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18 maggio 2018

da “A sud del confine, a ovest del sole” - Haruki Murakami

opera di Ichiro Tsuruta
da “A sud del confine, a ovest del sole” - Haruki Murakami
(…)
A scuola non riuscii a trovare l’occasione di parlare da solo con Inzumi. Durante l’intervallo era stata sempre insieme alle sue amiche e, dopo le lezioni, era tornata in tutta fretta a casa, da sola. Ci eravamo scambiati un solo sguardo nel corridoio, durante un cambio di aula. Lei mi aveva rivolto un breve e dolce sorriso e io avevo fatto lo stesso. Nient’altro. Quel sorriso mi aveva dato la conferma di quello che era accaduto il giorno prima tra noi. Era come se avesse voluto dirmi: “Sì, era tutto vero”. Mentre tornavo a casa in treno, quel senso di inquietudine, dentro di me, era svanito.. In quel momento, il sano e forte desiderio di lei prevaleva di gran lunga sui dubbi e le incertezze della notte precedente. Volevo solo spogliare Izumi, toglierle tutti i vestiti di dosso e fare l’amore con lei. Certo, la strada da fare per arrivarci era estremamente lunga e c’erano diverse tappe da seguire. Bisognava cominciare abbassando la lampo del vestito della ragazza, ma tre questo inizio e il momento finale dell’atto sessuale, dovevano esserci perlomeno venti o trenta delicate decisioni e valutazioni da prendere.
Innanzitutto era necessario procurarsi un preservativo. Sarebbe passato ancora parecchio tempo prima di usarlo, ma pensai che, intanto, dovevo averne uno.. Mi sarebbe potuto servire da un momento all’altro. Ma andare a comprare i preservativi in farmacia era fuori discussione: innanzitutto si vedeva subito che ero solo un ragazzo di seconda liceo, e poi non avrei mai avuto il coraggio. Nel mio quartiere c’erano alcuni distributori automatici, ma sarebbe stato imbarazzante essere visto da qualcuno mentre li compravo. Per tre o quattro giorni, continuai a tormentarmi su questo problema.
Alla fine, però, tutto si risolse più facilmente del previsto. Avevo un amico piuttosto informato di faccende del genere e così decisi di rivolgermi a lui.
“Avrei bisogno di qualche preservativo. Sai come posso procurarmelo?” gli domandai.
“Cosa vuoi che sia! Te ne porto subito una scatola”, disse lui, come se niente fosse. “Mio fratello ne ha un’ampia scorta che compra per corrispondenza. non capisco a che cosa gli servano tanti preservativi, ,a nell’armadio a muro ne ha un mucchio. Se gliene prendo uno non se ne accorgerà!”
“Magari potessi darmene uno!”
Il giorno dopo a scuola mi portò un preservativo, avvolto in un sacchetto di carta. Gli offrii il pranzo e gli raccomandai di non farne assolutamente parola con nessuno.
“Certamente!” mi assicurò lui. “Non sono cose che vado a spifferare in giro!” Evidentemente, però, non mantenne la promessa. raccontò a diverse persone che gli avevo chiesto dei preservativi. La notizia fece il giro della scuola e alla fine anche Izumi lo venne a sapere da una sua amica. un giorno mi chiamò e mi diede appuntamento, dopo le lezioni, sul terrazzo della scuola.
“Hajime, è vero che Nishida ti ha dato un preservativo?”
mi disse, pronunciando a fatica la parola “preservativo,” come se stesse parlando di un immondo batterio, portatore di terribili epidemie.
“Ehm… sì,” risposi io, cercando di trovare le parole più adatte. In quel momento, però, non i veniva in mente assolutamente nulla. “Ma non significa niente, è da prima che pensavo fosse meglio averne uno.”
“Te lo sei fatto dare per usarlo con me?”
“Non è proprio così. Ero solo curioso, ma se questo ti ha infastidito, ti chiedo scusa. Posso restituirlo o gettarlo.”
Stavamo seduti uno accanto all’altra, su una piccola panchina di pietra in un angolo del terrazzo. sembrava che stesse lì l’ per piovere e così tutti erano andati via da lassù. intorno non si sentiva volare una mosca, non sapevo che quel terrazzo potesse essere così silenzioso.
La nostra scuola so trovava su una collina e da lassù si dominava con lo sguardo la città e il mare. Una volta avevamo sottratto dall’aula del Club di Radiodiffusione una decina di vecchi dischi e da sopra il terrazzo li avevamo lanciati in aria, come dei frisbee. Erano volati descrivendo una curva perfetta. Trasportati dal vento, si erano diretti felici verso il porto, come se fossero stati attraversati, per un attimo, da un fugace soffio di vita. Un disco, però, non era riuscito a prendere la direzione giusta ed era caduto, ondeggiando maldestramente, sul campo da tennis. Le ragazze del primo anno che si stavano esercitando alla battuta si spaventarono e noi fummo puniti. Era passato più di un anno da allora e mi trovavo nello stesso posto con la mia ragazza che mi chiedeva, con tono severo, spiegazioni su un preservativo. Alzando gli occhi al cielo si vedeva un nibbio che volteggiava lentamente, descrivendo dei bei cerchi nell’aria. Magari doversi essere un nibbio, pensai. Tutto ciò che doveva fare, era volare, senza doversi preoccupare di problemi di contraccezione.
“Ma tu mi vuoi veramente bene?” mi chiese con voce sommessa.
“Certamente,” risposi. “Certo che ti voglio bene,”
mi guardò dritto negli occhi, con le labbra serrate. Mi fissò così a lungo da farmi sentire in imbarazzo.
(…)

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