Mauro
ha gli occhi affaticati. Distoglie lo sguardo dallo schermo, manca qualche
minuto alle sette e mezzo, è dalle tre del pomeriggio che lavora
ininterrottamente al computer, scrivendo, cancellando, riscrivendo, modificando,
pesando ogni parola, ogni aggettivo. Per non essere disturbato, ha alzato una
barriera di silenzio, staccando la spina del telefono fisso e spegnendo il
cellulare. Addirittura, ha tirato un po’ le tende e ora accende il lume da
tavolo, intenzionato a continuare per un’altra mezzoretta. Rilegge l’ultima
frase che ha scritto. Non funziona, troppo contorta e lunga, sarebbe meglio
dividerla in due periodi.
il
trillo del campanello è stato così breve che Mauro rimane indeciso se abbiano
bussato o no. Resta per qualche istante col busto eretto, la testa sollevata
dallo schermo in attesa di un secondo trillo di conferma che però non arriva.
Ha appena ripreso a leggere che il suono si ripete. Breve come il primo, quasi
che la persona che bussa sia intimorita da ciò che sta facendo. Stavolta Mauro
si alza, esce dallo studio, percorre il corridoio, accende la luce
dell’anticamera, apre la porta. E’ certo di trovarsi davanti l’anziana
Baronessa scesa dal piano di sopra per rinnovare l’invito a cena. Invece la
donna che ha bussato e che gli sorride è una trentenne alta, bionda, elegante e
soprattutto molto, molto bella.
“Eccomi
qua» dice. «Puntualissima.”
Mauro
è senza parole, confuso e sorpreso, quella ragazza gli è perfettamente
estranea. Mai vista prima, ne è certo. Una donna così, se l’hai incrociata
anche una sola volta, impossibile dimenticarsela. E non può nemmeno essere una
delle poche amiche di sua moglie perché quelle le conosce tutte.
“Non
mi lascia entrare?” domanda la bionda avanzando di mezzo passo e accentuando il
sorriso.
Mauro
adesso ne sente il profumo. Leggero ma insinuante.
“Credo
che lei si stia sbagliando” dice brusco senza riuscire a distogliere gli occhi
da quelli di lei, due sereni laghi azzurri.
Il
sorriso della donna si spegne immediato, viene sostituito da una espressione
perplessa. C’è una nota allarmata nella sua voce. “Non è stato lei a telefonare
all’agenzia?”
“Non
ho telefonato a nessuna agenzia.”
Ora
gli occhi della ragazza si fanno sospettosi.
“Non
ha per caso cambiato idea e…”
Su
cosa avrebbe cambiato idea?
“Non
so di che stia parlando” dice irritato.
“Allora
mi sono sbagliata, mi scusi” fa la donna.
Gli
volta decisa le spalle, percorre il pianerottolo, comincia a scendere le scale.
Solo
quando è sparita Mauro chiude la porta. Non ha potuto fare a meno di restare a
guardarla, affascinato, mentre s’allontanava.
Dopo
dieci minuti che ha ripreso a lavorare, è costretto a prendere atto che per
quella sera gli sarà difficile continuare, il filo del complesso ragionamento
che stava intessendo si è irrimediabilmente spezzato per l’imprevista
intrusione di quella sconosciuta. È venuta l’ora di ricollegarsi col mondo.
Spegne entrambi i computer, reinserisce la spina del telefono, accende il
cellulare.
Allora mi sono
sbagliata, mi scusi.
Un
momento. Che significa che si è sbagliata? O meglio: come ha fatto a sbagliare?
Lui,
Mauro Assante, vive da sette anni con la moglie Mutti e il figlio Stefano al
primo piano di una superstite palazzina liberty del romano quartiere Prati. Al
piano terra abita il colonnello dei carabinieri Germani con la moglie e la
figlia diciottenne; al secondo e ultimo l’ottantenne Barone Ardigò con la
moglie Margherita. La palazzina non ha portiere, spetta al colonnello Germani
aprire il portone alle sette del mattino e richiuderlo alle otto di sera.
Fuori, accanto al portone, ci sta il citofono con i cognomi degli inquilini.
Ipotesi improbabile che quella donna fosse stata chiamata da Germani o da
Ardigò. Quindi la sconosciuta avrà fatto confusione non coi cognomi o coi
piani, bensì col numero civico, anche se sarebbe bastato descriverle la
palazzina per metterla in condizioni di non sbagliare.
È
sorpreso da un improvviso e irresistibile bisogno di fumare. Ha smesso da
cinque anni, perché allora questa voglia irrazionale? Sa di avere, nel secondo
cassetto della scrivania, un pacchetto di sigarette mai aperto. Lo prende, lo
posa davanti a sé, l’osserva. IL FUMO UCCIDE. Sorride. La frase minacciosa
potrebbe essere facilmente stravolta. IL FUMO UCCIDE LA NOIA. Strappa l’involucro
di cellophane, apre il pacchetto, ne estrae una sigaretta, se la mette tra le
labbra ma non può accenderla perché non ha accendini o cerini a portata di
mano. Si ricorda di aver notato una scatola di fiammiferi ma non ha voglia di
alzarsi. Se lo vedesse Mutti! Già, Mutti. Forse la spiegazione del suo disagio
consiste nel fatto che è la prima volta, in sette anni di matrimonio, che è
costretto a vivere separato da lei per un lungo periodo. Il pediatra di Stefano
ha detto che al bambino avrebbe portato gran giovamento l’aria di montagna e
Mutti non se l’è fatto ripetere due volte. Il primo di giugno se ne è andata
con Stefano nel paesino del Trentino dove è nata e dove vivono i suoi genitori,
col proposito di restarci almeno tre mesi filati. Mauro passerà con loro le
vacanze agostane.
Ecco:
sono trascorse già due settimane e Mauro non riesce ancora a ritrovarsi nella
condizione, sia pure provvisoria, di scapolo. Se fosse un uomo meno metodico e
meno ordinato di quello che è, il cambiamento dei ritmi della sua vita sarebbe
stato più sopportabile. Il lavoro, certo, l’impegna molto, sia nelle ore
d’ufficio sia a casa, ma l’impiego delle ore serali rappresenta un autentico
problema. Le amiche di Mutti hanno fatto a gara per invitarlo a casa loro, ma
lui non se l’è sentita di andarci da solo. Perché, e se ne rende conto solo
adesso, in quelle cene, in quegli incontri, è stata sempre Mutti a offrirgli un
pretesto per coinvolgerlo nella conversazione, altrimenti avrebbe fatto scena
muta. Non per timidezza, ma per la sua innata incapacità di aprirsi interamente
agli altri. Mutti invece, fin dalla prima volta che ha scambiato poche parole
con lui, ha saputo miracolosamente trovare la chiave giusta per liberarlo dalla
sua blindatura. Se, a quarant’anni compiuti, non avesse incontrato Mutti, di
certo non si sarebbe mai sposato, mai avrebbe avuto la gioia di un figlio.
Si
toglie la sigaretta dalle labbra, la rimette dentro il pacchetto e lo
seppellisce nuovamente nel cassetto.
(…)
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