Quando il bus frenò all'improvviso
per evitare di metter sotto
una madre e il suo bambino per strada,
la signorina col cappello verde seduta lì davanti,
fu scaraventata su di me
e per non perdere l'occasione
cominciai a farle il filo
All'inizio resistette,
disse che era mattina presto,
e che aveva mangiato da poco,
e che comunque mi trovava repellente.
Ma quando le spiegai
che vivendo in un'età nucleare
il mondo sarebbe finito all'ora di pranzo,
si tolse il cappello verde,
mise il biglietto del bus in tasca,
e accettò le avances.
I passeggeri,
e ce n'erano parecchi,
erano allibiti e sorpresi,
e divertiti e infastiditi.
Ma quando circolò la voce
che il mondo stava per finire all'ora di pranzo,
misero l'orgoglio in tasca
insieme ai biglietti del bus
e cominciarono a pomiciare.
E perfino il controllore,
sentendosi escluso,
salì in cabina,
e cominciò una specie di movimento con l'autista.
Quella notte,
sull'autobus al ritorno,
eravamo tutti un po' imbarazzati.
soprattutto io e la signorina col cappello verde.
E tutti cominciammo a dire
in modi diversi
di come eravamo stati sciocchi e affrettati.
Ma allora, da pezzo di furbo quale son sempre stato,
mi alzai e dissi che era un peccato
che il mondo non finisse quasi a ogni ora di pranzo,
e che potevano sempre far finta che accadesse.
E poi successe...
Veloci come un fulmine
tutti cambiammo partner,
e subito il bus divenne un fremito
di bianchi corpi dismessi (sotto naftalina) che facevano cosacce.
E il giorno dopo
e ogni giorno
su tutti i bus
in ogni strada
in ogni città
in ogni paese
la gente finse
che il mondo stesse per finire all'ora di pranzo.
Ancora non è successo.
Anche se in qualche modo sì.
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