L'estate sui campi - Alfonso Gatto
Splende a distesa il giorno
rosato alla pianura,
la tremula calura
richiama a lungo intorno
dall'alto il visibilio
dei passeri nel sole.
Il grano trema e nere
si schiudono farfalle
all'afa azzurra; d'oro,
riversa a quel ristoro
di luce, nelle gialle
stoppie bisbiglia l'aria.
Così morbido e solo
scorre sul fiume il verde
silenzio che alle valli
odoroso si perde.
Restano i campi gialli,
monotona campagna
dei grilli e della sera.
28 agosto 2015
L'Estate che non apprezzammo - Emily Dickinson
L'Estate che non apprezzammo - Emily Dickinson
L'Estate che non apprezzammo
Tanto facili erano i suoi tesori
Ci istruisce ora che se ne sta andando
E il riconoscimento è tardo -
Si scuote - mette il Soprabito
E vaglia con fatale prontezza
Treni in quel momento fuori di vista
Inconsapevoli della sua sveltezza -
L'Estate che non apprezzammo
Tanto facili erano i suoi tesori
Ci istruisce ora che se ne sta andando
E il riconoscimento è tardo -
Si scuote - mette il Soprabito
E vaglia con fatale prontezza
Treni in quel momento fuori di vista
Inconsapevoli della sua sveltezza -
Sogno - Arturo Graf
Sogno - Arturo Graf
Sempre mi torna come un sogno in mente
Una sera d’està, dolce e serena,
Un poggio, un bosco, una pianura amena,
Distesa in giro interminabilmente.
In uno sfondo di mirabil scena
Cadea, cinto di nubi, il sol rovente;
Vaporavano i campi, e la fremente
Brezza auliva di spigo e di verbena.
D’una fanciulla innamorata il canto
Venia da lungi, e que’ teneri lai
Di dolcezza m’empieano il core affranto.
Sempre mi torna il luminoso e blando
Sogno alla mente, né potrò giammai
Saper dov’io l’abbia sognato e quando.
Sempre mi torna come un sogno in mente
Una sera d’està, dolce e serena,
Un poggio, un bosco, una pianura amena,
Distesa in giro interminabilmente.
In uno sfondo di mirabil scena
Cadea, cinto di nubi, il sol rovente;
Vaporavano i campi, e la fremente
Brezza auliva di spigo e di verbena.
D’una fanciulla innamorata il canto
Venia da lungi, e que’ teneri lai
Di dolcezza m’empieano il core affranto.
Sempre mi torna il luminoso e blando
Sogno alla mente, né potrò giammai
Saper dov’io l’abbia sognato e quando.
Elegia - Antonia Pozzi
Elegia - Antonia Pozzi
Sogno, per una tomba, un monumento:
«Un'ombra, alta figura ammantellata,
enigmatica e cupa. Sulle rigide
braccia di lei, riverso, il corpo nudo
d'una fanciulla: ha il capo rovesciato
più in basso dei ginocchi, il collo teso
nel vano sforzo di rialzare il viso,
le labbra semiaperte, gli occhi larghi,
penosi, allucinati, di chi voglia
a ogni costo vedere e non lo possa.
Non si giunge a comprendere se l'ombra
alza o depone il corpo adolescente».
Così; e poi due alberi, lì ai lati,
d'un verde molto cupo: due pennacchi
simili a questi abeti, che distendano
nel vento delle trine inargentate
di fili resinosi e, a mezzo il tronco,
giù dagli squarci sgangherati, piangano,
a grumi, a gocce, un gran pianto lucente.
Sogno, per una tomba, un monumento:
«Un'ombra, alta figura ammantellata,
enigmatica e cupa. Sulle rigide
braccia di lei, riverso, il corpo nudo
d'una fanciulla: ha il capo rovesciato
più in basso dei ginocchi, il collo teso
nel vano sforzo di rialzare il viso,
le labbra semiaperte, gli occhi larghi,
penosi, allucinati, di chi voglia
a ogni costo vedere e non lo possa.
Non si giunge a comprendere se l'ombra
alza o depone il corpo adolescente».
Così; e poi due alberi, lì ai lati,
d'un verde molto cupo: due pennacchi
simili a questi abeti, che distendano
nel vento delle trine inargentate
di fili resinosi e, a mezzo il tronco,
giù dagli squarci sgangherati, piangano,
a grumi, a gocce, un gran pianto lucente.
Uomini e valigie - Ghiannis Ritsos
Uomini e valigie - Ghiannis Ritsos
Non lasciare l'asciugamano bagnato sul tavolo. Dobbiamo
fare ordine.
Un altro mese e finisce anche quest’estate.
Com’è triste smobilitare di nuovo i costumi da bagno, gli
occhiali da sole,
le camicie con le maniche corte, le scarpe bianche di tela,
i sandali,
i colori dei tramonti sul mare sfavillante. Chiuderanno
i cinema all’aperto, si ammucchieranno le sedie sotto la
tettoia,
si faranno meno frequenti gli orari delle navi. Le belle
turiste
di sera nel loro Paese sfoglieranno le fotografie a colori
dei bagnanti, dei rematori, dei pescatori (non le nostre).
Ecco, sul soppalco
le valigie chiuse aspettano già di sapere
quando partiranno di nuovo, dove ci troveremo, fino a
quando. E tu sai
che dentro quelle valigie vuote e consunte
ci sono ancora alcuni sacchetti di plastica, pezzi di spago
e nessuna bandiera.
Non lasciare l'asciugamano bagnato sul tavolo. Dobbiamo
fare ordine.
Un altro mese e finisce anche quest’estate.
Com’è triste smobilitare di nuovo i costumi da bagno, gli
occhiali da sole,
le camicie con le maniche corte, le scarpe bianche di tela,
i sandali,
i colori dei tramonti sul mare sfavillante. Chiuderanno
i cinema all’aperto, si ammucchieranno le sedie sotto la
tettoia,
si faranno meno frequenti gli orari delle navi. Le belle
turiste
di sera nel loro Paese sfoglieranno le fotografie a colori
dei bagnanti, dei rematori, dei pescatori (non le nostre).
Ecco, sul soppalco
le valigie chiuse aspettano già di sapere
quando partiranno di nuovo, dove ci troveremo, fino a
quando. E tu sai
che dentro quelle valigie vuote e consunte
ci sono ancora alcuni sacchetti di plastica, pezzi di spago
e nessuna bandiera.
Verso un tramonto raggiante - Antonio Machado
Verso un tramonto raggiante - Antonio Machado
Verso un tramonto raggiante
del sole la luce estiva,
ed era tra nubi in fuoco una fanfara gigante
dietro le verdi pioppaie dei fiume lungo la riva.
Dentro un olmo la cesoia suonava, senza ritegno,
della cicala canora: monoritmo di viva
gioia tra metallo e legno,
che è la canzone estiva.
In un giardino nell'ombra
giravano i bigoncioli della noria sonnacchiosa.
S'udiva il suono dell'acqua sotto le fronde in penombra.
Era un vespro di luglio, di polvere luminosa.
Camminavo con me solo,
assorto nel solitario crepuscolo campagnolo.
E pensavo: «Bella sera, nota della lira immensa,
tutta elettezza e armonia;
bella sera, che la povera sciogli malinconia
di questa mia fatua nicchia, nicchia oscura che pensa!»
Sotto l'orbite del ponte passava l'acqua increspata.
Lungi la città dormiva,
da una magica campana d'oro diafano velata.
Sotto le arcate di pietra l'acqua limpida fluiva.
Crepuscolari rossori coronavano le alture,
macchiate di grigi olivi e di querce nerognole.
Camminavo con languore,
sentendo l'antica angoscia che fa pesante il cuore.
Sotto le arcate del ponte in ombra l'acqua scorrente
sì melanconicamente;
passando quasi ammoniva:
«Appena, viandante, scorgiamo
sciolta la povera barca dall'albero della riva,
si canta: nulla noi siamo.
L'immenso mare ci attende dove il povero fiume arriva.»
Sotto l'orbite del ponte passava l'oscura scia.
(Io pensavo: anima mia!)
E mi trattenni un momento,
nella sera, a meditare...
Che è questa goccia nel vento
che grida al mare: son io forse il mare?
Vibrava l'aria assordata
dalle elitre cantanti che il campo fanno sonoro,
come fosse seminato
di campanelle d'oro.
Nell'azzurro folgorava
un astro adamantino.
Un vento caldo soffiava
inquietando il cammino.
Nella sera polverosa
verso la città tornavo.
Suonavano i bigoncioli della noria sonnacchiosa.
Sotto le fronde in penombra l'acqua cadere ascoltavo.
Verso un tramonto raggiante
del sole la luce estiva,
ed era tra nubi in fuoco una fanfara gigante
dietro le verdi pioppaie dei fiume lungo la riva.
Dentro un olmo la cesoia suonava, senza ritegno,
della cicala canora: monoritmo di viva
gioia tra metallo e legno,
che è la canzone estiva.
In un giardino nell'ombra
giravano i bigoncioli della noria sonnacchiosa.
S'udiva il suono dell'acqua sotto le fronde in penombra.
Era un vespro di luglio, di polvere luminosa.
Camminavo con me solo,
assorto nel solitario crepuscolo campagnolo.
E pensavo: «Bella sera, nota della lira immensa,
tutta elettezza e armonia;
bella sera, che la povera sciogli malinconia
di questa mia fatua nicchia, nicchia oscura che pensa!»
Sotto l'orbite del ponte passava l'acqua increspata.
Lungi la città dormiva,
da una magica campana d'oro diafano velata.
Sotto le arcate di pietra l'acqua limpida fluiva.
Crepuscolari rossori coronavano le alture,
macchiate di grigi olivi e di querce nerognole.
Camminavo con languore,
sentendo l'antica angoscia che fa pesante il cuore.
Sotto le arcate del ponte in ombra l'acqua scorrente
sì melanconicamente;
passando quasi ammoniva:
«Appena, viandante, scorgiamo
sciolta la povera barca dall'albero della riva,
si canta: nulla noi siamo.
L'immenso mare ci attende dove il povero fiume arriva.»
Sotto l'orbite del ponte passava l'oscura scia.
(Io pensavo: anima mia!)
E mi trattenni un momento,
nella sera, a meditare...
Che è questa goccia nel vento
che grida al mare: son io forse il mare?
Vibrava l'aria assordata
dalle elitre cantanti che il campo fanno sonoro,
come fosse seminato
di campanelle d'oro.
Nell'azzurro folgorava
un astro adamantino.
Un vento caldo soffiava
inquietando il cammino.
Nella sera polverosa
verso la città tornavo.
Suonavano i bigoncioli della noria sonnacchiosa.
Sotto le fronde in penombra l'acqua cadere ascoltavo.
Un'altra estate - Ghiannis Ritsos
Un'altra estate - Ghiannis Ritsos
Questi bei giorni di sole sottraggono ogni argomento alla tristezza.
Baluginano le case calcinate sparse sulla collina verde.
Ecco, anche un cavallo rosso nella piana. Torna qualcosa
di scordato dalle vecchie estati. Ma erano veri
quella ragazza nel campo di granturco e quel ragazzo
nell'oro del meriggio che faceva segno al battello di passaggio
con l'asciugamani da bagno. Eri vero
anche tu che non avevi niente di tuo
se non quello che donavi, e forse quello che donerai ancora.
Questi bei giorni di sole sottraggono ogni argomento alla tristezza.
Baluginano le case calcinate sparse sulla collina verde.
Ecco, anche un cavallo rosso nella piana. Torna qualcosa
di scordato dalle vecchie estati. Ma erano veri
quella ragazza nel campo di granturco e quel ragazzo
nell'oro del meriggio che faceva segno al battello di passaggio
con l'asciugamani da bagno. Eri vero
anche tu che non avevi niente di tuo
se non quello che donavi, e forse quello che donerai ancora.
Quando i Diamanti sono una Leggenda - Emily Dickinson
Quando i Diamanti sono una Leggenda - Emily Dickinson
Quando i Diamanti sono una Leggenda,
E i Diademi - Una Favola -
Spille e Orecchini per Me,
Semino, e Coltivo per venderli -
E sebbene io sia scarsamente considerata,
La mia Arte, un Giorno d'Estate - ebbe Sostenitori -
Una volta - fu una Regina -
E un'altra - una Farfalla -
Quando i Diamanti sono una Leggenda,
E i Diademi - Una Favola -
Spille e Orecchini per Me,
Semino, e Coltivo per venderli -
E sebbene io sia scarsamente considerata,
La mia Arte, un Giorno d'Estate - ebbe Sostenitori -
Una volta - fu una Regina -
E un'altra - una Farfalla -
L'ultima estate – Ghiannis Ritsos
L'ultima estate – Ghiannis Ritsos
Dicono addio i colori dei tramonti. È tempo di preparare
le tre valigie – i libri, le carte, le camicie –
e non scordare quella veste rosa che ti stava così bene
anche se d'inverno non la indosserai. Io,
nei pochi giorni che ancora ci restano, riguarderò
i versi scritti in luglio e agosto,
anche se temo di non aver aggiunto niente, semmai
di avere sottratto molto, poiché da essi traspare
l'oscuro sospetto che questa estate
con le sue cicale, i suoi alberi, il mare,
coi fischi delle navi nei tramonti gloriosi,
coi barcaioli sotto i balconi al chiar di luna
e con la sua misericordia ipocrita, sarà l'ultima.
Dicono addio i colori dei tramonti. È tempo di preparare
le tre valigie – i libri, le carte, le camicie –
e non scordare quella veste rosa che ti stava così bene
anche se d'inverno non la indosserai. Io,
nei pochi giorni che ancora ci restano, riguarderò
i versi scritti in luglio e agosto,
anche se temo di non aver aggiunto niente, semmai
di avere sottratto molto, poiché da essi traspare
l'oscuro sospetto che questa estate
con le sue cicale, i suoi alberi, il mare,
coi fischi delle navi nei tramonti gloriosi,
coi barcaioli sotto i balconi al chiar di luna
e con la sua misericordia ipocrita, sarà l'ultima.
Crepuscolo - Ghiannis Ritsos
Crepuscolo - Ghiannis Ritsos
Conosci quell’istante del crepuscolo estivo
dentro la stanza chiusa; un tenue riflesso rosa
obliquo sull’assito del soffitto; e la poesia
incompiuta sul tavolo – due versi in tutto,
promessa inadempiuta di un meraviglioso viaggio,
d’una certa libertà, d’una certa autosufficienza,
d’una certa (relativa, beninteso) immortalità.
Fuori, per strada, di già l’invocazione della notte,
le ombre leggere di dèi, uomini, biciclette,
quando si svuotano i cantieri, e i giovani operai
coi loro attrezzi, coi floridi capelli fradici,
con qualche spruzzo di calce sugli abiti consunti,
svaniscono nell’apoteosi dei vapori vespertini.
Otto colpi decisivi del pendolo, in cima alla scala,
per tutta la lunghezza del corridoio – colpi inesorabili
d’un martello imperioso, nascosto dietro il cristallo
ombrato; e simultaneamente il rumore secolare
di quelle chiavi che non è mai riuscito a stabilire
con precisione se aprano o chiudano.
Conosci quell’istante del crepuscolo estivo
dentro la stanza chiusa; un tenue riflesso rosa
obliquo sull’assito del soffitto; e la poesia
incompiuta sul tavolo – due versi in tutto,
promessa inadempiuta di un meraviglioso viaggio,
d’una certa libertà, d’una certa autosufficienza,
d’una certa (relativa, beninteso) immortalità.
Fuori, per strada, di già l’invocazione della notte,
le ombre leggere di dèi, uomini, biciclette,
quando si svuotano i cantieri, e i giovani operai
coi loro attrezzi, coi floridi capelli fradici,
con qualche spruzzo di calce sugli abiti consunti,
svaniscono nell’apoteosi dei vapori vespertini.
Otto colpi decisivi del pendolo, in cima alla scala,
per tutta la lunghezza del corridoio – colpi inesorabili
d’un martello imperioso, nascosto dietro il cristallo
ombrato; e simultaneamente il rumore secolare
di quelle chiavi che non è mai riuscito a stabilire
con precisione se aprano o chiudano.
23 agosto 2015
Segui la tua sorte - Fernando Pessoa
Opera di Jack Vettriano
Segui la tua sorte - Fernando PessoaSegui la tua sorte,
annaffia le tue piante,
ama le tue rose.
Il resto è l'ombra
d'alberi stranieri.
La realtà
è sempre di più o di meno
di quello che vogliamo.
Solo noi siamo sempre
uguali a noi stessi.
Dolce è vivere solo.
Grande e nobile è sempre
vivere con semplicità.
Lascia il dolore sulle are
come offerta agli dei.
Guarda la vita da lontano,
e non interrogarla mai.
Nulla essa può
dirti. La risposta
è al di là degli dei.
Ma serenamente
imita l'Olimpo
nel segreto del tuo cuore.
Gli dei sono dei
perché non si pensano.
Adolescente - Vincenzo Cardarelli
Adolescente - Vincenzo Cardarelli
Nulla è più misterioso
e adorabile e proprio
della tua carne spogliata.
Ma ti recludi nell'attenta veste
e abiti lontano
con la tua grazia
dove non sai chi ti raggiungerà.
Certo non io. Se ti vedo passare
a tanta regale distanza,
con la chioma sciolta
e tutta la persona astata,
la vertigine mi si porta via.
Sei l'imporosa e liscia creatura
cui preme nel suo respiro
l'oscuro gaudio della carne che appena
sopporta la sua pienezza.
Nel sangue, che ha diffusioni
di fiamma sulla tua faccia,
il cosmo fa le sue risa
come nell'occhio nero della rondine.
La tua pupilla è bruciata
dal sole che dentro vi sta.
La tua bocca è serrata.
Non sanno le mani tue bianche
il sudore umiliante dei contatti.
E penso come il tuo corpo
difficoltoso e vago
fa disperare l'amore
nel cuor dell'uomo!
Pure qualcuno ti disfiorerà,
bocca di sorgiva.
Qualcuno che non lo saprà,
un pescatore di spugne,
avrà questa perla rara.
Gli sarà grazia e fortuna
il non averti cercata
e non sapere chi sei
e non poterti godere
con la sottile coscienza
che offende il geloso Iddio.
Oh sì, l'animale sarà
abbastanza ignaro
per non morire prima di toccarti.
E tutto è così.
Tu anche non sai chi sei.
E prendere ti lascerai,
ma per vedere come il gioco è fatto,
per ridere un poco insieme.
Come fiamma si perde nella luce,
al tocco della realtà
i misteri che tu prometti
si disciolgono in nulla.
Inconsumata passerà
tanta gioia!
Tu ti darai, tu ti perderai,
per il capriccio che non indovina
mai, col primo che ti piacerà.
Ama il tempo lo scherzo
che lo seconda,
non il cauto volere che indugia.
Così la fanciullezza
fa ruzzolare il mondo
e il saggio non è che un fanciullo
che si duole di essere cresciuto.
Nulla è più misterioso
e adorabile e proprio
della tua carne spogliata.
Ma ti recludi nell'attenta veste
e abiti lontano
con la tua grazia
dove non sai chi ti raggiungerà.
Certo non io. Se ti vedo passare
a tanta regale distanza,
con la chioma sciolta
e tutta la persona astata,
la vertigine mi si porta via.
Sei l'imporosa e liscia creatura
cui preme nel suo respiro
l'oscuro gaudio della carne che appena
sopporta la sua pienezza.
Nel sangue, che ha diffusioni
di fiamma sulla tua faccia,
il cosmo fa le sue risa
come nell'occhio nero della rondine.
La tua pupilla è bruciata
dal sole che dentro vi sta.
La tua bocca è serrata.
Non sanno le mani tue bianche
il sudore umiliante dei contatti.
E penso come il tuo corpo
difficoltoso e vago
fa disperare l'amore
nel cuor dell'uomo!
Pure qualcuno ti disfiorerà,
bocca di sorgiva.
Qualcuno che non lo saprà,
un pescatore di spugne,
avrà questa perla rara.
Gli sarà grazia e fortuna
il non averti cercata
e non sapere chi sei
e non poterti godere
con la sottile coscienza
che offende il geloso Iddio.
Oh sì, l'animale sarà
abbastanza ignaro
per non morire prima di toccarti.
E tutto è così.
Tu anche non sai chi sei.
E prendere ti lascerai,
ma per vedere come il gioco è fatto,
per ridere un poco insieme.
Come fiamma si perde nella luce,
al tocco della realtà
i misteri che tu prometti
si disciolgono in nulla.
Inconsumata passerà
tanta gioia!
Tu ti darai, tu ti perderai,
per il capriccio che non indovina
mai, col primo che ti piacerà.
Ama il tempo lo scherzo
che lo seconda,
non il cauto volere che indugia.
Così la fanciullezza
fa ruzzolare il mondo
e il saggio non è che un fanciullo
che si duole di essere cresciuto.
20 agosto 2015
Uomini e valigie - Ghiannis Ritsos
Uomini e valigie - Ghiannis Ritsos
Non lasciare l'asciugamano bagnato sul tavolo. Dobbiamo
fare ordine.
Un altro mese e finisce anche quest’estate.
Com’è triste smobilitare di nuovo i costumi da bagno, gli
occhiali da sole,
le camicie con le maniche corte, le scarpe bianche di tela,
i sandali,
i colori dei tramonti sul mare sfavillante. Chiuderanno
i cinema all’aperto, si ammucchieranno le sedie sotto la
tettoia,
si faranno meno frequenti gli orari delle navi. Le belle
turiste
di sera nel loro Paese sfoglieranno le fotografie a colori
dei bagnanti, dei rematori, dei pescatori (non le nostre).
Ecco, sul soppalco
le valigie chiuse aspettano già di sapere
quando partiranno di nuovo, dove ci troveremo, fino a
quando. E tu sai
che dentro quelle valigie vuote e consunte
ci sono ancora alcuni sacchetti di plastica, pezzi di spago
e nessuna bandiera.
Non lasciare l'asciugamano bagnato sul tavolo. Dobbiamo
fare ordine.
Un altro mese e finisce anche quest’estate.
Com’è triste smobilitare di nuovo i costumi da bagno, gli
occhiali da sole,
le camicie con le maniche corte, le scarpe bianche di tela,
i sandali,
i colori dei tramonti sul mare sfavillante. Chiuderanno
i cinema all’aperto, si ammucchieranno le sedie sotto la
tettoia,
si faranno meno frequenti gli orari delle navi. Le belle
turiste
di sera nel loro Paese sfoglieranno le fotografie a colori
dei bagnanti, dei rematori, dei pescatori (non le nostre).
Ecco, sul soppalco
le valigie chiuse aspettano già di sapere
quando partiranno di nuovo, dove ci troveremo, fino a
quando. E tu sai
che dentro quelle valigie vuote e consunte
ci sono ancora alcuni sacchetti di plastica, pezzi di spago
e nessuna bandiera.
16 agosto 2015
Declino dell'estate - Georg Trakl
Declino dell'estate - Georg Trakl
L'estate verde è divenuta
tanto sommessa, il tuo volto cristallino.
Sullo stagno serale sono morti i fiori
un grido di merlo spaurito.
Speranza vana della vita. Già s'appresta
al viaggio la rondine nella casa,
e il sole sprofonda lungo il colle;
già la notte accenna al viaggio delle stelle.
Pace dei villaggi; risuonano intorno
le foreste abbandonate. Cuore,
piegati ora più teneramente
sulla tranquilla dormente.
L'estate verde è divenuta
tanto sommessa, e risuona il passo
dello straniero per la notte d'argento.
Oh, se ricordi una fiera azzurra il suo sentiero,
l'armonia degli anni spirituali!
L'estate verde è divenuta
tanto sommessa, il tuo volto cristallino.
Sullo stagno serale sono morti i fiori
un grido di merlo spaurito.
Speranza vana della vita. Già s'appresta
al viaggio la rondine nella casa,
e il sole sprofonda lungo il colle;
già la notte accenna al viaggio delle stelle.
Pace dei villaggi; risuonano intorno
le foreste abbandonate. Cuore,
piegati ora più teneramente
sulla tranquilla dormente.
L'estate verde è divenuta
tanto sommessa, e risuona il passo
dello straniero per la notte d'argento.
Oh, se ricordi una fiera azzurra il suo sentiero,
l'armonia degli anni spirituali!
Le otto della sera - Juan Ramòn Jiménez
Le otto della sera - Juan Ramòn Jiménez
Estate. Tutti gli altri cenano sotto
Arde, immenso, il crepuscolo d'oro.
Andiamo - la nave vola, nostro animo -,
ambedue là!
Cenere e bianco,
in lunghe luci fredde,
giace il crepuscolo d'oro.
Andiamo - la nave ormai obliata -,
io da te, tu da me!
Estate. Tutti gli altri cenano sotto
Arde, immenso, il crepuscolo d'oro.
Andiamo - la nave vola, nostro animo -,
ambedue là!
Cenere e bianco,
in lunghe luci fredde,
giace il crepuscolo d'oro.
Andiamo - la nave ormai obliata -,
io da te, tu da me!
Versi d'un giorno lungo - Alfonso Gatto
Versi d'un giorno lungo - Alfonso Gatto
Aliterà sul lungofiume il verde
stormire dell'estate, ad archi il cielo
correrà vasto come la campagna,
di là dal soffio che respira ai calmi
mattoni il giorno è lungo, trema d'erba.
Questa serenità che lascia raro
il cielo e aperto di clamore oscilla
nella luce degli alberi, nel sole
teso dai muri in polvere che l'ocra
stinse nel rosa dei ricordi. Dopo,
quando il tuo viso sgronderà dal braccio,
dal lungo sonno che moveva i tigli
nel verde paradiso, sarà sera,
una sera contenta della terra.
Aliterà sul lungofiume il verde
stormire dell'estate, ad archi il cielo
correrà vasto come la campagna,
di là dal soffio che respira ai calmi
mattoni il giorno è lungo, trema d'erba.
Questa serenità che lascia raro
il cielo e aperto di clamore oscilla
nella luce degli alberi, nel sole
teso dai muri in polvere che l'ocra
stinse nel rosa dei ricordi. Dopo,
quando il tuo viso sgronderà dal braccio,
dal lungo sonno che moveva i tigli
nel verde paradiso, sarà sera,
una sera contenta della terra.
Diario - Vincenzo Cardarelli
Diario - Vincenzo Cardarelli
E' la vita che duole, il passato,
non te che amai bambina
e che ritrovo donna,
pure se quel che adesso
torno a provare è amore
e forse gelosia.
Ma non so s'io desideri
di rivederti o no. Tu non sei nulla
ormai per me, neppure un bel ricordo.
Nulla in te mi lusinga,
fuor che l'averti amata
e cenere sentirti
del mio passato.
Furente l'estate
aspetta il refrigerio
del temporale
ed io il pianto che sciolga
la mia angoscia in dolcezza.
Ma l'afa incombe ed il dolore preme:
di niun sollievo ho speranza.
E penso che sovente
agli affanni dell'uomo
la nemica stagione si congiunge.
E ch'io morirò
in uno di questi tempi.
D'un tratto sarò giunto
a un giorno, a un breve giorno,
che non potrò sorpassare.
E' la vita che duole, il passato,
non te che amai bambina
e che ritrovo donna,
pure se quel che adesso
torno a provare è amore
e forse gelosia.
Ma non so s'io desideri
di rivederti o no. Tu non sei nulla
ormai per me, neppure un bel ricordo.
Nulla in te mi lusinga,
fuor che l'averti amata
e cenere sentirti
del mio passato.
Furente l'estate
aspetta il refrigerio
del temporale
ed io il pianto che sciolga
la mia angoscia in dolcezza.
Ma l'afa incombe ed il dolore preme:
di niun sollievo ho speranza.
E penso che sovente
agli affanni dell'uomo
la nemica stagione si congiunge.
E ch'io morirò
in uno di questi tempi.
D'un tratto sarò giunto
a un giorno, a un breve giorno,
che non potrò sorpassare.
Marina delle rocce - Odisseas Elitis
Marina delle rocce - Odisseas Elitis
Hai un sapore di tempesta sulle labbra - Ma dove vagavi
Tutto il giorno nel duro sogno della pietra e del mare
Vento da aquile ha spogliato i colli
Ha spogliato fino all'osso il tuo desiderio
E le pupille dei tuoi occhi hanno accolto il segnale della Chimera
Rigando di schiuma il ricordo!
Dov'è la consueta erta del breve settembre
Nella rossa terra dove giocavi guardando in basso
I profondi faveti delle altre fanciulle
Gli angoli dove le tue compagne lasciavano bracciate di rosmarino
- Ma dove vagavi
Tutta la notte nel duro sogno della pietra e del mare
Ti dicevo di contare nell'acqua spoglia i suoi giorni luminosi
Di goderti supina l'alba delle cose
O anche di vagare per gialle vallate
Con un trifoglio di luce al petto eroina di giambo.
Hai un sapore di tempesta sulle labbra
E una veste rossa come il sangue
In profondo dentro l'oro dell'estate
E nel profumo dei giacinti - Ma dove vagavi
Scendendo verso rive e baie con i ciottoli
Là c'era un'erba marina fredda salmastra
Ma più giù un sentimento umano che sanguinava
E aprivi con stupore le braccia dicendo il suo nome
Salendo leggera sino alla trasparenza del fondo
Dove risplendeva la tua stella marina.
Ascolta, la parola è la saggezza degli ultimi
E il tempo scultore impetuoso degli uomini
E il sole lo sovrasta belva di speranza
E tu più vicina a lui stringi un amore
Con un amaro sapore di tempesta sulle labbra.
Non puoi contare azzurra sino all'osso su altra estate
Perché cambino corso i fiumi
E ti riportino indietro alla loro madre
Per baciare ancora altri ciliegi
O per andartene a cavallo del maestrale.
Avvinta alle rocce senza ieri né domani
Nei pericoli delle rocce con la raffica della tempesta
Darai l'addio al tuo enigma.
Hai un sapore di tempesta sulle labbra - Ma dove vagavi
Tutto il giorno nel duro sogno della pietra e del mare
Vento da aquile ha spogliato i colli
Ha spogliato fino all'osso il tuo desiderio
E le pupille dei tuoi occhi hanno accolto il segnale della Chimera
Rigando di schiuma il ricordo!
Dov'è la consueta erta del breve settembre
Nella rossa terra dove giocavi guardando in basso
I profondi faveti delle altre fanciulle
Gli angoli dove le tue compagne lasciavano bracciate di rosmarino
- Ma dove vagavi
Tutta la notte nel duro sogno della pietra e del mare
Ti dicevo di contare nell'acqua spoglia i suoi giorni luminosi
Di goderti supina l'alba delle cose
O anche di vagare per gialle vallate
Con un trifoglio di luce al petto eroina di giambo.
Hai un sapore di tempesta sulle labbra
E una veste rossa come il sangue
In profondo dentro l'oro dell'estate
E nel profumo dei giacinti - Ma dove vagavi
Scendendo verso rive e baie con i ciottoli
Là c'era un'erba marina fredda salmastra
Ma più giù un sentimento umano che sanguinava
E aprivi con stupore le braccia dicendo il suo nome
Salendo leggera sino alla trasparenza del fondo
Dove risplendeva la tua stella marina.
Ascolta, la parola è la saggezza degli ultimi
E il tempo scultore impetuoso degli uomini
E il sole lo sovrasta belva di speranza
E tu più vicina a lui stringi un amore
Con un amaro sapore di tempesta sulle labbra.
Non puoi contare azzurra sino all'osso su altra estate
Perché cambino corso i fiumi
E ti riportino indietro alla loro madre
Per baciare ancora altri ciliegi
O per andartene a cavallo del maestrale.
Avvinta alle rocce senza ieri né domani
Nei pericoli delle rocce con la raffica della tempesta
Darai l'addio al tuo enigma.
15 agosto 2015
Saluto di stagione - Vincenzo Cardarelli
Saluto di stagione - Vincenzo Cardarelli
Benvenuta estate.
Alla tua decisa maturità
m'affido.
Mi poserò ai tuoi soli,
ricambierò alla terra
in tanto sudore caldo
delle mie adempiute nutrizioni
i suoi veleni vitali.
Lascio la primavera
dietro di me
come un amore insano
d'adolescente.
Lascio i languori e le ottusità,
i sonni impossibili,
le faticose inerzie animali,
il tempo neutro e vuoto
in cui l'uomo è stagione.
Io che non spunto a febbraio coi mandorli,
non mi compiaccio all'arido sapore
di sasso che acuisce
il gusto dolce dell'acqua dei rivi,
alle gocciole chete
di nuvola randagia
che vanno in punta di piedi
in compagnia dei pensieri,
non colgo il biancospino;
chè amo i tempi fermi e le superfici chiare,
e ad ogni transizione di meriggio,
rotta l'astrale identità del mattino,
avverto gli spazi irritarsi,
e sento il limite e il male
che incrinano ogni cambio d'ora,
saluto nel sol d'estate
la forza dei giorni più eguali.
Ai punti estremi, alle stagioni violente,
come sotto il frantoio dei pericoli
dove ogni inquietudine si schianta
prendo le sole decisioni buone,
la mia fuggiasca fecondità
ritrovo.
Benvenuta estate.
Alla tua decisa maturità
m'affido.
Mi poserò ai tuoi soli,
ricambierò alla terra
in tanto sudore caldo
delle mie adempiute nutrizioni
i suoi veleni vitali.
Lascio la primavera
dietro di me
come un amore insano
d'adolescente.
Lascio i languori e le ottusità,
i sonni impossibili,
le faticose inerzie animali,
il tempo neutro e vuoto
in cui l'uomo è stagione.
Io che non spunto a febbraio coi mandorli,
non mi compiaccio all'arido sapore
di sasso che acuisce
il gusto dolce dell'acqua dei rivi,
alle gocciole chete
di nuvola randagia
che vanno in punta di piedi
in compagnia dei pensieri,
non colgo il biancospino;
chè amo i tempi fermi e le superfici chiare,
e ad ogni transizione di meriggio,
rotta l'astrale identità del mattino,
avverto gli spazi irritarsi,
e sento il limite e il male
che incrinano ogni cambio d'ora,
saluto nel sol d'estate
la forza dei giorni più eguali.
Ai punti estremi, alle stagioni violente,
come sotto il frantoio dei pericoli
dove ogni inquietudine si schianta
prendo le sole decisioni buone,
la mia fuggiasca fecondità
ritrovo.
Talora nell'arsura cittadina - Camillo Sbarbaro
Talora nell'arsura cittadina - Camillo Sbarbaro
Talora nell'arsura cittadina
un canto di cicala mi sorprende.
E subito ecco m'empie la visione
di campagne prostrate nella luce
e stupisco che ancora al mondo sian
alberi ed acque - le presenze buone
che bastavano un giorno a consolarmi....
Con questo stupor sciocco l'ubriaco
riceve in viso l'aria della notte.
Ma poichè sento l'anima aderire
ad ogni pietra della città sorda
com'albero con tutte le radici,
sorrido a me smarritamente e come
in uno sforzo d'ali i gomiti alzo...
Talora nell'arsura cittadina
un canto di cicala mi sorprende.
E subito ecco m'empie la visione
di campagne prostrate nella luce
e stupisco che ancora al mondo sian
alberi ed acque - le presenze buone
che bastavano un giorno a consolarmi....
Con questo stupor sciocco l'ubriaco
riceve in viso l'aria della notte.
Ma poichè sento l'anima aderire
ad ogni pietra della città sorda
com'albero con tutte le radici,
sorrido a me smarritamente e come
in uno sforzo d'ali i gomiti alzo...
Autostrada della Cisa - Vittorio Sereni
Autostrada della Cisa - Vittorio Sereni
Tempo dieci anni, nemmeno
prima che rimuoia in me mio padre
(con malagrazia fu calato giù
e un banco di nebbia ci divise per sempre).
Oggi a un chilometro dal passo
una capelluta scarmigliata erinni
agita un cencio già spento, e addio.
Sappi- disse ieri lasciandomi qualcuno-
sappilo che non finisce qui,
di momento in momento credici a quell’altra vita,
di costa in costa aspettala e verrà
come di là dal valico un ritorno d’estate.
Parla così la recidiva speranza, morde
in un’anguria la polpa dell’estate,
vede laggiù quegli alberi perpetuare
ognuno in sé la sua ninfa
e dietro la raggera degli echi e dei miraggi
nella piana assetata il palpito di un lago
fare di Mantova una Tenochititlàn
Di tunnel in tunnel di abbagliamento in cecità
tendo una mano. Mi ritorna vuota.
Allungo un braccio. Stringo una spalla d’aria.
Ancora non lo sai
-sibila nel frastuono delle volte
la sibilla, quella
che sempre più ha voglia di morire –
non lo sospetti ancora
che di tutti i colori il più forte
il più indelebile
è il colore del vuoto?
Tempo dieci anni, nemmeno
prima che rimuoia in me mio padre
(con malagrazia fu calato giù
e un banco di nebbia ci divise per sempre).
Oggi a un chilometro dal passo
una capelluta scarmigliata erinni
agita un cencio già spento, e addio.
Sappi- disse ieri lasciandomi qualcuno-
sappilo che non finisce qui,
di momento in momento credici a quell’altra vita,
di costa in costa aspettala e verrà
come di là dal valico un ritorno d’estate.
Parla così la recidiva speranza, morde
in un’anguria la polpa dell’estate,
vede laggiù quegli alberi perpetuare
ognuno in sé la sua ninfa
e dietro la raggera degli echi e dei miraggi
nella piana assetata il palpito di un lago
fare di Mantova una Tenochititlàn
Di tunnel in tunnel di abbagliamento in cecità
tendo una mano. Mi ritorna vuota.
Allungo un braccio. Stringo una spalla d’aria.
Ancora non lo sai
-sibila nel frastuono delle volte
la sibilla, quella
che sempre più ha voglia di morire –
non lo sospetti ancora
che di tutti i colori il più forte
il più indelebile
è il colore del vuoto?
14 agosto 2015
So chi sei, ma mi manca il tuo nome - Maria do Rosário Pedreira
So chi sei, ma mi manca il tuo nome - Maria do Rosário Pedreira
So chi sei, ma mi manca il tuo nome - né
sempre le parole arrivano agli occhi. Ma
non dare importanza: ci sono altre cose che non
dimenticherò mai - le mie braccia ancorate al tuo
corpo, una cecità, e il mondo improvvisamente tanto
piccolo - e queste, tu non lo sai, mi mancano
anche. Il tuo volto, dammelo per un secondo, La
tua bocca, chiaro. Sono tanti gli anni senza te nelle pieghe
della mia gonna, tanta vita custodita per un giorno
così. Adesso ritorna, dunque. Lascia cadere quel sorriso
delle tue labbra, - nelle mie deve distendersi come
il sole, all’imbrunire, quando di nuovo sopra di loro
respirerai con il profumo salato delle maree. Ma
non dire niente del mio corpo stanco - è una camicia
d’estate dimenticata sulla spiaggia, e l’abito è sempre
il meno, tanto fa. Non vedi chi sono? Il tempo
non può aver castigato solo il mio sguardo. Vieni
più vicino e spia adagio: sono tanti gli anni
senza le tue braccia nelle maniche del mio vestito,
tanto sangue custodito nelle vene per una notte
così. E tu già te ne vai?
So chi sei, ma mi manca il tuo nome - né
sempre le parole arrivano agli occhi. Ma
non dare importanza: ci sono altre cose che non
dimenticherò mai - le mie braccia ancorate al tuo
corpo, una cecità, e il mondo improvvisamente tanto
piccolo - e queste, tu non lo sai, mi mancano
anche. Il tuo volto, dammelo per un secondo, La
tua bocca, chiaro. Sono tanti gli anni senza te nelle pieghe
della mia gonna, tanta vita custodita per un giorno
così. Adesso ritorna, dunque. Lascia cadere quel sorriso
delle tue labbra, - nelle mie deve distendersi come
il sole, all’imbrunire, quando di nuovo sopra di loro
respirerai con il profumo salato delle maree. Ma
non dire niente del mio corpo stanco - è una camicia
d’estate dimenticata sulla spiaggia, e l’abito è sempre
il meno, tanto fa. Non vedi chi sono? Il tempo
non può aver castigato solo il mio sguardo. Vieni
più vicino e spia adagio: sono tanti gli anni
senza le tue braccia nelle maniche del mio vestito,
tanto sangue custodito nelle vene per una notte
così. E tu già te ne vai?
13 agosto 2015
sono io l’abitatore del sogno – Jolanda Insana
Sono io l’abitatore del sogno – Jolanda Insana
sono io l’abitatore del sogno
felice d’abitarlo con il sognatore
che fa coppa delle mani per
raccogliere
dalle piegate cime acqua a gocce
e fino al punto di risveglio vive
sperando
di riceverne molte in premio
nell’aria oscura scendendo alle
radici
come sistemarlo in vita
questo non è un ingombro e vacilla
quando fa la fila davanti agli
sportelli e ha freddo
e suda
e scende dalle gambe e a perturbato
infiammamento
schizza via che è un incanto
nel canto più sicuro
questo corpo incauto e previdente
che ama l’alta temperatura e gela
male patendo il male uso
ho conosciuto il caid del villaggio
e l’ansito che batte da fuori verso
dentro
nella crivellatura del miglio
e il sapore del fico catalano
schiacciato dentro il pane
ascoltando la voce vaticinante
tra la piena di luppoli e melissa
meraviglioso odore contro i morbi
per uscire dalla latrinosa tenebra
ingozzando il desiderio come un
pollo
conobbe che la sua vita passò nelle
tenebre
e non incolpa gli aspri
comandamenti
e questo è il primo giorno che
riconosce più suo
dappoiché volò giovinezza e sparve
e così allontana la scure dalla
radice
senza sbarbicare ma rincalzando la
zolla
insino alle più fragili fibre
per allocare il tempo in più vasta
dimora
12 agosto 2015
Melodia per un sogno - Gu Cheng
Melodia per un sogno - Gu Cheng
Mi sono congedato
dalla piccola barca dei miei sogni
e tocco terra
sulla spiaggia imbevuta di luce mattutina.
Trattenendo un sorriso leggero
di amicizia
il mare sbruffa ai miei piedi
spruzzi di commiato.
Mi sono congedato
dalla piccola barca dei miei sogni
e tocco terra
sulla spiaggia imbevuta di luce mattutina.
Trattenendo un sorriso leggero
di amicizia
il mare sbruffa ai miei piedi
spruzzi di commiato.
Bleeker Street, estate - Derek Walcott
Bleeker Street, estate - Derek Walcott
L’estate per la prosa e i limoni, per la nudità e il languore,
per l'eterna indolenza del ritorno immaginato,
per i rari flauti e i piedi scalzi, e la stanza da letto in agosto
dalle lenzuola arruffate e il sale della domenica, ah violini!
Quando premo i crepuscoli estivi insieme, è
un mese di fisarmoniche di strada e spruzzatori
che adagiano la polvere, piccole ombre che fuggono da me.
È musica che si apre e si chiude, Italia mia, su Bleecker,
ciao, Antonio, e le grida d’acqua dei bambini
che strappano il cielo rosa in rivoli di carta;
è il crepuscolo nelle narici e nell’odore dell’acqua
lungo strade imbrattate che non ti portano all’acqua,
e isole e limoni raccolti nella mente.
Laggiù c’è l’Hudson, in fiamme come il mare.
Ti spoglierei nell’afa estiva, e riderei e asciugherei
la tua pelle bagnata se mi venissi a trovare.
L’estate per la prosa e i limoni, per la nudità e il languore,
per l'eterna indolenza del ritorno immaginato,
per i rari flauti e i piedi scalzi, e la stanza da letto in agosto
dalle lenzuola arruffate e il sale della domenica, ah violini!
Quando premo i crepuscoli estivi insieme, è
un mese di fisarmoniche di strada e spruzzatori
che adagiano la polvere, piccole ombre che fuggono da me.
È musica che si apre e si chiude, Italia mia, su Bleecker,
ciao, Antonio, e le grida d’acqua dei bambini
che strappano il cielo rosa in rivoli di carta;
è il crepuscolo nelle narici e nell’odore dell’acqua
lungo strade imbrattate che non ti portano all’acqua,
e isole e limoni raccolti nella mente.
Laggiù c’è l’Hudson, in fiamme come il mare.
Ti spoglierei nell’afa estiva, e riderei e asciugherei
la tua pelle bagnata se mi venissi a trovare.
Sola Sedevo - Emily Bronte
Sola Sedevo - Emily Bronte
Sola sedevo; il giorno d’estate
era morto in una luce sorridente;
lo vedevo morire, lo guardavo impallidire
dalla collina nebbiosa e dal quieto bosco.
E pensieri si addensavano nella mia anima,
e il mio cuore si piegava davanti alla loro forza;
e lacrime mi sgorgavano dagli occhi
perché non potevo esprimere il sentimento,
la solenne gioia che mi circondava
in quella divina ora di pace.
Mi chiedevo, O perché il Cielo
Mi ha negato il prezioso dono,
il dono glorioso concesso a molti,
di esprimere in poesia i loro pensieri?
Sogni mi hanno ghermita, dicevo,
fin dal tempo solare dell’infanzia felice;
visioni di ardente fantasia mi nutrivano
mentre la vita entrava nella sua aurora.
Ma ora, mentre avevo la speranza di cantare,
Le mie dita pizzicano una corda priva di suono;
e nondimeno l’onere del passo –
è di non lottare più, è tutto vano.
Sola sedevo; il giorno d’estate
era morto in una luce sorridente;
lo vedevo morire, lo guardavo impallidire
dalla collina nebbiosa e dal quieto bosco.
E pensieri si addensavano nella mia anima,
e il mio cuore si piegava davanti alla loro forza;
e lacrime mi sgorgavano dagli occhi
perché non potevo esprimere il sentimento,
la solenne gioia che mi circondava
in quella divina ora di pace.
Mi chiedevo, O perché il Cielo
Mi ha negato il prezioso dono,
il dono glorioso concesso a molti,
di esprimere in poesia i loro pensieri?
Sogni mi hanno ghermita, dicevo,
fin dal tempo solare dell’infanzia felice;
visioni di ardente fantasia mi nutrivano
mentre la vita entrava nella sua aurora.
Ma ora, mentre avevo la speranza di cantare,
Le mie dita pizzicano una corda priva di suono;
e nondimeno l’onere del passo –
è di non lottare più, è tutto vano.
Diario - Attilio Bertolucci
Diario - Attilio Bertolucci
I
Al soffio del tramonto
indora il cielo estivo
calda l’aria si posa
sulle tue mani.
Riluce il fieno sparso
sin presso le rose
lieto già del serale
effondersi dei grilli.
Tornata di lontano,
sotto il panama bianco
celi l’animazione
e la stanchezza degli occhi.
II
Finché veniva la luna
con la sua lucerna
ad ammonirci di tornare,
bruna ormai l'aria.
I
Al soffio del tramonto
indora il cielo estivo
calda l’aria si posa
sulle tue mani.
Riluce il fieno sparso
sin presso le rose
lieto già del serale
effondersi dei grilli.
Tornata di lontano,
sotto il panama bianco
celi l’animazione
e la stanchezza degli occhi.
II
Finché veniva la luna
con la sua lucerna
ad ammonirci di tornare,
bruna ormai l'aria.
L'estate - Yolanda Soner Onis
L'estate - Yolanda Soner Onis
L'estate
è un sentiero
che costeggia il dirupo,
trasparenza d'acqua fra le isole
sparse, pietra del lampo
e caverne che uniscono la spiaggia
con l'orizzonte.
Nell'entroterra,
c'è chi porta agli altri il mare
nello sguardo,
gocce di sabbia nei boccioli del sogno.
L'estate è un ragazzo dagli occhi chiari,
un lunedì di febbraio, nel pomeriggio
in un bar di Madrid.
L'estate
è un sentiero
che costeggia il dirupo,
trasparenza d'acqua fra le isole
sparse, pietra del lampo
e caverne che uniscono la spiaggia
con l'orizzonte.
Nell'entroterra,
c'è chi porta agli altri il mare
nello sguardo,
gocce di sabbia nei boccioli del sogno.
L'estate è un ragazzo dagli occhi chiari,
un lunedì di febbraio, nel pomeriggio
in un bar di Madrid.
Poesia dell'Illuminazione – Lenore Kandel
Poesia dell'Illuminazione – Lenore Kandel
Siamo stati tutti fratelli, ermafroditi come le ostriche
donando le nostre perle sbadatamente
nessuno aveva ancora inventato la proprietà
né la colpa né il tempo
guardavamo passare le stagioni, eravamo cristallini come neve
e ci fondevamo gentilmente in forme più nuove
mentre le stelle ci ruotavano sopra la testa
non avevamo imparato a tradire
i nostri esseri erano perle
irritanti trasmutate in splendore
e offerte sbadatamente
le nostre perle diventarono più preziose e i nostri sessi
statici
la mutabilità fece crescere una conchiglia, scoprimmo diversi
linguaggi
parole nuove per nuovi concetti, inventammo orologi e sveglia
barriere lealtà
tuttavia...perfino ora...facendo finta di comunicare
infinite percezioni
mi ricordo
che siamo tutti stati fratelli
e offro sbadatamente
Siamo stati tutti fratelli, ermafroditi come le ostriche
donando le nostre perle sbadatamente
nessuno aveva ancora inventato la proprietà
né la colpa né il tempo
guardavamo passare le stagioni, eravamo cristallini come neve
e ci fondevamo gentilmente in forme più nuove
mentre le stelle ci ruotavano sopra la testa
non avevamo imparato a tradire
i nostri esseri erano perle
irritanti trasmutate in splendore
e offerte sbadatamente
le nostre perle diventarono più preziose e i nostri sessi
statici
la mutabilità fece crescere una conchiglia, scoprimmo diversi
linguaggi
parole nuove per nuovi concetti, inventammo orologi e sveglia
barriere lealtà
tuttavia...perfino ora...facendo finta di comunicare
infinite percezioni
mi ricordo
che siamo tutti stati fratelli
e offro sbadatamente
Lettera Rivoluzionaria 1 – Diane Di Prima
Lettera Rivoluzionaria 1 – Diane Di Prima
Ho appena capito che il premio sono io
non ho altro
denaro per riscatto, nient'altro da spezzare o scambiare che la vita
il mio spirito dosato, frammentario, sparso
sul tavolo della roulette, ripago quanto posso
nient'altro da ficcare sotto il naso del maitre de jeu
nulla da spingere fuori dalla finestra, niente bandiare bianche
questa carne è tutto ciò che ho da offrire, fare il gioco con
questa testa qui e ora, e quello che vien dietro, la mia mossa
mentre strisciamo sopra questo bordo, proseguendo sempre
(si spera) fra le righe.
Ho appena capito che il premio sono io
non ho altro
denaro per riscatto, nient'altro da spezzare o scambiare che la vita
il mio spirito dosato, frammentario, sparso
sul tavolo della roulette, ripago quanto posso
nient'altro da ficcare sotto il naso del maitre de jeu
nulla da spingere fuori dalla finestra, niente bandiare bianche
questa carne è tutto ciò che ho da offrire, fare il gioco con
questa testa qui e ora, e quello che vien dietro, la mia mossa
mentre strisciamo sopra questo bordo, proseguendo sempre
(si spera) fra le righe.
Iscriviti a:
Post (Atom)