Edward Hopper - The Lee Shore, 1941.
Solitudine - John Keats
Solitudine, se vivere devo con te,
Sia almeno lontano dal mucchio confuso
Delle case buie; con me vieni in alto,
Dove la natura si svela, e la valle,
Il fiorito pendio, la piena cristallina
Del fiume appaiono in miniatura;
Veglia con me, dove i rami fanno dimore,
E il cervo veloce, balzando, fuga
Dal calice del fiore l'ape selvaggia.
Qui sarei felice anche con te. Ma la dolce
Conversazione d'una mente innocente, quando le parole
Sono immagini di pensieri squisiti, è il piacere
Dell'animo mio. E' quasi come un dio l'uomo
Quando con uno spirito affine abita in te.
8 agosto 2020
Solitudine - John Keats
Pensai di morire – Pablo Neruda
Pensai di morire – Pablo Neruda
Pensai di morire, sentii dappresso il freddo,
e di quanto io vissi solo te lasciavo:
la tua bocca era il mio giorno e la mia notte terrestri
e la tua pelle repubblica fondata dai miei baci.
In quell’istante finirono i libri,
l’amicizia, i tesori accumulati senza tregua,
la casa trasparente che tu e io costruimmo:
tutto cessò d’esistere meno i tuoi occhi.
Perché l’amore, mentre la vita c’incalza,
è semplicemente un’onda alta sulle onde,
ma ahi quando la morte viene a bussare alla porta
solo c’è il tuo sguardo per tanto vuoto,
solo la tua carità per non continuare ad esistere,
solo il tuo amore per chiudere l’ombra.
Pensai di morire, sentii dappresso il freddo,
e di quanto io vissi solo te lasciavo:
la tua bocca era il mio giorno e la mia notte terrestri
e la tua pelle repubblica fondata dai miei baci.
In quell’istante finirono i libri,
l’amicizia, i tesori accumulati senza tregua,
la casa trasparente che tu e io costruimmo:
tutto cessò d’esistere meno i tuoi occhi.
Perché l’amore, mentre la vita c’incalza,
è semplicemente un’onda alta sulle onde,
ma ahi quando la morte viene a bussare alla porta
solo c’è il tuo sguardo per tanto vuoto,
solo la tua carità per non continuare ad esistere,
solo il tuo amore per chiudere l’ombra.
Note dall’Al di Là - Jane Kenion
Note dall’Al di Là - Jane Kenion
Mi sono spogliata di disperazione
e paura quando venni qui.
Ora niente più sorprendersi
gli occhi nello specchio,
non più cattivi libri, né plastica,
o premi assicurativi, non più naturalmente
malattia. La contrizione
non esiste, nemmeno digrignar
di denti. Nessun grido appena
la prima zolla il feretro colpisce.
Povertà non abbiamo più con noi.
I nostri calmi cuori battono solo l’ora,
e Dio, come promesso, dimostra
di essere pietà ammantata di luce.
Mi sono spogliata di disperazione
e paura quando venni qui.
Ora niente più sorprendersi
gli occhi nello specchio,
non più cattivi libri, né plastica,
o premi assicurativi, non più naturalmente
malattia. La contrizione
non esiste, nemmeno digrignar
di denti. Nessun grido appena
la prima zolla il feretro colpisce.
Povertà non abbiamo più con noi.
I nostri calmi cuori battono solo l’ora,
e Dio, come promesso, dimostra
di essere pietà ammantata di luce.
La mummia - Fernando Pessoa
Edward Hopper - Excursion into Philosophy, 1958
La mummia - Fernando Pessoa
I
ho camminato per luoghi e luoghi d’ombra
Ben al di là del mio pensiero.
Senza né sopra né sotto è fiorita
La mia inazione con il suo senza-unione,
E le lampade si sono spente
Nell’alcova che vacillava.
Ogni fine presto si muta
In deserti di seta
Che l mio toccare osserva
Tra i veli dell’alcova,
Senza che la mia vita lo sappia.
E’ un’oasi nell’Incerto
E, come un sospetto
Di luce attraverso nessuna fessura,
Passa una carovana.
Improvvisamente mi sfugge
Come è lo spazio, e il tempo
Invece che essere orizzontale
E’ verticale.
L’alcova
Discende non sa per dove
Fino a non trovarmi più.
Un fumo leggero si alza
In seguito alle mie sensazioni.
Smetto di unirmi
A me stesso. Non c’è
Né dentro né fuori.
E il deserto presente
Si gira verso il basso.
E la nozione che mi dà vita
Ha dimenticato il mio nome.
Sull’anima il mio corpo mi pesa.
Mi sento tappezzeria
Appesa alla sala
Dove dimora qualche morto.
Qualcosa è scaduto
E ha risuonato nell’infinito.
I
ho camminato per luoghi e luoghi d’ombra
Ben al di là del mio pensiero.
Senza né sopra né sotto è fiorita
La mia inazione con il suo senza-unione,
E le lampade si sono spente
Nell’alcova che vacillava.
Ogni fine presto si muta
In deserti di seta
Che l mio toccare osserva
Tra i veli dell’alcova,
Senza che la mia vita lo sappia.
E’ un’oasi nell’Incerto
E, come un sospetto
Di luce attraverso nessuna fessura,
Passa una carovana.
Improvvisamente mi sfugge
Come è lo spazio, e il tempo
Invece che essere orizzontale
E’ verticale.
L’alcova
Discende non sa per dove
Fino a non trovarmi più.
Un fumo leggero si alza
In seguito alle mie sensazioni.
Smetto di unirmi
A me stesso. Non c’è
Né dentro né fuori.
E il deserto presente
Si gira verso il basso.
E la nozione che mi dà vita
Ha dimenticato il mio nome.
Sull’anima il mio corpo mi pesa.
Mi sento tappezzeria
Appesa alla sala
Dove dimora qualche morto.
Qualcosa è scaduto
E ha risuonato nell’infinito.
Un giorno - Bella Achatovna Achmadulina
Edward Hopper.Compartment C, Car 293
Un giorno - Bella Achatovna Achmadulina
Un giorno, dondolando sull’orlo
di tutto ciò che è, avvertii nel corpo
la presenza di un’ombra irreparabile
che spingeva altrove la mia vita.
Nessuno lo sapeva, solo il quaderno
bianco si era accorto che avevo spento
le candele, accese per crear parole:
senza di loro non mi dispiaceva morire.
Soffrivo tanto! Tanto m’avvicinai
alla fine dei tormenti! Non dissi una parola.
Era l’anima, ancora debole,
che cercava un’altra età.
Mi misi a vivere, e vivrò a lungo.
Da quel giorno chiamo tormento
terreno solo ciò che non ho cantato;
il resto lo chiamo beatitudine.
Un giorno, dondolando sull’orlo
di tutto ciò che è, avvertii nel corpo
la presenza di un’ombra irreparabile
che spingeva altrove la mia vita.
Nessuno lo sapeva, solo il quaderno
bianco si era accorto che avevo spento
le candele, accese per crear parole:
senza di loro non mi dispiaceva morire.
Soffrivo tanto! Tanto m’avvicinai
alla fine dei tormenti! Non dissi una parola.
Era l’anima, ancora debole,
che cercava un’altra età.
Mi misi a vivere, e vivrò a lungo.
Da quel giorno chiamo tormento
terreno solo ciò che non ho cantato;
il resto lo chiamo beatitudine.
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