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19 maggio 2018

da “La ragazza con l’orecchino di perla” - Tracy Chevalier

Joachim Beuckelaer - Market woman with fruit vegetables and poultry (detail)
da “La ragazza con l’orecchino di perla” - Tracy Chevalier
Una minestra a regola d'arte
(…)
“Che cosa stavi facendo, Griet?” chiese.
Quella domanda mi stupì, ma ebbi la presenza di spirito di non darlo a vedere. “Stavo tritando le verdure, signore. Per la minestra.”
Avevo l’abitudine di sistemare le verdure in cerchio, ciascuna in uno spicchio come una fetta di torta. C’erano cinque fette: cavolo rosso, cipolle, porri, carote e rape. Mi ero servita della lama d’un coltello per dare la forma a ciascuna fetta, e nel centro vi avevo piazzato una rondella di carota.
L’uomo picchiettò col dito sul tavolo. “Le hai disposte secondo l’ordine in cui vanno nella pentola?” si informò, osservando la ruota.
“No, signore”. Esitai. Non sapevo spiegare perché avessi messo le verdure in quel modo. Le disponevo così istintivamente, come sentivo che dovevano stare, ma ero troppo intimorita per dirlo a un signore.
“Vedo che i bianchi li hai messi distanti l’uno dall’altro”, osservò indicando le rape e le ci-
polle. “E poi l’arancione e il violetto non sono vicini. Perché mai?” Prese un ritaglio di cavolo e un pezzetto di carota e li scosse nella mano come avrebbe fatto con due dadi.
Rivolsi lo sguardo a mia madre, che mi fece un leggero cenno di incoraggiamento.
“Quei colori fanno a pugni quando sono vicini, signore”.
Inarcò le sopracciglia, come se non si fosse aspettato una risposta del genere. “E ci metti
molto a sistemare le verdure prima di fare la minestra?”
“Oh no, signore”, risposi imbarazzata. Non mi piaceva che mi giudicasse una perditempo.
Colsi un movimento con la coda dell’occhio. Agnes, la mia sorellina, stava spiando da dietro lo stipite della porta e alla mia risposta aveva scosso la testa. Non dicevo spesso bugie. Abbassai lo sguardo.
L’uomo girò un po’ la testa e Agnes si ritrasse. Poi fece ricadere i pezzetti di carota e di cavolo nei rispettivi settori. Quello del cavolo cadde per metà sulle cipolle. Avrei voluto allungare la mano per spingerlo al suo posto. Non lo feci, ma lui capì la mia intenzione. Mi stava mettendo alla prova.
“Abbiamo cianciato abbastanza”, dichiarò la donna. Era seccata con lui per l’attenzione che mi prestava, ma fu a me che mostrò il viso corrucciato. “A domani, allora?” All’uomo scoccò uno sguardo prima di uscire tutta impettita dalla stanza, seguita da mia madre. Lui gettò ancora un’occhiata a quella che doveva diventare una minestra, quindi mi fece un cenno di saluto col capo e seguì la donna.
Quando la mamma ritornò, mi trovò seduta davanti alla ruota delle verdure. Aspettai che dicesse qualcosa. Se ne stava con le spalle incurvate come quando si cammina contro una tormenta, nonostante fosse estate e in cucina facesse caldo.
“Prenderai servizio domani. Se ti comporti bene, riceverai otto stuiver al giorno. Andrai a stare da loro.”
Serrai le labbra.
“Non mi guardare in quel modo, Griet”, disse. “Dobbiamo farlo, visto che tuo padre non può più lavorare.”
“Dove abitano?”
“Sulla Oude Langendijck, nel punto in cui incrocia la Molenpoort”.
“Il Quartiere dei Papisti? Sono cattolici?”
“Puoi venire a casa tutte le domeniche. Hanno accettato questa condizione.” La mamma mise le mani a coppa intorno alle rape, le trascinò con parte del cavolo e delle cipolle e le buttò nella pentola piena d’acqua già sul fuoco. Gli spicchi che avevo formato con tanta
cura erano tutti scompigliati.
(...)

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