dipinto di Rob Hefferan
Così parlò Penelope – Tino
Villanueva
Questo
è il palazzo dove ho imparato a sopravvivere
dove
due anni or sono strinsi tra le braccia Odisseo,
il
vigoroso figlio di Laerte, un’ultima volta,
e fu
un unico lungo abbraccio, quanto bastò
a
plasmare un solo battito, un cuore solo, prima che lui partisse per Troia
Questo
è il palazzo che percorro in tondo,
di
sala in sala, un mondo, il mio, di pietra e legno.
Questa
è la stanza dove lavoro la lana
e
discuto a fondo nel mio intimo,
dove
ancora sveglia balzo e giro,
che
misuro a gran passi a metà della notte,
convincendo
me stessa una volta ancora
che
l’idea terrena dell’amore è tuttora vita-sangue del mio corpo.
Questo
è il palazzo dove porto la corona della fede allo sposo,
dove
la voce del mare è la voce stessa del mio pensare.
Così,
se sto ad una finestra ad aspettare ogni volta
il
profilo di una nave che mi venga incontro,
che
altro è questo se non il mio amore,
la
passione che il tempo accresce per Odisseo,
lo
sposo d’un sol cuore, dalla mente astuta, che sto ad aspettare.
Così parlò Penelope, quando si svegliò
al mattino;
quando la veste d’oro dell’aurora sorse
dal mare
da “Così
parlò Penelope
Traduzione
di Paola Mildonian
Tino
Villanueva. Penelope e il suo poeta. A cura di Paola Mildonian
Da
“Poesia” n. 337, maggio 2018. Crocetti
Editore
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