30 ottobre 2020

da "Inni Omerici", ad Afrodite - Omero

François Boucher - Toeletta di Venere
da "Inni Omerici", ad Afrodite - Omero

La veneranda, la bella dall’aureo serto, Afrodite
io canterò, che tutte le cime di Cipro marina
protegge, ove la furia di Zefiro ch’umido spira
la trasportò, sui flutti del mare ch’eterno risuona,
sopra la morbida spuma. L’accolser con animo lieto
l’Ore dai veli d’oro, le cinsero vesti immortali:
la fronte sua divina velaron d’un aureo serto,
bello, d’egregia fattura: nei lobi forati, alle orecchie
un fior, nell’oricalco foggiato, e nell’oro fulgente:
d’intorno al sen, che argento sembrava, ed al morbido collo,
monili tutti d’oro poi cinsero, quali esse stesse
l’Ore dai veli d’oro si cingono, allor che a le danze
muovono dilettose dei Numi, e alla casa del padre.
Or, poi che l’ebbero tutte le membra adornate, ai Celesti
l’addussero; e i Celesti ben lieti l’accolsero, e ognuno
la man le porse, ognuno chiedeva legittima sposa
condurla in casa propria: tal fu lo stupore di tutti,
vedendo Citerèa, che cinto ha di mammole il crine.
Salve, o più dolce del miele, dagli occhi brillanti: concedi
che in questo agone io m’abbia vittoria; ed onora il mio canto.
Io mi ricorderò d’esaltarti in un’altra canzone.

trad. Ettore Romagnoli 
                                              

Il frutto è diviso - Katerina Zoufalova

                           Peter Paul Rubenz - Judgement of Paris, c.1605 (oil on canvas)
Il frutto è diviso - Katerina Zoufalova

Il frutto è diviso.
La ratio impotente
non ferma la caduta.
Sollevàti siamo niente,
siamo tutto.      

 
 

Troppo caffè - Edward Arlington Robinson

Kenton Nelson - Solitaire
Troppo caffè - Edward Arlington Robinson

Insieme lungo le ombre infinite
Sfidano la caduta inesorabile:
La Misura che mai è stata segnata,
La Linea che non è stata tracciata.
 

 

La carne quando è sola - Vera Lucia De Oliveira

Joseph Mallord William Turner - Pioggia, vapore e velocità, 1844, olio su tela cm 91x122
La carne quando è sola - Vera Lucia De Oliveira

ho avuto lunghe giornate di sogno e dentro
mi nascondevo, le cose le costruivo come
a me parevano giuste
poi sono dovuto uscire
mi dicevano ormai sei un uomo
il fatto è che io non avrei mai dovuto
lasciare la mia casa senza una corazza
 

 

Rubens il partigiano e altri racconti – Enzo Montano

Rubens il partigiano e altri racconti – Enzo Montano
da “La biancheria”

[…]
Nel mentre a Napoli e dintorni continuava la discussione sulla sua biancheria, la marchesa Immacolata Assunta ecc., si godeva la permanenza romana in un lussuoso attico di piazza Navona. Non disdegnava di aprire la sua conturbante via sulla seta a taluni privilegiati rappresentanti della popolazione maschile lasciando che i fortunati viaggiatori si rifocillassero senza risparmio in tutte le possibile oasi disposte lungo il percorso.
Il marchese Ferdinando Francesco Filippo etc., il di lei devoto consorte, si dedicava all’attività di famiglia visitando gli immensi possedimenti, instancabili generatori di ricchezza che spesso metteva a disposizione dei meno fortunati, oltre a garantire un vita dignitosa al gran numero di dipendenti
e alle rispettive famiglie. Il marchese finanziava generosamente gli studi dei loro figli e, attraverso delle iniziative benefiche, dava supporto economico ai bisognosi delle cui particolari situazioni veniva a conoscenza. Il tutto sempre con la massima delicatezza e discrezione. In questa opera di manutenzione, diciamo cosi, delle ricchezze di famiglia, l’uomo non trascurava l’altra attività, importante almeno, se non di più, quanto quella appena accennata: l’esplorazione continua lungo numerosissime vie sulla seta, sul velluto, sul cotone, sul lino, sull’ambra, sulle spezie, sull’oro, e su tutte le consistenze, i colori e i profumi paragonabili alla pelle delle tante fanciulle sensibili al fascino del focoso amante nonché alla sua generosità proverbiale.
Naturalmente, la marchesa e il marchese non disdegnavano, nei non rari periodi di vicinanza, di percorrersi a vicenda nelle numerose singolar tenzoni amorose durante le quali non era mai Immacolata a cedere per prima le armi giacche è risaputo che in quella categoria di duelli non è mai la donna a esaurire per prima le proprie sconfinate energie.
La signora marchesa Immacolata Assunta ecc. così come il consorte marchese Ferdinando Francesco Filippo etc. non erano credenti, poiché fermamente convinti che la vita e tutto il resto cessasse con la fine dell’esistenza terrena. Osservavano comunque le forme nel migliore dei modi, in ossequio alle lunghe tradizioni delle rispettive famiglie, e per rispetto alla conformità, come ci si aspetta da figure di prima importanza della società. Ma non credevano alle litanie della religione dalle quali rifuggivano sistematicamente se proprio non era indispensabile la loro presenza.
Con altrettanta convinzione non credevano al peccato né alle penitenze, men che meno ai lavacri dell’anima. Evitare di peccare per loro avrebbe significato rinunciare alle piacevolezze della vita, di quelle piacevolezze che entrambi ne facevano la loro ragione di vita.
Chi potrebbe dar loro torto?
[…]

Proprietà letteraria riservata
c 2019 Edigrafema – Soc. coop. editoriale
Sede legale via F. Fellini snc – 75025 Policoro (Mt)
Sede operativa Via Gen. Lazazzera, 24/bis – 75100 Matera

www.edigrafema.it 

 

Enzo Montano - ''Vincent - Vincent''

Vincent VanGogh - Autoritratto, 1889, olio su tela 65 x 54 cm, Museo d'Orsay, Parigi 
Enzo Montano - ''Vincent - Vincent''

Solitar, grav, absorbit,
o vreme observă câmpiile.
Surâde mângâierilor soarelui
în vântul care-l atinge
trage-în plămâni suflul firii.
Încet, ridică-n înalt
penelul
contra cerului
    deasupra copacilor
        pe câmpuri
            pe flori
                pe vii.
Totul este adus pe pânză.
Culori frământate cu suflet
cu trup cu suferință cu singurătate cu ...

Umbrele se alungesc.
Învăluit în praf de aur,
cu pânzele sub braț
și cu caseta culorilor,
gânditor se-întoarce la casa-i galbenă.
I se umple odaia
de soare, copaci, câmpii, vii și flori
de măslini de poduri de floarea-soarelui de ...
-traducere de Catalina Franco-
________________________
Solitario, serio, assorto
osserva i campi, a lungo.
Sorride alle carezze del sole
al vento che lo sfiora
insuffla nei polmoni il respiro della natura.
Lento, solleva il pennello
in alto
contro il cielo
    sopra gli alberi
        sui campi
            nei vigneti
                nel parco.
Tutto è trasferito sulla tela.
Colori impastati con l’anima
e il corpo e sofferenza
e solitudine e

Le ombre si allungano.
Avvolto dalla polvere d’oro,
le tele sotto il braccio
e la sua scatola dei colori,
torna pensoso alla sua casa gialla.
La sua stanza si riempie
di sole, alberi, campi, vigneti e fiori
e ponti e ulivi e girasoli e mare e…
 
Grazie alla mia cara amica Catalina Franco per la splendida traduzione in Romeno
 

6 ottobre 2020

Chiunque si specchia - Kikuo Takano

 Giovanni Bellini - Giovane donna nuda allo specchio, 1515, olio su tavola di pioppo 62×79 cm. Kunsthistorisches Museum, Vienna
Chiunque si specchia - Kikuo Takano

Chiunque si specchia
Che oggetto triste
hanno inventato gli uomini.
Chiunque si specchia
sta di fronte a se stesso
e chi pone la domanda
è, al tempo stesso, l’interrogato.
Per entrare più a fondo
l’uomo deve fare il contrario,
allontanarsi.

 

L’amore quando si rivela - Fernando Pessoa

 Lucas Cranach the Elder - Giuditta con la testa di Oloferne, 1530
L’amore quando si rivela - Fernando Pessoa

L’amore quando si rivela
Non sa rivelarsi.
Sa guardala bene
Ma non sa parlare.

Che vuol dire che ciò che si sente
Non è ciò che si deve dire.
Parla e sembra mentire…
Tace e sembra dimenticare…

Ah, se potesse indovinare
Ed intendere lo sguardo,
Se fosse sufficiente uno sguardo per farle
Capire che la si ama!

Ma che sente molto tace:
Chi vuol dire ciò che sente
Resta senz’anima e senza voce,
Resta solo, interamente.

Ma se si potesse dire
Ciò che non si osa dire
Non dovrei più parlarle
Giacché a parlarle sono ben… 


 

5 ottobre 2020

É come una marea - Pablo Neruda

dipinto di  Catherine Abel
É come una marea - Pablo Neruda

E' come una marea, quando lei fissa su me
i suoi occhi neri,

quando sento il suo corpo di creta bianca e mobile
tendersi a palpitare presso il mio,
è come una marea, quando lei è al mio fianco.

Disteso davanti ai mari del Sud ho visto
arrotolarsi le acque ed espandersi
incontenibilmente
fatalmente

nelle mattine e nei tramonti.

Acqua delle risacche sulle vecchie orme,
sulle vecchie tracce, sulle vecchie cose,
acqua delle risacche che dalle stelle
s'apre come una rosa immensa,
acqua che va avanzando sulle spiagge come
una mano ardita sotto una veste,
acqua che s'inoltra in mezzo alle scogliere,
acqua che s'infrange sulle rocce,
e come gli assassini silenziosa,
acqua implacabile come i vendicatori
acqua delle notti sinistre
sotto i moli come una vena spezzata,
o come il cuore del mare
in una irradiazione tremante e mostruosa.

E' qualcosa che dentro mi trasporta e mi cresce
immensamente vicino, quando lei è al mio fianco,
è come una marea che s'infrange nei suoi occhi
e che bacia la sua bocca, i suoi seni, le mani.

Tenerezza di dolore e dolore d'impossibile,
ala dei terribili
che si muove nella notte della mia carne e della sua
come un'acuminata forza di frecce nel cielo.

Qualcosa d'immensa fuga,
che non se ne va, che graffia dentro,
qualcosa che nelle parole scava pozzi tremendi,
qualcosa che, contro tutto s'infrange, contro tutto,
come i prigionieri contro le celle!

Lei, scolpita nel cuore della notte,
dall'inquietudine dei miei occhi allucinati:
lei, incisa nei legni del bosco
dai coltelli delle mie mani,
lei, il suo piacere unito al mio,
lei, gli occhi suoi neri,
lei, il suo cuore, farfalla insanguinata
che con le due antenne d'istinto m'ha toccato!

Non sta in questo stretto altopiano della mia vita!
E' come un vento scatenato!

Se le mie parole trapassano appena come aghi
dovrebbero straziare come spade o come aratri!

E' come una marea che mi trascina e mi piega,
è come una marea, quando lei è al mio fianco!

 

da "Palomar" - Italo Calvino

dipinto di Kenton Nelson
da "Palomar" - Italo Calvino

Palomar è già passato ad un altro ordine di pensieri: è il prato quello che noi vediamo oppure vediamo un’erba più un’erba più un’erba...? Quello che noi diciamo “vedere il prato” è solo un effetto dei nostri sensi approssimativi e grossolani; un insieme esiste solo in quanto formato da elementi distinti. Non è il caso di contarli, il numero non importa; quel che importa è afferrare in un solo colpo d’occhio le singole pianticelle una per una, nelle loro particolari differenze. E non solamente vederle: pensarle. Invece di pensare il prato. Pensare quel gambo con due foglie di trifoglio, quella foglia lanceolata un po’ ingobbita, quel corimbo sottile

 

 

Il ballo degli impiccati – Arthur Rimbaud

 Bo Bartlett - Passivity 1979 Oil on Panel 11 x 9
Il ballo degli impiccati – Arthur Rimbaud

Sulla forca nera, grazioso moncherino,
ballano e danzano i paladini,
smunti araldi del demonio,
scheletri di Saladini.

Messer Belzebù tira per la cravatta
i neri burattini che fan sberleffi in cielo,
e, colpendoli in fronte con una suola di ciabatta,
li fa ballare al suono di un canto di Natale!
I fantocci si urtano intrecciando le gracili braccia:
come dei neri organi, i petti traforati,
che stringevano un tempo le dolci damigelle,
si urtano a lungo in un orrido amplesso.
Viva i gai ballerini che non hanno più la pancia!
Potete piroettare, il palco è così vasto!
Su! che nessuno capisca se è lotta oppure danza!
Belzebù furiosamente gratta i suoi violini!
Dure calcagna, voi non usate sandali!
Quasi tutti han gettato la camicia di pelle;
il resto non può turbare e all’occhio dare scandalo.
La neve posa sui crani un bianco cappello:
il corvo fa da pennacchio a queste teste crepate,
un brandello di carne tremola al mento scarno:
par di veder volteggiare in fosche mischie
dei prodi stecchiti, cozzanti in armature di cartone.
Evviva! il vento fischia al gran ballo degli scheletri!
La nera forca mugghia come un organo di ferro!
E i lupi le rispondono dalle foreste viola:
all’orizzonte, il cielo è di un rosso infernale…
Olà, scrollatemi questi funebri spacconi
che sgranano, sornioni, con le grosse dita spezzate,
un rosario d’amore sulle vertebre livide;
ehi, non è un convento questo, trapassati!
Ed ecco che nel bel mezzo della macabra danza
balza nel cielo rosso un gran scheletro pazzo
sospinto dallo slancio, come un cavallo che s’impenna:
e, ancora sentendo la corda tesa al collo,
contrae le magre dita sul femore che scricchiola
con stridori simili a sghignazzate,
poi, come un saltimbanco che torni al carrozzone,
ritorna nella danza al canto delle ossa.

Sulla forca nera, grazioso moncherino,
ballano e danzano i paladini,
smunti araldi del demonio,
scheletri di Saladini.

Trad. Laura Mazza


 

da Sole e carne, III – Arthur Rimbaud

Joseph Mallord William Turner - La nave negriera, 1840, Museum of Fine Arts, Boston
da Sole e carne – Arthur Rimbaud
III
 
Se tornassero i tempi, i tempi passati!
– Perché l’Uomo è finito! Ormai ha recitato tutti i ruoli!
Nel gran giorno, stanco d’infranger idoli,
risorgerà, libero da tutti i suoi Dèi,
e scruterà quei cieli ai quali egli appartiene!
L’Ideale, il pensiero invincibile, eterno,
tutto; il dio che vive dentro alla sua carne
salirà, salirà, arderà nella sua mente!
E quando lo vedrai esplorare l’orizzonte,
e deridere il giogo antico, libero da paure,
tu verrai a portargli la redenzione santa!
– Splendida e radiosa, dal cuore degli oceani
tu sorgerai, spargendo sul vasto Universo
l’amore infinito con un infinito sorriso!
Il Mondo vibrerà come un’immensa lira
nel fremito di un bacio senza fine!
– Il mondo ha sete d’amore: tu verrai a placarla.
… … . .
 

 

La notte – Alejandra Pizarnik

Joseph Mallord William Turner -  Pescatori in mare, 1796, olio su tela 91,5×122,4 cm, Tate Britain, Londra
La notte – Alejandra Pizarnik

So poco della notte
ma la notte sembra sapere di me,
e in più, mi cura come se mi amasse,
mi copre la coscienza con le sue stelle.
Forse la notte è la vita e il sole la morte.
Forse la notte è niente
e le congetture sopra di lei niente
e gli esseri che la vivono niente.
Forse le parole sono l’unica cosa che esiste
nell’enorme vuoto dei secoli
che ci graffiano l’anima con i loro ricordi.

Ma la notte deve conoscere la miseria
che beve dal nostro sangue e dalle nostre idee.
Deve scaraventare odio sui nostri sguardi
sapendoli pieni di interessi, di non incontri.

Ma accade che ascolto la notte piangere nelle mie ossa.
La sua lacrima immensa delira
e grida che qualcosa se n’è andato per sempre.

Un giorno torneremo ad essere.

Trad. Florinda Fusco
 

 

Rainer Mria Rilke

 Lawrence Kilburn -  Portrait of a Lady, 1764, olio su tela 76,2 x 63,5 cm
Rainer Mria Rilke
 
Rosa, contraddizione pura,
piacere d'essere il sonno di nessuno
sotto tanta palbebre

trad. Giacomo Cacciapaglia

 

Le rose XIV - Rainer Maria Rilke

Emile Vernon - The rose girl with flowers in spring landscape
Le rose XIV - Rainer Maria Rilke 
 
Estate, essere per qualche giorno
il contemporaneo delle rose,
respirare ciò che fluttua intorno
alle loro anime dischiuse.
Fare di ciascuna che muore
una confidente,
e sopravvivere a questa sorella
in altre rose assente.

Trad. Pierangela Rossi

 

Le rose XI - Rainer Maria Rilke

 Gustave-Jean Jacquet - An elegant bouquet (dettaglio)
Le rose XI - Rainer Maria Rilke
 
Ho una tale conoscenza del tuo
essere, rosa completa,
che il mio consentire ti confonde
con il mio cuore in festa,
Io ti respiro come tu fossi,
rosa, tutta la vita,
e mi sento l’animo perfetto
di una perfetta amica.
 
Trad. Pierangela Rossi

 

Le rose XVIII - Rainer Maria Rilke

Anthony van Dyck - Mary Villier, Lady Herbert of Shurland (dettaglio), 1636 circa, olio su tela 42 x 33 cm. Timken Museum of Art, San Diego.
Le rose XVIII - Rainer Maria Rilke

A tutto ciò che ci commuove tu partecipi.
Ma quel che accade a te, l’ignoriamo.
Bisognerebbe essere cento farfalle
per essere tutte le tue pagine.
Tra voi alcune sono come dizionari
quelli che le colgono
hanno desiderio di rilegare tutte le pagine.
Ma io amo le rose epistolari.

Trad. Pierangela Rossi
 

 

1 ottobre 2020

Sonetti a Orfeo 2, III - Rainer Maria Rilke

Juan Medina - Retouching
Sonetti a Orfeo  - Rainer Maria Rilke
2, III
 
Specchi: nessuno cosciente ha descritto
cosa nasconda la vostra essenza.
Buongiorno!
Come crivelli di fori fitti
siete voi specchi, intervalli del tempo.
Voi che la sala deserta occupate –,
ampi al crepuscolo come selve...
Il lampadario, splendido cervo,
si aggira oltre la soglia vietata.
Talvolta grandi pitture siete.
Sembrano donne in voi trasfuse –,
altre sdegnosi non accogliete.
Ma la più bella resta, il suo viso
penetrerà nelle guance dischiuse
un giorno il chiaro dissolto Narciso.
 
Traduzione di Giaime Pintor