
Kosovo, Palestina e di sterminatori di curdi e Yemeniti… ehm…, no, quelli sono i
buoni, le loro invasioni non valgono, le loro stragi sono democratiche, le
città distrutte sono effetti collaterali, le bombe intelligenti qualche volta
dimenticano il cervello nelle base di lancio e pazienza.
À la guerre comme à la guerre.
Evviva l’unità della Nato, dell’Europa, dell’Onu, della FIFA, dei condomini, del
Coni, degli alcolisti anonimi e del gruppo TNT. Evviva le tutte le sanzioni, fa
nulla se le pagano altri popoli sovrani che mai avrebbero voluto la guerra che
mai si sarebbero piegati al comico presidente comicamente e perennemente (si
farà la doccia, si cambierà la t-shirt ogni tanto?) vestito da soldato sempre a
chiedere armi, denaro, armamenti moderni, istruttori per le armi moderne,
soldati, istruttori per soldati, missili a lunga gittata, aerei, droni,
carrarmati… ogni giorno in televisione con la maglietta verde d’ordinanza,
proprio ogni giorno, per chiedere sostegno al fine di abbattere un nemico,
criminale, pazzo, malato, isolato, ormai prossimo alla fine.
À la guerre comme à la guerre.
I prezzo dell’energia vola raggiungendo livelli impensabili e impensati. E allora
ecco a voi l’estate a condizionatori spenti per la pace. E allora ecco a voi le
stufe spente per l’inverno, i termosifoni solo per due ore ma che non superino
i dodici gradi, dopo tutto il clima è in forte aumento, se farà freddo potrete
sempre mettetevi il cappotto ammesso che possiate comprarlo dopo aver pagato le
bollette. E allora niente bibite, formaggi e surgelati nei frigoriferi vuoti a
causa dell’inflazione e i prezzi che non si fermano. E allora niente pizza
perché i soldi sono pochi e i ristoranti chiudono perché la spesa per le bollette
è decuplicato. E allora niente insalata perché quella che rimane dopo
grandinate smottamenti e allagamenti si vende solo nei negozi Dior.
À la guerre comme à la guerre.
Che volete, occorre avere molta pazienza, è l’effetto secondario delle sanzioni
utilissime, necessarie, indispensabili, obbligatorie, imprescindibili,
basilari. E questo, nessuno può contestarlo giacché è l’unanime pensiero di ogni popolo sovrano.
E allora niente scampagnate nei fine settimana dell’autunno, niente vino
novello con le caldarroste nelle cantine, niente assaggi di salumi e formaggi
nelle fattorie, niente visite ai musei, niente itinerari nelle città del
medioevo o della Tuscia, o della Magna Grecia, o della Padania o del Salento;
diamine, come si fa? Meglio stare a casa se gasolio, benzina con piombo,
benzina senza piombo, benzina con 98 ottani, benzina con 100 ottani costano
quasi quanto un Dom Perignon, una bottiglia di cognac Camus o una di barolo
d’annata.
À la guerre comme à la guerre.
Tutti con Draghi il guerriero condottiero generale impavido coraggioso alla
conquista delle sanzioni più stringenti, dannose e soffocanti per il tiranno
maledetto, se non basta una ne faremo due, tre, quattro, cinque, sei, sette,
otto, nove, dieci, venti, cento, millanta, due millanta, tre millanta… Via,
uniti tutti dietro all’immenso che combatte con la bacchetta di Olivander,
tutti dietro all’invincibile. Lo dicono anche Mattarella, Meloni (io sono
Giorgia), Letta (come si fa la carbonara?, Salvini (credo?), Calenda (un po' de
qua e un po' de la), Renzi (sempre più in la), Angela Merkel, Macron, Biden,
Kissingerer, Ursula Von der Leyen, Tim Cook, la signora Lagarde, Powell, Alan
Friedman, Giannini, Gruber, Mentana, Polito, Mieli, Molinari, Fontana,
Severgnini, Gramellini, il generale Nelson, il generale Cambronne, il
generalissimo Franco, Vittorio Emanuele secondo, il generale Cialdini,
Garibaldi, Nino bixio, i Mille, la carica dei 101, Nembo Kid il cateto, l’ipotenusa e la radice quadrata.
À la guerre comme à la guerre.
Tutti a inchinarsi a grandissimo
tecnocrate liberista, infallibile killer della Grecia (sarebbe bastato una
parte infinitesimale di denaro speso in favore del comico presidente con la
t-shirt verde militare per evitare stenti e povertà al popolo sovrano della Grecia
ma questo meglio non dirlo). Tutti in silenzio dietro il grande negoziatore, il
grandissimo centravanti di sfondamento della politica italiana (ha mai fatto
politica?), scoperto in tarda età (se lo avessimo scoperto prima avremmo
certamente evitato la decadenza del Paese).
À la guerre comme à la guerre. Solidarietà
e accoglienza per i profughi ucraini, per fortuna. Ma un racconto drogato e
strumentale della guerra trasforma la dovuta solidarietà in solidarietà
razzista perché colloca su piani diversi i profughi. Chi arriva con i barconi
per sfuggire alle guerre di altre regioni del mondo non è degno della stessa
accoglienza, non è degno di solidarietà non è degno di comprensione, è oggetto
di razzismo becero. Per chi arriva dall’Asia
e dall’Africa i civili popoli europei innalzano muri di cemento, barriere fatte
di filo di ferro spinato, schierano l’esercito ai confini, vaneggiano blocchi
navali. Altro che corridoi umanitari. Per questi disperati il centravanti di
sfondamento non spende il suo tempo prezioso. Nessuno pensa a sanzioni per chi
alza i muri, nessun giornale apre conti correnti in favore di quei disperati,
nessuna rete televisiva pensa a un notiziario in lingua araba, pashtu o
magrebina, per loro ogni giorno è una guerra per il diritto all’esistenza.
À la guerre comme à la guerre. Se Egli, Sua
Marietà, ha l’autorevolezza necessaria, indispensabile, obbligatoria,
imprescindibile, basilare per mettere tutti d’accordo, la utilizzi per la pace dimostrando
per una volta le sue tante doti. E allora, scusandomi per la lunghezza del
pensiero e per il tono faceto, nel parlare di guerra, chiudo con una citazione
di Papa Francesco riportata in apertura: “Per
fare la pace ci vuole coraggio, molto di più che per fare la guerra.”.