dipinto di Patricia Bellerose
da "Kitchen" - Banana
Yoshimoto
(…)
Comprai tre
volumi di introduzione, teoria e pratica della cucina, e mi misi a preparare un piatto dopo l’altro. In
autobus o a letto leggevo il volume di
teoria, e imparavo tutto su calorie, temperature e materie prime. Lo imparavo a memoria. Poi, appena
avevo un po’ di tempo, provavo a cucinare. Ancora conservo con cura quei tre
volumi ormai completamente a pezzi. Le
pagine con le foto a colori mi tornano alla mente come quelle dei libri
illustrati che amavo da bambina.
Yuichi e Eriko
non facevano che ripetere: “Mikage è completamente impazzita!” Cucinavo,
cucinavo, cucinavo con l’energia di un forsennato. Usavo in cucina tutti i
soldi che guadagnavo con i lavori part-time.
Se sbagliavo
riprovavo finché il piatto non veniva bene. Cucinando mi capitava di perdere la
pazienza, di innervosirmi, ma anche di sentirmi pervasa da una sensazione di
beatitudine. Mangiavamo maiale bollito, piatti freddi cinesi e insalata di
cocomero guardando, dietro i vetri, il calore del giorno dissolversi per
l’arrivo dell’azzurra brezza della sera. Cucinando per lei che accoglieva
qualunque cosa facevo con grande entusiasmo e per lui che mangiava tutto
voracemente e in silenzio.
Ci volle un
bel po’ prima che riuscissi a cucinare come si deve omelette ripiene, piatti di
verdure cotte dall’aspetto impeccabile, tempura. Ma non avrei mai immaginato
quanto un difetto del mio carattere – sono un po’ approssimativa – sarebbe
stato d’ostacolo all’esecuzione di piatti perfetti. Fui sorpresa nel
constatarlo: cose che sembravano trascurabili come non aver aspettato che la
temperatura arrivasse al grado giusto, cucinare una pietanza prima che il
vapore si fosse consumato del tutto e così via, si ripercuotevano sul risultato
finale. Il colore e l’aspetto dei miei piatti andavano forse bene per una cena
preparata da una casalinga, ma non corrispondevano a quelli delle fotografie a
colori.
Capita la
lezione, m’impegnai a far tutto nel modo più corretto possibile. Asciugavo con
cura i recipienti, rimettevo ogni volta il coperchio ai barattoli, esaminavo
con calma tutto il procedimento, e quando mi pareva di impazzire dalla rabbia
mi fermavo e tiravo un bel sospiro. Nei primi tempi l’impazienza mi faceva star
male, ma quando finalmente riuscii a correggere tutti quei difetti, mi sembrò
di aver messo a posto anche il mio carattere.
(…)
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