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22 maggio 2018

da “Le ribelli di Dio” – Adriana Valerio

da “Le ribelli di Dio” – Adriana Valerio
Eva, madre dell’umanità ne della conoscenza


Dalla donna ha inizio il peccato e per causa
su tutti moriamo

Sir 25, 24


Tu sei la porta del Demonio!
Tu hai mangiato dall’albero proibito!
Tu per la prima volta hai disobbedito
alla legge divina!
Tu hai convinto Adamo, perché il Demonio
non era abbastanza coraggioso
per attaccarlo!
Tu hai distrutto l’immagine di Dio, l’uomo!
A causa di ciò che hai fatto, il Figlio di Dio
è dovuto morire!

Tertulliano, De cultu foeminarum


Eva è la tentatrice, causa dell’umana perdizione.
La colpa della progenitrice, secondo una tradizione millenaria che attraversa la cultura giudaico-cristiana, si ripercuote su tutto il genere umano segnando irrimediabilmente la sua condizione di fragilità e di peccato. come sottolineava il Malleus meleficarum (1486), il manuale per aiutare gli inquisitori a riconoscere le streghe, Eva è la prima prevaricatrice, prototipo delle donne: infedeli, mendaci, ingannatrici, ambiziose, invidiose, irose, lussuriose, insaziabili, concupiscenti, tentatrici, credule, maliziose, deboli e pettegole.
Eva, o meglio l’interpretazione che è stata data della sua figura, ha certamente comportato un enorme danno per le donne: ha costituito, infatti, un modello autorevolmente negativo di identità femminile, dal quale è stato – ed è ancora oggi – difficile sottrarsi.
La narrazione delle sua venuta al mondo (nata dalla costola di Adamo per essergli di aiuto) e del suo protagonismo nel peccato (è che induce l’uomo a trasgredire) ha offerto materiale per giustificare la subordinazione della donna, legittimandone l’inferiorità sotto l’aspetto fisico (tratta dall’uomo), relativamente alla dimensione morale (induce al peccato) e con conseguenze in ambito giuridico (deve essere soggetta alla tutela dell’uomo: padre, marito, guida religiosa).
Ma cosa significa realmente questo racconto delle origini che troviamo in Genesi 1-3?
Tre soli capitoli hanno pesato come un macigno sul destino delle donne.
Le questioni che ruotano intorno alla loro interpretazione rimandano a un problema di fondo: qual è il genere letterario usato per parlarci della nascita dell’universo e dell’umanità? Possiamo interpretare questo testo nel suo significato letterale?
Purtroppo, per secoli, la risposta è stata affermativa. Ma quello che chiamiamo racconto di creazione e di caduta non è un fatto storico.
L’universo non è nato in sei giorni; Eva non ha una costola in più rispetto ad Adamo, né può essere nata da un uomo, giacché sono le donne che partoriscono e non viceversa; Eva, come Adamo, non è mai esistita nella sua individualità e, pertanto, non ha una personalità personale nella trasgressione a un comandamento divino.
Ci troviamo davanti al mito delle origini, in presenza, cioè, non di una cronaca di avvenimenti accaduti che vogliono suscitare sgomento o senso di colpa, ma, al contrario, davanti a una narrazione poetico-sapienzale che vuole infondere coraggio e speranza.
Come tutti i miti, quello delle origini risponde a domande profonde che attraversano il cuore dell’umanità. Come è nato il mondo? Perché l’uomo e la donna? Come si spiega l’attrazione tra i due sessi e il conflitto che porta alla subordinazione di lei? Perché il dolore, la fatica, la morte?
Domande, queste, che troviamo in tutte le religioni e in ogni tempo e alle quali si è sempre cercato di dare risposte adeguate, spesso caricando di senso di colpa il genere umano e le donne in particolare.
Gli ebrei non si sono sottratti a questi interrogativi; anzi, anche alla luce del proprio vissuto, hanno saputo costruire nuove narrazioni. L’esperienza dell’esodo, la liberazione dalla schiavitù d’Egitto, interpretata e compresa come atto di salvezza di Dio, aggiunge nuove domande: chi è questo Dio che ci ha salvato dalla schiavitù? Perché ha creato l’umanità? E perché ha scelto nil popolo d’Israele promettendo una terra di prosperità?
Come vedremo meglio in seguito, i primi capitolo di Genesi (1-11) – nati come tradizioni orali e poi confluiti in elaborate composizioni redazionali – si configurano come teologie della storia, come introduzione, cioè, alla storia dei genitori e fondatori d’Israele (Abramo e Sara, Isacco e Rebecca, Giacobbe con Lia e Rachele), preambolo alla storia del popolo d’Israele e, dunque, alla storia della salvezza.
(…)

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