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11 aprile 2018

da Storia di O - Pauline Réage

opera di Kostantin Razumov

da Storia di O - Pauline Réage

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Aveva visto in ciò il segno che al suo amante stava più a cuore Sir Stephen che non lei. E inoltre, benché le avesse così spesso ripetuto che amava in lei l'oggetto da lui creato, il fatto che fosse a sua disposizione nel modo più assoluto, la libertà che aveva nei suoi confronti, così come si è liberi di disporre di un mobile, che con lo stesso piacere con cui si tiene, e a volte con un piacere ancora maggiore, si può regalare, si rese conto che non l'aveva creduto del tutto. Vide un altro segno di ciò che non avrebbe potuto essere definito che deferenza verso Sir Stephen nel fatto che René, che amava così appassionatamente vederla sotto i corpi o i colpi di altri uomini, che guardava con una così costante tenerezza, una così infaticabile riconoscenza la sua bocca aprirsi per gemere o per gridare, i suoi occhi chiudersi sulle lacrime, l'aveva lasciata dopo essersi assicurato, esponendola, aprendola come si apre la bocca di un cavallo per mostrare che è abbastanza giovane, che Sir Stephen la trovasse abbastanza bella o, a rigor di termini, abbastanza comoda per lui, e volesse accettarla. Tale condotta, per quanto potesse essere oltraggiosa, non mutava minimamente l'amore di O per René. O si considerava fortunata di contare abbastanza per lui da permettergli di godere oltraggiandola, come i credenti ringraziano Dio di umiliarli. Ma, in Sir Stephen, indovinò una volontà ferrea e gelida, che non sarebbe stata piegata dal desiderio, e davanti alla quale finora lei, per quanto commovente e sottomessa fosse, non contava assolutamente niente. Altrimenti perché avrebbe provato tanta paura? Le fruste alla cintura dei valletti di Roissy, le catene quasi continuamente portate le erano sembrate meno spaventose dello sguardo con cui Sir Stephen le fissava i seni che non toccava. Si rendeva conto fino a che punto la loro stessa pesantezza, morbida e turgida sulle sue spalle minute e la snellezza del busto le rendesse fragili. Non poteva arrestare il loro tremito, avrebbe dovuto cessare di respirare. Sperare che questa fragilità disarmasse Sir Stephen era futile, e sapeva bene che era vero il contrario: le sue grazie offerte incoraggiavano le ferite quanto le carezze, le unghie quanto le labbra. Per un attimo s'illuse: la mano destra di Sir Stephen, che teneva una sigaretta, sfiorò, con la punta del medio, i capezzoli, che ubbidirono e si tesero ancor più. O non dubitò che questo fosse per Sir Stephen un giuoco, nulla di più, o un controllo, così come si controlla il buon funzionamento di un meccanismo. Senza abbandonare il bracciolo della poltrona, Sir Stephen le disse allora di togliersi la gonna. Sotto le dita umidicce di O, i ganci scivolavano, e solo dopo due tentativi riuscì a slacciarsi, sotto la gonna, la sottoveste di faglia nera. Quando fu completamente nuda, con gli alti sandali di vernice e le calze di nylon nero arrotolate e piatte al di sopra delle ginocchia, a sottolineare la finestra delle gambe e il candore delle cosce, Sir Stephen, che si era alzato a sua volta, le prese il grembo con una mano e la spinse verso il sofà. La fece inginocchiare, la schiena contro il sofà, e perché vi aderisse più strettamente con le spalle che con la vita le fece allargare leggermente le cosce. Le mani di lui posavano sulle sue caviglie, così che il grembo era socchiuso, e al di sopra dei seni sempre offerti, la gola era inarcata all'indietro. Lei non osava guardare il viso di Sir Stephen, ma vide le sue mani che scioglievano la cintura della vestaglia.
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