29 luglio 2015

Riscaldando le sue perle - Carol Ann Duffy

Riscaldando le sue perle - Carol Ann Duffy

Accanto alla mia pelle, le sue perle.
La mia padrona mi chiede di portarle, scaldarle, fino a sera
quando i capelli le spazzolerò. Alle sei, io le poso
sul suo collo fresco e bianco. Tutto il giorno la penso,
che riposa nella Stanza Gialla, contemplando della seta
o taffetà, che vestito stasera? Lei si fa vento
mentre io lavoro di buona lena, il mio calore lento
che entra in ogni perla. Lenta la sua catena sul mio collo.
Lei è bella. La sogno nel mio letto
in mansarda; la immagino mentre balla
con uomini alti, perplessi della mia fragranza debole e insistente
sotto il suo profumo francese, le sue pietre di latte.
Le spolvero le spalle con una zampa di coniglio,
vedo il gentil rossore filtrare sulla pelle
come un sospiro pigro. Nel suo specchio
le mie labbra si schiudono come se volessi parlare.
Luna piena. La sua carrozza la riporta a casa. Vedo
ogni suo movimento nella mia testa… Spogliandosi,
togliendosi i gioielli, la mano snella che si allunga
verso il cofanetto, scivolando nuda tra le lenzuola, come
fa sempre… E io sto qua sveglia,
sapendo che le perle ora si stanno raffreddando
nella camera dove dorme la mia padrona. Tutta la notte
sento la loro assenza e brucio.

Richiamo - Julia Hartwig

Richiamo - Julia Hartwig

Stenditi accanto a me.
Come la volpe vicino alla sua femmina, come l'uccello vicino all'uccello
quando echeggia l'ululare del gufo.

Che ci avvolga la saggezza del tacere, la saggezza del calore,
la saggezza dell'addio molto prima ancora di andare via.
Distesi l'uno vicino all'altra guardiamo la notte.
Si inchineranno a noi le quattro pareti del mondo
e i viandanti delle tenebre poseranno ai nostri piedi doni sognati,
farmaci e talismani.

Il piano infinito - Isabel Allende

Il piano infinito - Isabel Allende

Adesso che ho superato già
tanti dolori e posso
leggere il mio destino come
una mappa piena di errori,
quando non sento nessuna compassione
di me stesso e posso
passare in rassegna
la mia esistenza senza sentimentalismi,
perché ho trovato una relativa pace,
lamento solo la
perdita dell'innocenza.
Mi manca l'idealismo della gioventù,
del tempo in cui esisteva ancora per me
una chiara linea divisoria
tra il bene e il male
e credevo che fosse possibile agire
sempre in accordo con
principi amovibili.

Inseguimento - Sylvia Plath

Inseguimento - Sylvia Plath

Entro nella torre delle mie paure,
chiudo la porta su quella oscura colpa,
sprango la porta, tutte le porte sprango.

Il sangue corre, mi rimbomba
nelle orecchie: il passo
della pantera è sulle scale,
ora la sento che sale, che sale.
il passo della pantera è sulle scale,
ora la sento che sale, che sale.

Sono l'ultimo poeta del villaggio - Sergej Esenin

Sono l'ultimo poeta del villaggio - Sergej Esenin

Sono l'ultimo poeta del villaggio,
Nei miei canti è modesto il ponte di tavole.
Assisto alla messa d'addio
Delle betulle che incensano.

Si struggerà in una fiamma d'oro,
La candela di cera corporale;
L'orologio di legno della luna
Rantolerà la mia ora dodicesima.

Sul sentiero del campo ceruleo
Uscirà presto l'ospite di ferro,
E il suo nero pugno raccoglierà
L'avena che versa l'aurora.

Morte mani straniere, questi canti
Non vivranno per voi!
Si affliggeranno per l'antico padrone
Solo le spighe-cavalle.

Celebrando una danza funeraria,
Suggerà il vento il loro nitrito.
Presto, preso un orologio di legno
Rantolerà la mia dodicesma ora.

26 luglio 2015

Fino al fondo - Zinaida Nikolaevna

Fino al fondo - Zinaida Nikolaevna

Ti saluto, o mia sconfitta,
te e la vittoria amo ugualmente;
sul fondo del mio orgoglio – è l’umiltà,
e la gioia, e il dolore – tutti in uno.
Sulle acque chete, nella placidità
di una chiara sera – vaga ancora una nebbia;
nell’ultima crudezza è immensa tenerezza,
e nel Divino vero – un Divino inganno.
Amo la mia disperazione smisurata,
a noi – la gioia nell’ultima goccia è data.
E soltanto una cosa io qui so con certezza:
bisogna ogni calice berlo – fino in fondo.

Profughi politici a Roma nel 1970 e dopo - Titos Patrikios

Profughi politici a Roma nel 1970 e dopo - Titos Patrikios

Vedevo tanti perseguitati nelle città
in cui sceglievo o ero costretto a vivere
ma più da vicino li conobbi a Roma
che ci accoglieva col suo abbraccio materno.
Eravamo tutti in fuga da fascismi uguali
compagni ma di lingue diverse, improvvisamente fratelli
con gli stessi punti di partenza,
le stesse prospettive divergenti,
e poi scoprivo sulla sponda opposta
uomini tormentati, con percorsi contrari,
in fuga da regimi che un tempo ammiravo.
Ne vedo ancor oggi chiaramente i volti
mentre di pochi ricordo ancora il nome:
Pedro, un poeta spagnolo, Manuel,
un disertore portoghese, l’iraniano Ahmat,
il colombiano Míro, il cileno Raúl,
il giornalista Andràs da Budapest,
il cubano Ignacio, la polacca Hanka,
la coppia anonima di studenti cechi.
Cambiavano i persecutori, aumentavano i perseguitati
parlavano continuamente dei loro Paesi lontani
costruendosi due o anche tre vite in terra straniera,
non so che cosa ne sia stato di loro, dove siano finiti.
Mi sono accorto in ritardo che anche noi
assumevamo il ruolo di persecutori,
naturalmente d’incidenza trascurabile,
perfino quando eravamo convinti
dell’importanza del nostro ruolo;
molto più tardi mi resi conto
che la grande persecutrice era sempre una
e in mezzo a noi c’era il vuoto
che imprevedibilmente aumentava o diminuiva.

traduzione di Nicola Crocetti

25 luglio 2015

Ragazza dalle guance di pesca - Italo Calvino

Ragazza dalle guance di pesca - Italo Calvino

O ragazza dalle guance di pesca,
O ragazza dalle guance d’aurora,
Io spero che a narrarti riesca
La mia vita all’età che tu hai ora.
Coprifuoco: la truppa tedesca
La città dominava. Siam pronti.
Chi non vuole chinare la testa
Con noi prenda la strada dei monti.
Silenziosi sugli aghi di pino,
Su spinosi ricci di castagna,
Una squadra nel buio mattino
Discendeva l’oscura montagna.
La speranza era nostra compagna
Ad assaltar caposaldi nemici
Conquistandoci l’armi in battaglia
Scalzi e laceri eppure felici.
Avevamo vent’anni e oltre il ponte
Oltre il ponte che è in mano nemica
Vedevam l’altra riva, la vita,
Tutto il bene del mondo oltre il ponte.
Tutto il male avevamo di fronte,
Tutto il bene avevamo nel cuore,
A vent’anni la vita è oltre il ponte,
Oltre il fuoco comincia l’amore.
Non è detto che fossimo santi,
L’eroismo non è sovrumano,
Corri, abbassati, dài, balza avanti,
Ogni passo che fai non è vano.
Vedevamo a portata di mano,
Dietro il tronco, il cespuglio, il canneto,
L’avvenire d’un mondo più umano
E più giusto, più libero e lieto.
Avevamo vent’anni e oltre il ponte
Oltre il ponte che è in mano nemica
Vedevam l’altra riva, la vita,
Tutto il bene del mondo oltre il ponte.
Tutto il male avevamo di fronte,
Tutto il bene avevamo nel cuore,
A vent’anni la vita è oltre il ponte,
Oltre il fuoco comincia l’amore.
Ormai tutti han famiglia, hanno figli,
Che non sanno la storia di ieri.
lo son solo e passeggio tra i tigli
Con te, cara, che allora non c’eri.
E vorrei che quei nostri pensieri,
Quelle nostre speranze d’allora,
Rivivessero in quel che tu speri,
O ragazza color dell’aurora.
Avevamo vent’anni e oltre il ponte
Oltre il ponte che è in mano nemica
Vedevam l’altra riva, la vita,
Tutto il bene del mondo oltre il ponte.
Tutto il male avevamo di fronte,
Tutto il bene avevamo nel cuore,
A vent’anni la vita è oltre il ponte,
Oltre il fuoco comincia l’amore.

Nel parco - Evgenij Evtusenko

Nel parco - Evgenij Evtusenko

Per i labirinti del parco
tu e io andavamo.
Tutto in quel mezzogiorno, ci rallegrava:
l'arco che si curvava sul padiglione,
le attrazioni, la calca agli sportelli della biglietteria,
il luccicante lindore dei praticelli rasati e
presso il tirassegno due filari d'acacie.
Sulla facciata
di uno stand presso un laghetto
i cartelloni del film Constantin Zaslonov,
il vestitino di una ragazzetta tutto svolazzi e falpalà;
volti balenanti tra la ressa, il frullare di uccelli
che prendono il volo,
gelati Eskimò in involucri
argentati su bancarelle blu...
Tu e io andavamo sempre più felici
sorridendo ai bambini,
agli uccelli
ai fiori alle erbe,
quando improvvisa
(venuta da chissà dove!)
la pioggia
si rovesciò a scroscio sul nostro capo.
Con passo schioccante, sollevando alti spruzzi
attraverso i prati,
respirando ozono,
la pioggia camminava,
e noi correvamo per non farci raggiungere.
Con un'allegra caccia all'uomo, l'acqua
galoppò dietro a noi,
urtando contro i rami,
ora raggiungendoci,
ora di nuovo perdendoci...
E in un chioschetto dal vento avvolto
con una rete diafana di fili,
dove le gocce saltavano
in una danza frenetica,
in mezzo a trasparenti lustrini
di cascatelle d'acqua,
noi alzammo gli occhi,
e l'inchiostro dei nostri sguardi
fu
una dichiarazione d'amore.
Poi l'acquazzone cessò
Come era venuto, tutt'a un tratto...
il rombo del tuono morì in lontananza
con le sue ultime salve...
Il profumo dei lillà dischiusi
si confondeva con l'odore della terra.
Scintillava la sabbia.

Dono - Forugh Farrokhzad

Dono - Forugh Farrokhzad

Io parlo dagli abissi della notte.
Dagli abissi dell’oscurità io parlo
Dal profondo della notte.

O amico, se vieni a casa, porta per me una luce
E unna piccola finestra,
da cui guardare la gente del vicolo felice.

Ad Annie - Giosuè Carducci

Ad Annie - Giosuè Carducci

Batto a la chiusa imposta con un ramicello di fiori
glauchi ed azzurri, come i tuoi occhi, o Annie.

Vedi: il sole co' l riso d'un tremulo raggio ha baciato
la nube, e ha detto - Nuvola bianca, t'apro. -

Senti: il vento de l'alpe con fresco susurro saluta
la vela, e dice - Candida vela, vai. -

Mira: l'augel discende da l'umido cielo su'l pèsco
in fiore, e trilla - Vermiglia pianta, odora. -

Scende da' miei pensieri l'eterna dea poesia
su 'l cuore, e grida - O vecchio cuore, batti. -

E docile il cuore ne' tuoi grandi occhi di fata
s'affusa, e chiama. - Dolce fanciulla, canta. -

La musica - Charles Baudelaire

La musica - Charles Baudelaire

Spesso è un mare, la musica, che mi prende ogni senso!
A un bianco astro fedele,
sotto un tetto di brume o nell'etere immenso,
io disciolgo le vele.

Gonfi come una tela i polmoni di vento,
varco su creste d'onde,
e col petto in avanti sui vortici m'avvento
che il buio mi nasconde.

D'un veliero in travaglio la passione mi vibra
in ogni intima fibra;
danzo col vento amico o col pazzo ciclone
sull'infinito gorgo.

Altre volte bonaccia, grande specchio ove scorgo
la mia disperazione!

24 luglio 2015

La sera - Rainer Maria Rilke

La sera - Rainer Maria Rilke

Vien da lungi la Sera, camminando
per la pineta tacita, di neve.
Poi, contro tutte le finestre preme
le sue gelide guance; e, zitta, origlia.
Si fa silenzio, allora, in ogni casa.
Siedono i vecchi, meditando. I bimbi
non si attentano ancora ai loro giuochi.
Cade di mano alle fantesche il fuso.

La Sera ascolta, trepida, pei vetri;
tutti - all'interno - ascoltano la Sera.

Quando saprai che sono morto - Ernesto Che Guevara

Quando saprai che sono morto - Ernesto Che Guevara


Quando saprai che sono morto
non pronunciare il mio nome
perché si fermerebbe
la morte e il riposo.
Quando saprai che sono morto di
sillabe strane.
Pronuncia fiore, ape,
lagrima, pane, tempesta.
Non lasciare che le tue labbra trovino le mie dieci lettere.
Ho sonno, ho amato, ho
raggiunto il silenzio.

Il male - Arthur Rimbaud

Il male - Arthur Rimbaud

Mentre gli sputi rossi della mitraglia
sibilano senza posa nel cielo blu infinito;
scarlatti o verdi, accanto al re che li schernisce
crollano i battaglioni in massa in mezzo al fuoco,

mentre un'orrenda follia, una poltiglia
fumante fa di centomila uomini,
- Poveri morti! Nell'estate, nell'erba e nella gioia
tua, o natura! tu che santamente li creasti!

- C'è un dio che ride sulle tovaglie di damasco
degli altari, nell'incenso e nei grandi calici d'oro,
che s'addormenta cullato dagli Osanna,

- e si risveglia, quando madri chine
sulla loro angoscia, piangendo sotto i vecchi cappelli neri
gli danno un soldo legato nel loro fazzoletto.

23 luglio 2015

“IL SOL DELL’AVVENIRE”: il film documentario sulle brigate rosse il 28 luglio a Marconia


da "Basilicatanet" - 22 luglio 2015
 
I primi contraccolpi di natura ideologica di cui risentono i partiti e gli equilibri nel centrosinistra degli anni Cinquanta, rappresentano un essenziale spartiacque per la sinistra italiana. Il filo che collega questa fase storica del nostro Paese con altri due momenti, la Resistenza antifascista ed i cosiddetti anni di piombo, è forse la chiave per comprendere l’analogia che si salda tra due momenti così lontani nella storia italiana. 
La storia mai raccontata delle Brigate rosse - sottolinea la Fondazione Basilicata Futuro - è stata ricostruita in un libro (Cosa sono le Br?) ed un film (Il sol dell’avvenire). In questa cornice proveremo a rileggere una delle fasi più truci della storia d’Italia, contrassegnata dal terrore rosso e nero.
Proveremo a riconsiderare l’impegno e la militanza nel clima di guerra civile che caratterizza gli anni Settanta, il ruolo delle Brigate rosse con uno dei suoi protagonisti del tempo, Alberto Franceschini, criticamente impegnato – aggiunge la Fondazione - in una rivisitazione dell’esperienza passata: gli errori, le illusioni e la tragedia di una generazione; il filo rosso di una presunzione di colpevolezza nella circostanza dell’assassinio di Aldo Moro; le trame ideali di una visione antitetica all’affermazione della democrazia e la inconciliabile tensione politica di gruppi terroristi con gli stabili presidi della rappresentanza del lavoro e del PCI, che “irreparabilmente” sceglie il campo della democrazia e dell’equilibrio costituzionale a far data dal congresso di Bologna del 1969; indagheremo le cause ed i richiami ideali alla tradizione della resistenza antifascista; getteremo uno sguardo alle contrapposte e diversamente declinate strategie della tensione, negli anni del protagonismo rivoluzionario di destra e di sinistra. 
Saranno questi alcuni degli spunti che accompagneranno la proiezione del documentario “Il sol dell’avvenire” del giornalista e scrittore lucano Giovanni Fasanella e di Gianfranco Pannone. I tre momenti si terranno nei giorni 26, 27 e 28 luglio (il primo alle 21.00, i successivi alle 18.30) rispettivamente nei Comuni di San Fele, Banzi e Pisticci-Marconia e vedranno l’avvicendarsi di personalità della politica nazionale e regionale quali il viceministro Bubbico, il parlamentare SEL Antonio Placido, il segretario PD Antonio Luongo ed il dirigente dem Erminio Restaino. I dibattiti saranno moderati dai giornalisti Fabio Amendolara e Ugo Maria Tassinari.

Ultimi deliri - Dacia Maraini

Ultimi deliri - Dacia Maraini

Ultimi deliri
ultimi diluvi di una giovinezza
sparite leggerezze, occhi spezzati
come è fresca la giornata che nasce
vita mia che ti sfiorisci
senza saperlo e perdi ad una ad una
le voglie più stupide e gloriose
morire senza degenerare
sarebbe giusto e dolce
chiudere la bocca senza dire addio
allungarsi sul letto ed
essere già freddi e lontani
camminare via coi piedi
nelle scarpe di cartone
ma la dolcezza sbolle lentamente
si perde nei sentieri degli occhi
fa nidi sparsi fra i pensieri
le palpebre pesanti
si aprono ancora la mondo
e il gusto della vita
si insinua sotto la lingua.

L'avvoltoio - Samuel Beckett

L'avvoltoio - Samuel Beckett

trascinando la sua fame per il cielo
del mio cranio guscio di cielo e terra

scendendo verso i proni che dovranno
presto raccogliere la loro vita e muoversi

derisi da un tessuto che non può servire
finché fame terra e cielo saranno putridume

Prospettiva (da "Due punti") - Wislawa Szymborska

Prospettiva (da "Due punti") - Wislawa Szymborska

Si sono incrociati come estranei,
senza un gesto o una parola,
lei diretta al negozio,
lui alla sua auto.

Forse smarriti
O distratti
O immemori
Di essersi, per un breve attimo,
amati per sempre.

D'altronde nessuna garanzia
Che fossero loro.
Sì, forse, da lontano,
ma da vicino niente affatto.

Li ho visti dalla finestra
E chi guarda dall'alto
Sbaglia più facilmente.

Lei è sparita dietro la porta a vetri,
lui si è messo al volante
ed è partito in fretta.
Cioè, come se nulla fosse accaduto,
anche se è accaduto.

E io, solo per un istante
Certa di quel che ho visto,
cerco di persuadere Voi, Lettori,
con brevi versi occasionali
quanto triste è stato.

Amore dopo amore - Derek Walcott

Amore dopo amore - Derek Walcott

Tempo verrà
in cui, con esultanza,
saluterai te stesso arrivato
alla tua porta, nel tuo proprio specchio,
e ognuno sorriderà al benvenuto dell’altro,

e dirà: Siedi qui. Mangia.
Amerai di nuovo lo straniero che era il tuo Io.
Offri vino. Offri pane. Rendi il cuore
a se stesso, allo straniero che ti ha amato

per tutta la tua vita, che hai ignorato
per un altro e che ti sa a memoria.
Dallo scaffale tira giù le lettere d’amore,

le fotografie, le note disperate,
sbuccia via dallo specchio la tua immagine.
Siediti. È festa: la tua vita è in tavola.

In un'aula - Adrienne Rich

In un'aula - Adrienne Rich

Parlando di poesia, spostando le braccia
piene di libri sul tavolino dove le facce
guardano in giù oppure in alto, ascoltando, leggendo
ad alta voce, parlando di consonanti, di elisioni,
intrappolate nel come, ignorando il perché;
guardo il tuo viso, Jude,
né immusonito né remissivo,
opaco nell'obliqua pioggia di polvere sulla tavola:
una presenza come la pietra, se la pietra potesse pensare
Ciò che non posso dire, è me. Per questo sono venuta.

da “Dialoghi con Leucò - Cesare Pavese



da “Dialoghi con Leucò - Cesare Pavese

CALIPSO Odisseo, non c’è nulla di molto diverso. Anche tu come me vuoi fermarti su un’isola. Hai veduto e patito ogni cosa. Io forse un giorno ti dirò quel che ho patito. Tutti e due siamo stanchi di un grosso destino. Perché continuare? Che t’importa che l’isola non sia quella che cercavi? Qui mai nulla succede. C’è un po’ di terra e un orizzonte. Qui puoi vivere sempre.
ODISSEO Una vita immortale
CALIPSO Immortale è chi accetta l’istante. Che non conosce più un domani. Ma se ti piace la parola, dilla. Tu sei davvero a questo punto?
ODISSEO Io credevo immortale chi non teme la morte.
CALIPSO Chi non spera di vivere. Certo, quasi lo sei. Hai patito molto anche tu. Ma perché questa smania di tornartene a casa? Sei ancora inquieto. Perché i discorsi che da solo vai facendo tra gli scogli?
ODISSEO Se domani io partissi tu saresti infelice?
CALIPSO Vuoi sapere troppo, caro. Diciamo che sono immortale. Ma se tu non rinunci ai tuoi ricordi e ai sogni, se non deponi la smania e non accetti l’orizzonte, non uscirai da quel destino che conosci,.
ODISSEO Si tratta sempre di accettare un orizzonte. E ottenere che cosa?
CALIPSO Ma posare la testa e tacere, Odisseo. TI sei mai chiesto perché anche noi cerchiamo il sonno? Ti sei mai chiesto dove vanno i vecchi dèi che il mondo ignora?perchè sprofondano nel tempo, come le pietre nella terra, loro che pure sono eterni? E chi son io, che è Calipso?
ODISSEO Ti ho chiesto se tu sei falice.
CALIPSO Non è questo, Odisseo. L’aria, anche l’aria di quest’isola deserta, che adesso vibra solamente dei rimbombi del mare e di stridi d’uccelli, è troppo vuota. In questo vuoto non c’è nulla da rimpiangere, bada. Ma non senti anche tu certi giorni un silenzio, un arresto, che è come la traccia di un’antica tensione e presenza scomparse?
ODISSEO Dunque anche tu parli con gli scogli?
CALIPSO E’ un silenzio, ti dico. Una cosa remota e quasi morta. Quello che è stato e non sarà mai più. Nel vecchio mondo degli dèi quando un mio gesto era destino. Ebbi nomi paurosi, Odisseo. La terra e il mare mi obbedivano. Poi mi stancai; passò del tempo, non mi volli più muovere. Qualcuna di noi resisté ai nuovi dèi ; lasciai che i nomi sprofondassero nel tempo; tutto mutò e rimase uguale; non vale la pena di contendere ai nuovi il destino. Ormai sapevo il mio orizzonte e perché i vecchi non avevano conteso con noialtri.
ODISSEO Ma non eri immortale?
CALIPSO E lo sono, Odisseo. Di morire non spero. E non spero di vivere. Accetto l’istante. Voi mortali vi attende qualcosa di simile, la vecchiezza e il rimpianto. Perché non vuoi posare il capo con me, su quest’isola?
ODISSEO Lo farei, se credessi che sei rassegnata. Ma anche tu che sei stata signora di tutte le cose, hai bisogno di me, di un mortale, per aiutarti a sopportare.
CALIPSO E’ un reciproco bene, Odisseo. Non c’è vero silenzio se non condiviso
ODISSEO Non ti basta che sono con te quest’oggi?
CALIPSO Non si con me, Odisseo. Tu non accetti l’orizzonte di quest’isola. E non sfuggi al rimpianto.
ODISSEO Quel che rimpiango è parte viva di me stesso come di te il tuo silenzio. Che cos’è mutato per te da quel giorno che terra e mare ti obbedivano? Hai sentito ch’eri sola e ch’eri stanca e scordato i tuoi nomi. Nulla ti è stato tolto. Quel che sei l’hai voluto.
CALIPSO Quello che sono è quasi nulla, caro. Quasi mortale, quasi un’ombra come te. E’ un lungo sonno cominciato chissà quando e tu sei giunto in questo sonno come un sogno. Temo l’alba, il risveglio; se tu vai via, è il risveglio
ODISSEO Sei tu, la signora, che parli?
CALIPSO Temo il risveglio come tu temi la morte. Ecco prima ero morta, ora lo so. Non restava di me su quest’isola che la voce del mare e del vento. Oh non era patire. Dormivo. Ma da quando sei giunto hai portato un’altra isola in te.
ODISSEO Da troppo tempo la cerco. Tu non sai quel che sia avvistare una terra e socchiudere gli occhi ogni volta per illudersi. Io non posso accettare e tacere.
CALIPSO Eppure, Odisseo, voi uomini dite che ritrovare quel che si è perduto è sempre un male. Il passato non torna. Nulla regge all’andare del tempo. Tu che hai visto l’Oceano, i mostri e l’Eliso, potrai ancora riconoscere le case, le tue case?
ODISSEO Tu stessa hai detto che porto l’isola in me
CALIPSO Oh mutata, perduta, un silenzio. L’eco di un mare tra gli scogli o un po’ di fumo. Con te nessuno potrà condividerla. Le case saranno come il viso di un vecchio. Le tue parole avranno un senso altro dal loro. Sarai più solo che nel mare.
ODISSEO Saprò almeno che devo fermarmi.
CALIPSO Non vale la pena, Odisseo. Chi non si ferma adesso, subito, non si ferma mai più. Quello che fai, lo farai sempre. Devi rompere una volta il destino, devi uscire di strada, e lasciarti affondare nel tempo..
ODISSEO Non sono immortale.
CALIPSO Lo sarai, se mi ascolti. Che cos’è vita eterna se non questo accettare l’istante che viene e l’istante che va? L’ebbrezza, il piacere, la morte non hanno altro scopo. Cos’è stato finora il tuo errare inquieto?
ODISSEO Se lo sapessi avrei già smesso. Ma tu dimentichi qualcosa.
CALIPSO Dimmi
ODISSEO Quello che cerco l’ho nel cuore, come te.


22 luglio 2015

Al sole - Ingeborg Bachmann

 Al sole - Ingeborg Bachmann

Più bello della pregevole luna con la sua nobile luce,
Più bello delle stelle, illustri decorazioni della notte,
Molto più bello dell'infocato apparire di una cometa
E a cose assai più belle di tutti gli astri designato,
Poiché da lui ogni giorno la vita tua e la mia dipende, è il sole.

Bel sole, che sorge e non ha dimenticata né ultimata
L'opera sua, bellissimo d'estate, quando la giornata
Evapora dai litorali e le vele pendule a specchio dei tuoi occhi
Trascorrono, finché tu stanco ne dimezzi l'ultima.

Priva di sole, riprende il velo anche l'arte:
Tu non mi appari più, e il mare e la sabbia,
Flagellati dalle ombre, mi fuggono sotto le palpebre.

Bella luce, che dona calore e custodisce e meravigliosa
Provvede a ridonarmi la vista, a ridarmi la vista di te!

Cosa più bella sotto il sole non v'è che star sotto il sole...

Guardare il palo nell'acqua e, sopra, l'uccello
Che medita il volo, e sotto, i pesci a schiere,
Variopinti, ben fatti, venuti al mondo con una missione di luce;
E guardarsi intorno: il quadrato di un campo, il frastagliato
profilo del mio paese,
E l'abito che hai indossato. Il tuo abito, azzurro, a campana!

Il bell'azzurro, dove i pavoni passeggiano facendo riverenze,
Azzurro delle lontananze, delle regioni felici con i baleni
propizi al mio estro,
Azzurra incognita dell'orizzonte! E i miei occhi entusiasti,
Di nuovo si slargano e brillano, e perdutamente riardono.

Bel sole, cui la polvere deve l'ammirazione più alta,
Non per ìa luna né per ie stelle, né perché la notte
Vogliosa di beffarmi sfoggia comete, ma per amore
Di te, all'infinito, e per null'altro al mondo, io farò
Lamento su l'ineluttabile perdita dei miei occhi.

Verrò quando sarai più triste - Emily Bronte

Verrò quando sarai più triste - Emily Bronte

Verrò quando sarai più triste,
steso nell'ombra che sale alla tua stanza;
quando il giorno demente ha perso il suo tripudio,

e il sorriso di gioia è ormai bandito
dalla malinconia pungente della notte.
Verrò quando la verità del cuore
Dominerà intera, non obliqua,
ed il mio influsso si di te stendendosi,
farà acuta la pena, freddo il piacere,
e la tua anima porterà lontano.
Ascolta, è proprio l'ora,
l'ora tremenda per te:
non senti rullarti nell'anima
uno scroscio di strane emozioni,
messaggere di un comando più austero,
araldi di me?


21 luglio 2015

Sesso, consolazione della miseria! - Pier Paolo Pasolini

Sesso, consolazione della miseria! - Pier Paolo Pasolini

Sesso, consolazione della miseria!
La puttana è una regina, il suo trono
è un rudere, la sua terra un pezzo
di merdoso prato, il suo scettro
una borsetta di vernice rossa:
abbaia nella notte, sporca e feroce
come un'antica madre: difende
il suo possesso e la sua vita.
I magnaccia, attorno, a frotte,
gonfi e sbattuti, coi loro baffi
brindisi o slavi, sono
capi, reggenti: combinano
nel buio, i loro affari di cento lire,
ammiccando in silenzio, scambiandosi
parole d'ordine: il mondo, escluso, tace
intorno a loro, che se ne sono esclusi,
silenziose carogne di rapaci.

Ma nei rifiuti del mondo, nasce
un nuovo mondo: nascono leggi nuove
dove non c'è più legge; nasce un nuovo
onore dove onore è il disonore...
Nascono potenze e nobiltà,
feroci, nei mucchi di tuguri,
nei luoghi sconfinati dove credi
che la città finisca, e dove invece
ricomincia, nemica, ricomincia
per migliaia di volte, con ponti
e labirinti, cantieri e sterri,
dietro mareggiate di grattacieli,
che coprono interi orizzonti.

Nella facilità dell'amore
il miserabile si sente uomo:
fonda la fiducia nella vita, fino
a disprezzare chi ha altra vita.
I figli si gettano all'avventura
sicuri d'essere in un mondo
che di loro, del loro sesso, ha paura.
La loro pietà è nell'essere spietati,
la loro forza nella leggerezza,
la loro speranza nel non avere speranza.

Memoria - Natalia Ginzburg


Memoria - Natalia Ginzburg
Gli uomini vanno e vengono per le strade della città.
Comprano cibo e giornali, muovono a imprese diverse.
Hanno roseo il viso, le labbra vivide e piene.
Sollevasti il lenzuolo per guardare il suo viso,
Ti chinasti a baciarlo con un gesto consueto.
Ma era l'ultima volta. Era il viso consueto,
Solo un poco più stanco. E il vestito era quello di sempre.
E le scarpe eran quelle di sempre. E le mani erano quelle
Che spezzavano il pane e versavano il vino.
Oggi ancora nel tempo che passa sollevi il lenzuolo
A guardare il suo viso per l'ultima volta.
Se cammini per strada, nessuno ti è accanto.
Se hai paura, nessuno ti prende la mano.
E non è tua la strada, non è tua la città.
Non è tua la città illuminata: la città illuminata è degli altri,
Degli uomini che vanno e vengono comprando cibi e giornali.
Puoi affacciarti un poco alla quieta finestra
E guardare in silenzio il giardino nel buio.
Allora quando piangevi c'era la sua voce serena.
Allora quando ridevi c'era il suo riso sommesso.
Ma il cancello che a sera s'apriva resterà chiuso per sempre;
E deserta è la tua giovinezza, spento il fuoco, vuota la casa.

Cara signora Milena - Franz Kafka

Cara signora Milena,
da Praga Le scrissi un biglietto e un altro da Merano. Non ho avuto alcuna risposta. I biglietti, è vero, non richiedevano una risposta particolarmente rapida, e se il Suo silenzio non è che un indizio di condizioni di salute relativamente buone, le quali, si sa, trovano spesso la loro espressione nella ripugnanza a scrivere, sono ben contento. Ma può anche darsi – e per questo scrivo – che nei miei biglietti io L'abbia in qualche modo urtata (quale mano involontariamente grossolana avrei, se fosse così!) o, cosa ancora molto peggiore, che quel momento di respiro tranquillo e sollevato, del quale mi ha scritto, sia già passato e di nuovo sia giunto per Lei un periodo cattivo. Nella prima eventualità non saprei che dire, tanto la cosa mi è lontana e tanto vicino tutto il resto, nella seconda eventualità non do consigli – come potrei consigliare? – ma domando soltanto: Perché non si allontana un poco da Vienna? Lei non è senza patria come altre persone. Un soggiorno in Boemia non Le darebbe nuova energia? E se per qualche ragione, andare altrove, forse Merano stessa andrebbe bene. La conosce? Aspetto dunque due cose. O ancora silenzio che vorrebbe dire: "Niente apprensioni, sto proprio bene" . O invece alcune righe.
Cordialmente
Kafka

Rimini - Fabrizio De André

Rimini - Fabrizio De André

Teresa ha gli occhi secchi
guarda verso il mare
per lei figlia di pirati
penso che sia normale
Teresa parla poco
ha labbra screpolate
mi indica un amore perso
a Rimini d'estate
Lei dice bruciato in piazza
dalla santa inquisizione
forse perduto a Cuba nella rivoluzione
o nel porto di New York
nella caccia alle streghe
oppure in nessun posto
ma nessuno le crede
Rimini

E Colombo la chiama
dalla sua portantina
lei gli toglie le manette ai polsi
gli rimbocca le lenzuola
"Per un triste re cattolico - le dice -
ho inventato un regno
e lui lo ha macellato su una croce di legno
E due errori ho commesso
due errori di saggezza
abortire l'America e poi guardarla con dolcezza
ma voi vhe siete uomini
sotto il vento e le vele
non regalate terre promesse
a chi non le mantiene"
Rimini

Ballata - Vincenzo Cardarelli

Ballata - Vincenzo Cardarelli

Ecco la casa ov’io vidi la luce
e la chiesa lì accanto,
dove fui battezzato.

Consolanti evidenze!
Qui antiche donne vivono,
mai sazie di ricordare.
E narrano una storia
ch’io so a memoria e non vorrei sapere.
Narrano la mia storia famigliare.
Dicono che una notte,
col cuore fasciato
di crudeltà e d’ira fredda,
un uomo fece guasto
senza pietà nei suoi affetti più sacri,
disperse una famiglia appena in fiore.
E la casa natale era al mattino
tranquilla e disertata
come se visitata
l’avessero le streghe.
Il tempo come un ciclone
spazzò da questi luoghi
le care immagini.
Di ciò che fu non rimane
che un tacito agitarsi
di memorie e di ombre.
Ma quelle voci ch’io dico
sono implacabili e vive.
Lamentose quale un funebre canto,
alla pietà l’invettiva alternando,
mi rammentano come, ancora in fasce,
m’abbia poco la sorte vezzeggiato.

Il mare di soggettività sto perlustrando - Dario Bellezza

Il mare di soggettività sto perlustrando - Dario Bellezza

Il mare di soggettività sto perlustrando

immemore di ogni altra dimensione.

Quello che il critico vuole non so dare. Solo
oralità invettiva infedeltà

codarda petulanza. Eppure oltre il mio io
sbudellato alquanto c'è già la resa incostante
alla quotidianità. Soffrire umanamente

la retorica di tutti i normali giorni delle
normali persone. Partire per un viaggio

consacrato a tutte le civili suggestioni:
pensione per il poeta maledetto dalle sue
oscure maledizioni.

20 luglio 2015

Avventura - Elsa Morante

Avventura - Elsa Morante
                                          per Luchino Visconti

Hai tu un cuore? La leggenda vuole che tu non l’abbia.
Al vedermi, che per te mi consumo d’amore,
tutti mi dicono: «Ah, pazza, mangiata dalle streghe, rosa dalle fole,
soldato d’imprese disperate, marinaio senza veli né remi,
dove t’avventuri? in quali deserti di sabbia,
dietro Morgane, e fuochi fatui, e larve canzonatrici
tu vuoi spegnere la tua sete nella solitaria morte!
Ah, chi ti gettò questa rete, povero pesciolino?»
Così dice la gente; ma lasciamo che dica!
A chi di te mi sparla, nemica io mi giurai.
Per te, mio santo capriccio, volto divino,
senz’armi e senza bussola sono partita.
Non v’è riposo alla speranza mai.
A difficili amori io nacqui.
Come una rosa in un giardino
d’Africa o d’Asia assai lontano,
come una bandiera alzata
in cima a una nave pirata,
come uno scudo d’argento
appeso in un barbaro tempio,
difficile splende il tuo cuore
il tuo frivolo, indolente cuore,
l’eroico, femmineo tuo cuore.
il tuo regale, intatto cuore,
il cuore dell’amore mio.
Io credo nel tuo cuore!
Le caverne terrestri son tutte una gioielleria.
Funerea primavera per le mie feste vanesie,
l’ametista viola e l’agata lunare
e i diamanti simili a rose cangianti
e il topazio vetrino, il topazio d’oro.
Hanno i cristalli aloni e code di fuoco,
mille comete e lune per la mia notte.
M’offron conchiglie i golfi, e giochi oceanici,
e il cielo boreale riposi e meditazioni.
Dolcezze ha l’aranceto, come salive d’amore,
e l’Asia graziose belve, mie tenere schiave.
Le Maestà dei re conversazioni m’accordano,
e al mio comando s’accendono circhi e teatri.
Ma alla conquista io partii d’un frutto aspro.
Il tuo cuore: altro frutto non voglio mordere.
Non voglio i doni terrestri, al mio potere mi nego.
Il solo mio volere è questa impresa!
Alla conquista d’un frutto amaro andai.
Le cose amare sono le più care.
Segreta, lo so, è la stanza del prezioso cuore ch’io cerco.
Lungo e incerto il viaggio fino al nido
di questa civetta-fenice.
Inesperta son io,
compagno né guida non ho,
ma giungerò alla camera felice
del mio bell’idolo.
Addio, dunque, parenti, amici, addio!
Prima bisogna guadare il lago stagnante
della paura,
e i Grandi Orgogli oltrepassare,
fastosa catena di rupi.
Snidare bisogna l’invidia che s’imbosca
e i mostri di gelosia mettere in fuga,
(ah, San Michele e San Giorgio, datemi il vostro scudo!)
per notti occhiute, selve purpuree,
dove incontrare potrò centauri e ippogrifi,
e bere il magico sangue dei narcisi.
Si levan poi le triplici mura di Sodoma
intorno a campo straniero
dalle sette torri merlate.
Incantare dovrò i guardiani,
riscattare le spose comprate,
e a lungo errerò per corti e fughe di scale,
fra un popolo d’echi e d’inganni
fino alla cara porta, che reca la scritta crudele:
Indietro, o pellegrina. Non riceve.
Ah, fossi alato usignolo, foss’io centaura,
ah, sirena foss’io,
foss’io Medoro o Niso,
che forse a te più amico
sarebbe il nome mio, grazioso cuore!
Invece, Lisa è il mio nome, nacque nell’ora amara
del meriggio, nel segno del Leone,
un giorno di festa cristiana.
Fui semplice ragazza,
madrina a me fu una gatta,
e alla conquista partii d’un dolce cuore.
Or che mi presentai, siimi cortese, o amore.
Di che temi, o selvatico? d’esser preso al laccio?
Ah, no, dell’amara pampa la figlia io non sono.
D’esser trafitto? Io non ho coltello, né pungiglione.
Né son io sbirra, per gettarti in carcere,
né fata, per averti compagno notte e giorno,
mutato in corvo, dentro gabbietta d’oro.
Ah, dall’impresa non giudicarmi eroe!
Leggera è la mia mente più del fuoco,
più che un riccio dei tuoi fulvi capelli.
Per la mia pena, per il tuo vinto amore,
con te soltanto un poco giocare io voglio
come una foglia scherza con l’ombra e il sole,
o una ragazza col suo gatto rosso.
E poi ti dirò addio.
Tu dirai: Lisa! supplicherai: Lisa!
Ah, Lisa! Lisa! chiamerai. Ma io
ti dirò addio.

Preghiera - Anna Maria Ortese

Preghiera - Anna Maria Ortese

Fatemi fuggire
da questo paese strano,
ve ne prego con le mani

giunte, fatemi
andare lontano.

Dove la gente parla
in modo buono e sereno.
dove nessuno mente,
dove nessuno trema.

In Islanda, forse,
o dove comincia il Polo,
il freddo terribile rende
gli uomini sereni e buoni.

Dove c’è il sole non posso,
non me la sento di stare,
e dove c’è folla non voglio,
non posso più abitare.

Tutte queste macchine atroci,
queste parole di minaccia,
queste scene di beffa,
questi patiboli in piazza.

L’uno a vedere come
muore l’altro. Dante vide
queste cose settecento
anni fa.

Era profeta, o grande
cronista del Futuro?
Ecco, il Futuro è giunto
Atroce, atroce Muro!

Fatemi partire subito.
Voglio andare lontano,
in un paese freddo
e niente affatto cristiano.

Con fate piccine tra i fiori
e affettuosi genietti
che si tengano per mano
nel chiaro di luna.

Capo Horn, forse,
o la luce del Polo?
Ma fatemi fuggire.
Vi darò monete d’oro
tratte dalla luce lunare.
Non la vita, perché
non ha più valore. Da tempo,
fu destituita.

Oh, dolce in silenzio fuggire,
felice in sonno emigrare,
dove non è più la vita
ma solo il respirare,

Perché è respiro la vita,
la libertà è il respirare,
senza che nessuna ti veda,
senza che nessuno ti chiami.

Cingo i miei fianchi - Amal Musa

Cingo i miei fianchi - Amal Musa

Cingo i miei fianchi
per essere una tela che si allarghi nell’ora dell’ira
e che si ritiri quando mi acquieto.
Chiesi al fuoco che divampa dentro di me:
quale uomo può sopportarmi
quale donna trovarmi amica
quale bambino che il mio stupore non possa uccidere
quale padre dare alla luce una simile a me
o quale nome contenere il mio aspetto
e quale verbo domarmi.
O fuoco
cosa ti spegne?
Una goccia sgorga da me
oppure una fiamma che dentro mi brucia?

Voce del ritorno - Eunice Odio

Voce del ritorno - Eunice Odio

Ho indossato ormai la voce per tornare.

Ritorno ormai con una voce in fiore,

con altri passi e con occhi sùbiti,

occhi che van passando per tribune

di farine allo sguardo.

E tu sei lì,

dove tutte le cose del mondo ti vedevano,

dove il tremore del giorno ti toccava;

e passò il mio profilo,

e passava la mia assenza vestita da ragazza.

Ti vede questo mio corpo, corpo nuovo,

statura senza macchia del ritorno,

corpo da restituire al mattino,

corpo per assistere alla propria nascita,

per partecipare al papavero che arde

e si riunisce sotto lo stesso cielo.

Ma lui non dice nulla, no,

sta sognando che si trasfigura,

sta sognando dentro sé,

in uno scavarsi e abbuiarsi

che si bacia lo sguardo,

perché nessuno lo bacia.